Lo Stato (precario) dell'Unione: Von der Leyen in bilico

Attesa per il tradizionale appuntamento di fine estate che definirà il tono della politica dopo uno degli agosto più intensi di sempre. La presidente lo affronta in bilico, con molti nemici
September 8, 2025
Lo Stato (precario) dell'Unione: Von der Leyen in bilico
Ansa | Ursula von der Leyen
«Manca un giorno allo Stato dell'Unione. Le discussioni proseguono con i leader del Parlamento europeo. Con il dialogo e la determinazione, possiamo far progredire l'Europa». Ursula von der Leyen si esprime così sul social network X alla vigilia del suo discorso sullo Stato dell’Unione, in programma domani. L’appello al dialogo è in realtà un segnale della preoccupazione della presidente della Commissione che dovrà affrontare un Parlamento molto nervoso e aggressivo. Perché in effetti quel che di solito è un formale rito di routine della liturgia comunitaria, questa volta è circondato da altissima tensione. Gli eurodeputati di ogni colore aspettano Von der Leyen al varco.
In preparazione del discorso della presidente, la Commissione ha diffuso un rapporto piuttosto autoelogiativo per sottolineare i risultati raggiunti in questo primo anno di mandato. In realtà non sono molti i punti concreti di questi primi mesi di Von der Leyen II. Spicca naturalmente la difesa, con il varo di quello che inizialmente era stato (maldestramente) chiamato “RearmEU”, divenuto poi “Readiness2030” (“Essere pronti per il 2030”) per il rilancio della difesa degli Stati Ue. Un piano per un totale di 800 miliardi di euro, di cui 150 con il nuovo fondo “Safe” di prestiti agli Stati membri che lo desiderano. C’è il raggiungimento, lo scorso dicembre, dell’accordo politico commerciale con gli Stati latinoamericani del Mercosur a dicembre e la traballante intesa con Donald Trump del 27 luglio sui dazi, non certo vantaggiosa per l’Ue. Si può citare inoltre la presentazione dell’obiettivo di riduzione del Co2 nel 2040 (90%) e la prima bozza di bilancio 2028-2034 da 2.000 miliardi di euro (già molto contestato da vari Stati membri), o, ancora, un piano per l’abbandono completo del gas russo dal 2027 e la diversificazione delle fonti energetiche. Per il resto la Commissione Von der Leyen non ha grandi svolte concrete da menzionare. C’è la presentazione (lo scorso gennaio) della “bussola sulla competitività”, proposte per completare il mercato interno, il progetto di “gigafactory” per l’intelligenza artificiale, le misure di snellimento delle procedure burocratiche che dovrebbero far risparmiare 400 milioni l’anno, l’alleggerimento di varie normative ambientali (dall’annacquamento della legge sulla deforestazione alla “flessibilità” sul fronte degli obblighi ambientali delle case automobilistiche); o ancora la lista dei Paesi terzi sicuri dove inviare migranti irregolari, o un piano per attrarre talenti dagli Usa di Trump (“Chose Europe”).
Alcuni think tank criticano impietosamente l’operato della Commissione Von der Leyen II. Così l’European Policy Centre di Bruxelles nota come vari punti citati dal discorso programmatico di Von der Leyen del dicembre 2024 siano quasi ignorati: sociale, ambiente, difesa della democrazia, rapporti con i Paesi in via di sviluppo, mentre su tutto domina difesa e competitività. Soprattutto, salta agli occhi come del Rapporto Draghi sulla competitività, presentato dalla Commissione come stella polare del suo operato, ben poco per ora stia trovando attuazione: secondo un rapporto dell’European Policy Innovation Council appena l’11,2% dei punti di quel rapporto sono stati realizzati, 20,1% lo sono solo in parte. Il resto non sono stati affatto attuati (22,7%), o sono in fase iniziale (46%). Particolari carenze: energia e digitalizzazione.
Von der Leyen è attaccata da tutti i fronti. I suoi Popolari chiedono un ancor più drastico “sfrondamento” delle norme ambientali. Più a destra, i Conservatori (di cui fa parte FdI) vogliono ulteriori annacquamenti dell’agenda verde e l’estrema destra euroscettica dei Patrioti (di cui fa parte la Lega) addirittura l’abrogazione in blocco del Green Deal. Su posizione diametralmente opposta ovviamente i Verdi (che a luglio 2024 si sono inclusi nella maggioranza a sostegno della presidente), con la richiesta a Von der Leyen di un chiaro impegno a mantenere gli impegni ambientali. I Socialisti e democratici invocano il ripristino dell’agenda sociale, attaccano l’accordo con Trump, e insistono, al pari della Sinistra e Liberali di Renew, per una più chiara presa di posizione su Gaza (che peraltro spacca anche la stessa Commissione). Fuoco e fiamme di vari gruppi sull’accordo del Mercosur, dalla Sinistra ai Patrioti, con forti critiche anche di varie delegazioni all’interno dei Popolari e dei Socialisti. I Socialisti criticano pesantemente l’intesa con Trump, e minacciano di non votare i relativi testi legislativi. Dopo il tentativo (fallito) di far passare una mozione di sfiducia a Von der Leyen a luglio, adesso ci riprovano, separatamente, la Sinistra e i Patrioti (bastano le firme di 76 eurodeputati per portarla in aula), l’occhio è puntato a ottobre. Che queste mozioni passino è improbabile, ma l’autunno sarà decisamente ancora più agitato per Von der Leyen e la sua Commissione.

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