domenica 7 marzo 2021
Le associazioni chiedono che, con 7,5 miliardi del Piano di ripresa e resilienza, si metta mano allo sviluppo dei servizi domiciliari e alla riqualificazione delle strutture residenziali
Anziani non autosufficienti, la riforma non può attendere
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È pensabile uscire dalla pandemia dimenticandosi delle vittime principali: gli anziani? Evidentemente no. La costruzione del futuro, quindi, non può prescindere da una profonda riforma del sistema di assistenza agli anziani non autosufficienti. Basata su due assi principali – lo sviluppo dei servizi domiciliari e la riqualificazione delle strutture residenziali – ma soprattutto su un diverso approccio che unifichi le varie prestazioni in progetti personalizzati unitari. Per questo il Network non autosufficienze ha elaborato e inviato al governo una proposta che fa leva per la fase di avvio sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Un progetto complessivo sostenuto da Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, Alzheimer Uniti Italia, Cittadinanzattiva, Confederazione Parkinson Italia, Federazione Alzheimer Italia, Forum Disuguaglianze Diversità, Forum Nazionale del Terzo Settore, La Bottega del Possibile e Caritas Italiana per la prima volta riunite per un’iniziativa comune. «L’idea è semplice – spiega Cristiano Gori, coordinatore scientifico del Network –. Vogliamo sfruttare l’occasione offerta dal Pnrr per avviare il percorso della riforma nazionale del settore grazie a un primo pacchetto di azioni necessarie, a partire dall’analisi delle criticità esistenti ». Anzitutto la frammentazione degli interventi pubblici, erogati da diversi soggetti non coordinati tra loro (Asl, Comuni, Inps).

L’obiettivo è dunque ricomporre in un unico canale l’accesso alle misure e far confluire le diverse prestazioni ricevute dalle persone in «progetti personalizzati unitari». Collocando « in un sistema di governance unitario le diverse linee di responsabi-lità, divise fra tre livelli di governo (Stato, Regioni, Comuni) e tre filiere ( prestazioni monetarie, servizi sociali e servizi sociosanitari) », si legge nella proposta. «La riforma – spiega ancora Gori – assume il paradigma di un “prendersi cura” non solo sanitario ma multidimensionale: si tratta cioè di costruire progetti personalizzati che partano da uno sguardo globale sulla condizione dell’anziano, sui suoi molteplici fattori di fragilità, sul suo contesto di vita e di relazioni, organizzando le risposte di conseguenza».

In concreto, vuol dire offrire non solo gli interventi di natura medico-infermieristica già oggi previsti in parte, ma anche quelli di aiuto nelle attività fondamentali della vita quotidiana dei non autosufficienti. Coinvolgendo anche operatori che possano fare da punto di riferimento per i caregiver familiari e i badanti. La proposta include anche un investimento nella riqualificazione delle strutture residenziali, per assicurarne l’ammodernamento, ad esempio potenziando la dotazione di camere singole. Infine, «l’attivazione di un sistema nazionale di monitoraggio dell’assistenza agli anziani, che oggi – a differenza di quanto avviene per la sanità – non esiste».


Il Network non autosufficienza è nato nel 2009. Lo compongono studiosi, dirigenti di servizi pubblici e privati e consulenti che pensano valga la pena di unire le forze al fine di aiutare la riflessione sull’assistenza agli anziani non autosufficienti.

Resta il nodo di come finanziare un piano complessivo di tale portata. «Per la non autosufficienza sono previsti circa 7,5 miliardi, 5 dei quali destinati alla riforma della domiciliarità nel periodo 2022-2026 – conclude Gori – . Secondo i nostri calcoli, questa è la cifra giusta per accompagnare una riforma importante e iniziare a offrire ad anziani e famiglie risposte più adeguate. Nel bilancio ordinario dello Stato, poi, la spesa ordinaria aggiuntiva dal 2027 sarebbe di 1,3 miliardi l’anno. La proposta, tuttavia, non parte dal “quanto” – gli stanziamenti dedicati – bensì dal “cosa”: le azioni da sviluppare. Fondamentale è che il Pnrr preveda con chiarezza la riforma dell’assistenza ai non autosufficienti ». O vorrà dire che dalla pandemia non abbiamo imparato abbastanza.

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