Niente quorum. La cronaca del fallimento dei referendum
Landini (Cgil): non abbiamo raggiunto l'obiettivo, ma non lascio. È la Toscana la Regione dove si è votato di più, in Trentino Alto Adige l'affluenza più bassa. Matera supera il quorum

Se raggiungere il quorum era un traguardo impossibile, l’affluenza al 40% avrebbe dato al “campo stretto” la spinta necessaria per sfidare il governo e trattare con il terzo polo da una posizione di forza. Ma il 30,58% nazionale, che diventa meno 29,89% per effetto dei voti dall'estero, quanto effettivamente ottenuto in questa tornata referendaria, consente ai partiti promotori solo di sfruttare l’exit strategy preparata in anticipo con un’asticella fissata ai 12,3 milioni di voti (gli stessi ottenuti dal centrodestra alle ultime elezioni). Ma resta una sconfitta, che non consegna segnali confortanti sull’astensionismo e dà adito a polemiche e proposte di riforma dello strumento di democrazia diretta per eccellenza, peraltro puntualmente arrivate in un senso e nell’altro.
Nessuno dei cinque quesiti, i quattro sul lavoro della Cgil e uno sulla cittadinanza promosso da PiùEuropa, raggiunge la soglia necessaria. Ma mentre lo scarto del numero dei votanti tra le diverse schede è trascurabile, la dinamica del voto cambia: nel caso della cittadinanza i “no” arrivano al 34,66%, oltre 5 milioni di voti aggregati, contro una media del 12-14% per gli altri quattro. Segno che tra i cittadini sensibili ai temi del precariato e del lavoro non tutti mostrano la stessa posizione sull’immigrazione.
I sì finali al primo quesito, quello sull'articolo 18, il più identitario, arrivano all'87,6%, più di 13 milioni, di cui 780mila provenienti da fuori Italia. Si tratta, per l'appunto, del risultato minimo fissato in partenza da Pd, M5s e Avs. Vanno comunque registrati i quasi 2 milioni che si sono recati alle urne per dire no, su questo come sugli altri quesiti riguardanti il lavoro.
Venendo alle differenze territoriali, su base regionale la Toscana può vantare l’affluenza più alta, con il 39,1%, seguita dall’Emilia Romagna con il 38% e dalla Liguria con il 35,7%. Maglia nera al Trentino Alto Adige (poco sopra il 22%), seguito dalla Sicilia e dalla Calabria (rispettivamente 23,1% e 23,8%). Tra i comuni va segnalato il caso di Matera, dove i quesiti raggiungono il quorum spinti dall’accorpamento con il ballottaggio per l’elezione del sindaco. Stessa condizione di Taranto, dove però vota solo il 44,8% degli aventi diritto. Sfonda la soglia Nuoro (59,19%), assieme ad altri 5 comuni sardi. Anche in questo caso il traino è l’election day, ma per il primo turno, dopo la decisione della Regione di non allinearsi con il calendario del governo. Più in generale, secondo le elaborazioni di Youtrend su dati del Viminale, l’affluenza è stata più alta nelle grandi città e nei centri con più residenti stranieri e più laureati.

Visti i risultati, il leader della Cgil, Maurizio Landini, non può che prendere atto, ammettendo che l’obiettivo «non è stato raggiunto», ma provando comunque a valorizzare la partecipazione di 14 milioni di cittadini. «È un punto di partenza», dice respingendo le richieste di dimissioni venute dalla destra, «sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata in un Paese come l’Italia, dove c’è una crisi democratica evidente». Resta il fatto che «un terzo di questo Paese pensa che sui temi del referendum servano risposte precise e chiede di cambiare». E questo nonostante il «tentativo di trasformare la consultazione in un voto contro il governo», cosa che in realtà ha fatto anche il Pd, ma che Landini non pare aver gradito: «Non è stata una scelta nostra. Chi ha dato una lettura politica al referendum non siamo stati noi. Siamo dentro una crisi del lavoro senza precedenti e il fatto che anziché discutere si sia evitato il confronto diretto giocando sul non andare a votare e cercando di farlo passare per un voto contro il governo, non è una responsabilità nostra ma una scelta di cui abbiamo preso atto».
Come detto, non mancano proposte di modifica alle norme che regolano l’istituto referendario, di fatto sempre meno attrattivo per i cittadini, considerando che negli ultimi trent’anni ha raggiunto il quorum solo una volta, sull’acqua pubblica. Il leader di PiùEuropa, Riccardo Magi, propone allora di abolire il quorum, che «è divenuto un ostacolo alla democrazia» e «rappresenta un vulnus enorme alla partecipazione dei cittadini». Mentre in direzione opposta viaggia Fabio Rampelli di FdI, convinto che «assieme alla pretestuosità dei quesiti», concorra al mancato raggiungimento del quorum l’ormai antico numero minimo di firme da raccogliere e che forse «è giunto il momento di rivederlo al rialzo, ma non per indebolirlo, tutt’altro». L’ultima nota riguarda il voto dei fuorisede, con le richieste degli studenti cresciute di più della metà rispetto all’ultima tornata referendaria (da 24 mila a 38 mila) e un’affluenza che a Milano oscilla tra l’80% e il 90%.
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