venerdì 5 aprile 2013
Nonostante le ulteriori pronunce della Cassazione per l’88% dei padri separati questo istituto è inefficace.
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Seppure la Corte di Cassazione abbia sancito che «l’affidamento condiviso si pone non più come evenienza residuale, bensì come regola, rispetto alla quale costituisce eccezione l’affidamento esclusivo», questo istituto accusa la mancanza di una effettiva applicazione che «rende vano ogni riferimento teorico ai principi di bigenitorialità» e alla stessa legge. È il parere dell’avvocato Matteo Santini, direttore del Centro nazionale studi e ricerche sul Diritto della famiglia e dei minori, per il quale «se il genitore che convive stabilmente con il minore impedisce, di fatto, all’altro di esercitare il proprio diritto di "fare il genitore", arreca un danno al minore stesso».Di affidamento condiviso si è parlato nel corso di un convegno organizzato a Roma dallo stesso Centro studi. È emerso che in Italia il 49% delle separazioni e il 33% dei divorzi riguardano coppie con almeno un figlio minore: le separazioni in cui è stato disposto l’affidamento condiviso raggiungono l’89,8%. Ma per l’88% dei padri separati l’affidamento condiviso risulta inefficace (nel 92% dei casi il figlio viene affidato di fatto alla madre). L’Istat registra che nel 2010, in Italia, le separazioni sono state 88.191, i divorzi 54.160; il 69% delle separazioni riguarda coppie con figli e il 51% delle separazioni con figli riguarda coppie con minori.Molti i problemi evidenziati nell’appuntamento romano. Dalle complesse questioni patrimoniali ed economiche che subentrano all’indomani di separazioni e divorzi, all’organizzazione degli spazi, al delicato tema del tempo che gli ex coniugi dovranno trascorrere con i figli. Fino alle prassi ormai acquisite ma niente affatto in linea con la legge. «L’alto numero di separazioni, per esempio – dice il presidente del Centro nazionale studi, avvocato Lello Spoletini –, ha "coniato" nei tribunali una figura nuova: ovvero il genitore collocatario, colui presso il quale, cioè, si "colloca" il figlio. Figura che, nella maggior parte dei casi, coincide con la madre». Non senza sollevare ulteriori criticità: «Il genitore non collocatario, al quale spesso spetta il mantenimento, deve poter svolgere appieno la funzione di genitore perché tanto il papà quanto la mamma concorrono alla crescita dei figli. Essi hanno bisogno di entrambi i genitori».Uno dei nodi è il tempo. «La legge sull’affido condiviso – mette in chiaro Spoletini – prevede un equilibrio sostanziale nella misura del tempo che i figli devono passare tanto con il padre quanto con la madre. Nella pratica tuttavia, le cose stanno diversamente perché al termine in una separazione vengono anche "sanciti" i giorni precisi che, nell’arco di un mese o di una settimana, i figli dovranno passare con il genitore non collocatario. In questo modo la norma è aggirata. Perché l’equilibrio non si raggiunge mai». Lo spirito della legge, invece, nel favorire l’auspicato "equilibrio", persegue una organizzazione della vita dei coniugi nell’interesse primario dei minori. In caso contrario, infatti, l’affido condiviso sarebbe solo una pallida teoria ben lontana da una sicura applicazione mentre tornerebbe a configurarsi (come non di rado avviene) l’affido esclusivo che, come detto, per la Cassazione dovrebbe rappresentare l’eccezione. Ancora la Suprema Corte: «La regola dell’affidamento condiviso dei figli può essere derogata solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore».La legge inoltre invoca maturità e corresponsabilità anche per quel riguarda i trasferimenti di denaro da parte del genitore a cui spetta il compito del mantenimento; egli infatti non può trasformarsi in un semplice "incaricato" al quale demandare il compito di staccare assegni ma deve essere reso partecipe e protagonista delle voci di spesa. Così come, nella scelta della casa, i figli, i minori soprattutto, non possono essere considerati pacchi postali. C’è una priorità in tutto questo, rileva Spoletini: «Occorre che ex coniugi, magistrati, avvocati, psicologi, collaborino per dare piena attuazione alla legge e ridurre la conflittualità. Ottenendo anche, in questo modo, un alleggerimento dei carichi della giustizia».
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