mercoledì 16 novembre 2022
L'intervento dell'ex parlamentare del Pd e padre della misura economica per le famiglie, Stefano Lepri
È migliorabile soltanto stanziando più fondi

Ansa

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La ministra Eugenia Roccella, partecipando all’assemblea del Forum delle Associazioni familiari, ha assunto l’impegno a correggere alcune «storture di un provvedimento buono», riferendosi all’assegno unico per i figli. Ho apprezzato il giudizio complessivo: se lo reputa buono, significa che il nuovo governo può contare su uno strumento importante introdotto nella scorsa legislatura.

I suoi pochi limiti sono riconducibili all’insufficiente dotazione economica, nonostante siano stati aggiunti circa sei miliardi in più all’anno a regime. Con ancora maggiori risorse avremmo infatti, fin da subito, reso meno selettivo l’andamento degli importi, ridotto o eliminato l’incidenza della prima casa nel calcolo dell’Isee, garantito a tutti le clausole di salvaguardia rispetto ai precedenti regimi, eccetera. Questi limiti erano peraltro già stati ben evidenziati nel parere espresso dalla commissione parlamentare, in riferimento al decreto legislativo poi approvato. Ben venga dunque se il nuovo governo vorrà colmarli, ma lo potrà fare solo aggiungendo altri miliardi. Il timore è che invece si limiterà a parole d’ordine e interventi di poca spesa.

Mi riferisco anzitutto alla dichiarazione di Roccella per cui «la legge 194 non verrà toccata ma verranno aiutate le madri in difficoltà». Spero che la ministra abbia colto che l’assegno unico le aiuta già dal punto di vista economico, fin dal settimo mese di gravidanza, con importi importanti (175 euro al mese, ogni mese e fino alla maggiore età) che prima non avrebbero avuto. Quando vediamo assessori regionali del suo partito vantarsi per qualche migliaia di euro una tantum concessi alle madri povere che portano avanti la gravidanza, è lecito domandarsi se mai conoscono la misura nazionale o se invece si limitano alla propaganda.

Piuttosto, il governo si adoperi su una parte della legge delega ancora inapplicata (art. 2 comma 1 lettera g), che prevede la costituzione di una commissione nazionale incaricata di riconoscere i casi particolari a cui concedere l’assegno unico, anche in assenza di tutti i requisiti previsti. Sarebbe un modo concreto per aiutare in particolare le donne in gravidanza povere e straniere, anche quelle irregolari. Vedremo se la ministra avrà la forza di renderla presto operativa.

Quanto invece alla seconda obiezione avanzata («l’assegno unico paradossalmente penalizza le famiglie numerose»), sono convinto che l’approfondimento del testo di legge porterà la ministra ad una diversa conclusione. Infatti, i figli dal terzo in poi godono di una maggiorazione; è stata mantenuta la contribuzione forfettaria di 1.200 euro l’anno anche quando alcuni dei figli a carico diventano maggiorenni; gli assegni familiari sono concessi anche dopo i 21 anni. Penalizzazioni eventuali per le famiglie numerose risiedono piuttosto nei limiti prima ricordati (peso eccessivo della prima casa nel calcolo dell’Isee ed eccessiva selettività dopo una certa soglia), non certo nell’avere tanti figli.

La nuova maggioranza ha fatto molti annunci in campagna elettorale su questi temi, che ora attendiamo si traducano in fatti concreti. Il timore è che se la cavino con qualche intervento bandiera, vantando un risultato strumentalizzabile e con poca spesa. Per ora, di certo, abbiamo una misura semplice e universale che, pur perfettibile, ha finalmente dato un vero segnale di attenzione alle famiglie e di sostegno alla natalità.

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