lunedì 30 ottobre 2023
A sette anni dal terremoto il vescovo Boccardo celebra all'interno del cantiere simbolo del borgo: «Un'iniezione di fiducia, segno della capacità dell'uomo di rialzarsi». Castelli: cambio di passo c'è
Il vescovo Boccardo benedice le nuove campane

Il vescovo Boccardo benedice le nuove campane - Ansa

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Una campana che torna a suonare, anche se all’aperto. La messa, per la prima volta dopo il sisma di sette anni fa, che viene celebrata all’interno della basilica di Norcia, nonostante sia ancora in parte un cantiere. È il segno di speranza che si è voluto dare nell’anniversario della scossa che nel 2016 colpì l’Umbria – dopo quella del 24 agosto di Amatrice e Arquata del Tronto – nel piccolo borgo umbro dove oggi qualche commerciante è tornato ad occupare non senza difficoltà il centro storico. E dove ora si è tornati anche a celebrare la messa.

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«Questa giornata è un segno che viene a consolare e a dare speranza a tutti coloro che non solo sono legati alla basilica di San Benedetto per ragioni affettive, storiche, intellettuali e spirituali, ma soprattutto a tutti coloro che sono ancora fuori dalle proprie case a causa delle conseguenze del terremoto», ha detto il vescovo della diocesi Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, aggiungendo che «quando ci si mette insieme, quando si guarda un fine comune, è possibile realizzare grandi cose. Mi piace cogliere questo significato in particolare dalla celebrazione di quest'oggi».

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I lavori nella chiesa dedicata al patrono d’Europa non sono ancora conclusi, un intervento da 15 milioni di euro assicurati dallo Stato e dall’Ue a cui si aggiungono importati integrazioni dall’Eni che dovrebbe terminare nel 2025, ma «rientrare in questa aula liturgica, poter pregare sui luoghi di San Benedetto, ammirare il frutto del lavoro svolto da tanti enti in questi anni, è una iniezione di fiducia, vuol dire che è possibile ripartire». Poi nel corso dell’omelia, ricordando le difficoltà dei primi tempi, la grande solidarietà dell’Italia e del mondo, gli intoppi burocratici della ricostruzione, ha aggiunto che «questo edificio sacro è diventato l'emblema del sisma, ma è ancora di più la prova della capacità dell'essere umano di risollevarsi, di tornare a sperare, di guardare in alto e, con la forza di questo sguardo, tornare verso la terra e porre tutta l'intelligenza, la maestria, la fantasia e l'impegno al servizio di un comune riscatto, per risollevare, insieme alle mura delle case, dei luoghi di lavoro e delle chiese, anche il morale delle persone e delle comunità e per risvegliare la gioia di vivere».

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Ad ascoltare il prelato i monaci benedettini, con il priore padre Benedetto Nivakoff. Con loro la presidente della Regione Umbria Donatella Tesei, il commissario straordinario alla ricostruzione post sisma Guido Castelli, il già commissario Giovanni Legnini, il soprintendente dei beni culturali per il cratere Paolo Iannelli. Ma a partecipare alla messa sono stati soprattutto i cittadini nursini che, seppure in numero limitato, sono potuti rientrare dentro la "casa" del santo patrono d'Europa.

Il commissario Castelli e il vescovo Boccardo

Il commissario Castelli e il vescovo Boccardo - Ufficio per la Ricostruzione

«La facciata della basilica di San Benedetto è motivo di tristezza se ripensiamo al 30 ottobre 2016, di fiducia se pensiamo ad oggi», ha aggiunto il commissario straordinario alla ricostruzione Guido Castelli a margine della messa, per cui «il cambio di passo lo possiamo quantificare. Nel mese di ottobre abbiamo liquidato, per quanto riguarda la ricostruzione privata, alle imprese che lavorano nei cantieri del sisma, la cifra record di 135 milioni dal 2016. Questo vuol dire che nonostante le criticità riusciamo a vedere la classica luce in fondo al tunnel». Le cose si stanno muovendo ma il commissario Castelli ci tiene a ricordare che ci sono ancora lavori per almeno 9 miliardi per la ricostruzione pubblica e almeno 11 miliardi per quella privata. «Ci sono ancora troppe persone, circa 30 mila, che vivono fuori dalle loro case, e questo non ci può rendere tranquilli».

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