venerdì 29 dicembre 2023
Il faro degli inquirenti si è concentrato su una gara da 180 milioni di euro per l'affidamento di lavori per il risanamento di gallerie
Tommaso e Denis Verdini

Tommaso e Denis Verdini - ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

L'inchiesta sulle commesse Anas che coinvolge Tommaso Verdini - figlio dell’ex parlamentare Denis anch’egli indagato e fratello di Francesca, compagna del leader della Lega Matteo Salvini - irrompe nell'aula della Camera impegnata come un treno ad Alta velocità a portare a destinazione la manovra, e stavolta sono le opposizioni a pretendere, senza successo, una “fermata” non prevista. Sono stati per primi i Cinquestelle a chiedere al ministro delle Infrastrutture di venire a riferire in aula, e si sono subito associati alla richiesta il Pd e Alleanza Verdi e Sinistra. Tommaso Verdini, uno dei cinque sottoposti a misura cautelari (corruzione, traffico di influenze illecite e turbativa d’asta, le accuse per i presunti illeciti in commesse Anas tra cui una di 180 milioni di euro per il risanamento di gallerie), attende gli interrogatori di garanzia che saranno fissati dai magistrati romani dopo Capodanno, forse già per il 3.


A tirare in ballo la Lega e il suo leader, arroventando lo scontro politico, un’intercettazione pubblicata dai giornali di Fabio Pileri - socio di Tommaso e Denis Verdini nella società di lobbying Inver al centro del presunto “sistema” - che è agli atti dell’indagine della Procura di Roma. Al telefono con un imprenditore l’indagato parla di ingressi in Consiglio di amministrazione “pilotati” politicamente e di «promozioni» da accordare a dirigenti “amici”, in virtù di un «accordo con quelli della Lega di futura collaborazione con Matteo e con noi tramite Freni», sottosegretario all’Economia del Carroccio, non indagato. L'ordinanza dei magistrati fa riferimento al ruolo di Denis Verdini, anche lui indagato, definito “stratega” e “socio di fatto” della società Inver da cui «percepiva in nero parte delle somme» ricavate, «in virtù del suo peso politico e dei suoi rapporti con il sottosegretario Freni e con il dottor Bruno (il riferimento è a Massimo Bruno, dirigente di punta di Fs, ndr) che incontra presso l’abitazione o il ristorante del figlio, assicura sponde o appoggi istituzionali tali da consentirgli, direttamente o tramite il figlio Tommaso, di promettere e garantire» ai funzionari pubblici «avanzamenti di carriera in Anas o ricollocamento in posizioni lavorative di rilievo». Questa la tesi dei magistrati, che parlano di «grande spregiudicatezza» nell’ordinanza, con a supporto l’intercettazione che cita anche “Matteo”, che spingerebbe a ipotizzare che si tratti di Salvini. Un caso nel caso diventa il fatto che, a far deflagrare lo scontro politico sia la divulgazione di testi tratti da dispositivi relativi a persone colpite da ordinanza di custodia (presunti innocenti, per l’ordinamento) per i quali a breve la cosiddetta “legge bavaglio” si incaricherà di vietarne la pubblicazione.

A sollevare il caso in aula era stato Federico Cafiero de Raho, ex Procuratore antimafia deputato dei 5 Stelle, chiedendo un'informativa urgente di Salvini sul «sistema di consulenza e appalti pubblici banditi da Anas» perché «bisogna che il Parlamento sappia in quale misura i fatti coinvolgano Anas, per quanti e quali appalti, quali misure adottate per prevenire la corruzione, quale coinvolgimento degli esponenti delle istituzioni» e per questo «chiediamo che il ministro venga urgentemente a riferire rispettando in pieno la presunzione di innocenza ma pretendendo chiarezza sui fatti di cui la stampa parla». Si associa alla richiesta il Pd con Debora Serracchiani. «Apprendiamo dai quotidiani odierni vicende gravissime che riguardano alcuni membri del governo. Non ci riguarda la vicenda giudiziaria che avrà il suo corso, ma il punto politico sì. Il governo non ha ancora ritenuto di smentire quanto riportato dai giornali. È necessario quindi fare chiarezza circa comportamenti incompatibili con il buon funzionamento delle istituzioni». E poi Angelo Bonelli per l’Alleanza Verdi e Sinistra: «La vicenda giudiziaria farà il suo corso, ma che esponenti di governo incontrino in abitazioni private o a cena imprenditori con interessi su appalti è un problema politico».

La bagarre esplode però quando Enrico Costa di Azione, promotore dell’emendamento duramente contestato dalle opposizioni e dai giornalisti che vieta la pubblicazione letterale delle ordinanze di custodia cautelare, si smarca dalla richiesta rompendo, con fragore, il fronte delle opposizioni. «Non possiamo portare avanti lo schema delle informative a gettone della stampa quotidiana. Non si interessa il Parlamento all’inizio di un inchiesta» dice l’esponente del partito di Calenda. Di «assenza di trasparenza preoccupante» parla il verde Bonelli a fronte della indisponibilità del governo a venire a riferire in aula. Sul fronte della maggioranza, invece, che già non vive di suo un momento di particolare unità di intenti nel contesto del voto europeo che si avvicina, sono poche le prese di posizione a rompere un imbarazzato silenzio. «Che vogliamo fare ora il processo in Aula a Salvini?», risponde Antonio Tajani ai giornalisti che gli chiedono un commento, in Transatlantico. «Noi siamo sempre stati garantisti, fino a quando non c’è una condanna definitiva», si limita a dire il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia. «Se deve riferire in aula? Deciderà lui».


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: