venerdì 30 gennaio 2015
​La ricerca: la famiglia è spesso un cattivo esempio. Tra i ragazzi la maggioranza conosce i rischi, ma un’alta percentuale lo sceglie. Don Zappolini (Mettiamoci in gioco): «Lorenzin inserisca la patologia nei Lea».
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Sanno cos’è il gioco d’azzardo. Ne conoscono i rischi. Ma per molti di essi la parola 'azzardo' evoca emozioni adrenaliniche: fortuna, divertimento, guadagno. Malgrado una certa consapevolezza, i giovani non resistono alle sirene del mondo delle scommesse. Secondo una ricerca condotta tra novembre e dicembre dello scorso anno su 1.520 studenti delle scuole superiori (l’80% minorenni e il restante 20% di età compresa tra i 18 e i 20 anni) il 92% dei ragazzi ritiene il gioco d’azzardo come occasione per creare dipendenza, ma il 35% ha riferito che non fermerebbe un amico vedendolo giocare d’azzardo. Ma cosa spinge i giocatori? Per gli studenti, in gran parte residenti nel Pavese (la provincioa d’Italia con il più alto tasso di giocatori e di spesa pro capite) nel 67% dei casi è il desiderio di arricchirsi, nel 16% per il gusto della sfida. E secondo la ricerca, si conferma una pericolosa familiarità dei giovani con l’azzardo: il 43% degli studenti afferma di aver giocato con gratta e vinci, 20% alle scommesse, il 10% alle slot, l’8% sul web. Inoltre il 18% riferisce di avere parenti, ed il 67% conoscenti, che giocano abitualmente. La famiglia, per molti, è una cattiva maestra. Il 25% dei ragazzi ha dichiarato di aver acquistato gratta e vinci seguendo l’esempio di altri familiari. Ma il 32% è stato invece influenzato dai mezzi di comunicazione, che attraverso pub- blicità e spazi dedicati hanno indotto il 23% dei ragazzi a frequentare bar e locali dove si scommette. «In un contesto in cui il 97% del campione riferisce di possedere uno smartphone, e il 26% di passare più di due ore al giorno navigando su internet - osserva Simone Feder , non possiamo sottovalutare l’importanza del controllo di questo canale ormai pervasivo, i giovani che affermano di giocare online sono infatti, insieme a quelli che utilizzano le slot machine, quelli che giocano più frequentemente». Anche per questo don Armando Zappolini, portavoce di 'Mettiamoci in gioco', la campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo, lancia un allarme. «Apprendiamo dalla stampa - ha detto - che la prossima settimana il ministro della Salute Beatrice Lorenzin presenterà alle Regioni i livelli essenziali di assistenza. In essi, per quanto ne sappiamo, no n viene citato esplicitamente il gioco d’azzardo patologico (Gap)». Se l’esclusione venisse confermata, nonostante «gli impegni assunti più volte, pubblicamente, dal ministro Lorenzin, si tratterebbe di un fatto gravissimo su cui sia noi sia altri soggetti impegnati sul tema ci mobiliteremmo con grande energia». Che sia urgente un intervento a vasto raggio lo conferma anche uno studio di 'Eurodap' (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), che ha realizzato un sondaggio online. Il gioco d’azzardo per 1 italiano su 2 è diventato «un’esperienza emotiva insostituibile, destinata a trasformarsi in una forma di compulsività tale da provocare nei giocatori e nelle loro famiglie pesanti ripercussioni».Dai dati emerge che il 50 per cento del campione intervistato «è composto da giocatori patologici- spiega Paola Vinciguerra, presidente Eurodap -. Il gioco d’azzardo, insomma, ormai è entrato a far parte della vita quotidiana delle persone». Al sondaggio hanno risposto 850 persone tra i 25 e i 65 anni. Dalle risposte è emerso che «il 20% del campione ha le caratteristiche di un patologico grave, ossia si tratta di persone che non riescono a sottrarsi al gioco, mentre il 30% è patologico. Il 20% del campione è risultato invece a rischio nel senso che l’abitudine del gioco potrebbe facilmente diventare una malattia, mentre il 30% del campione si è dichiarato giocatore occasionale».
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