In Italia si torna a parlare di droga e dipendenze (e qualcosa potrebbe cambiare)

Al via a Roma la Conferenza nazionale: due giorni di lavori che vedono protagonisti gli operatori, i servizi e le comunità di recupero. Obiettivo, il confronto aperto col governo e l’attesa svolta sulla governance del sistema e sulla riforma del Testo unico
November 7, 2025
Un vecchio spot dell'8Xmille girato in una comunità di recupero
Un vecchio spot dell'8Xmille girato in una comunità di recupero
Dimenticate il fentanyl, la cannabis, l’eterna polarizzazione tra legalizzare sì e legalizzare no: le parole d’ordine sono, piuttosto, efficacia dei percorsi terapeutici, sistema multidisciplinare integrato, persone. E soprattutto, aspettative. Perché alla Conferenza nazionale sulle dipendenze che si apre oggi a Roma si è arrivati dopo un lungo lavoro preparatorio, con 8 tavoli tematici che si sono incontrati a cadenza quasi mensile a partire da aprile coinvolgendo tutto il mondo dei servizi con l’unico, ambizioso obiettivo di cambiare una volta per tutte il modo di occuparsi di «droga» nel nostro Paese.
A cominciare dal destino di quel mezzo milione stimato di italiani che con le sostanze hanno un rapporto problematico e che soltanto in 130mila casi effettivi (il dato è relativo al 2024) sono in carico ai Serd, di cui appena il 20% al primo accesso. «Significa che su cinque persone che hanno problemi di dipendenze ne incontriamo e abbiamo la possibilità di curarne una – spiega il presidente della Federazione italiana delle comunità terapeutiche Luciano Squillaci –: solitamente già nota ai servizi, con problemi di eroina e sopra i 40 anni». Come dire, una goccia nel mare. Non a caso il tema della moltiplicazione dei punti di accesso ai percorsi di recupero (non più solo tramite i Serd, ma anche attraverso centri diurni e centri giovanili, ambulatori, hub di territorio) sarà tra i principali capitoli all’ordine del giorno degli operatori riuniti all’Eur: un buon compromesso trovato tra chi da sempre sostiene l’opzione più spinta dell’accesso diretto alle strutture, in cui tuttavia sparirebbe il ruolo del servizio pubblico, e chi invece solo al Serd vorrebbe continuare ad attribuire il ruolo di filtro, col risultato dell’effetto imbuto che troppo spesso impedisce ai tossicodipendenti di accedere a percorsi più strutturati.
Non è l’unico tema, tutt’altro: al governo, che con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e su per giù la metà dei suoi ministri parteciperà al questione time di sabato (domani mattina invece ci saranno il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni), verrà manifestata la necessità di progetti pilota, sia sul fronte di una raccolta dati più omogenea sia di una verifica dell’efficacia dei percorsi sia dell’estensione di un modello di intervento integrato, sul modello per esempio di quello già adottato in Lombardia, capace di offrire supporto, prevenzione, trattamento e riabilitazione per tutti i tipi di dipendenza (dal consumo di droga o alcol fino al gioco d’azzardo) attraverso progetti individualizzati e condivisi con le strutture residenziali e quelle ospedaliere. E poi interventi ad hoc per i minori e gli under 25, anche sul piano della prevenzione nelle scuole: è la richiesta forte di San Patrignano e della Comunità Papa Giovanni XXIII, che proprio in questi giorni ha diffuso i dati di uno studio Espad Italia coordinato dal Cnr in cui emerge come proprio l’azzardo stia diventando una piaga tra gli adolescenti, con picchi fino al 57% di consumi. Ancora, attenzione alla tematica della riduzione del danno e alle politiche adottate a livello internazionale: istanze, queste, del Coordinamento nazionale comunità accoglienti (Cnca), che in queste ore ha organizzato la sua ormai tradizionale Controconferenza per dare voce al mondo delle organizzazioni dei consumatori e delle associazioni del Terzo settore che non gestiscono comunità «e che – spiega la presidente Caterina Pozzi – sono state ingiustamente escluse dai lavori, come la Rete Elide degli enti locali impegnati sulle droghe».
La Conferenza, d’altronde, «è stata prevista dalla legge 309/90 ogni tre anni proprio per questo – continua Squillaci -: perché i soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura delle dipendenze si incontrino e si confrontino sui problemi connessi alla diffusione delle sostanze e perché le loro conclusioni siano comunicate al Parlamento al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione». Cioè a quel Testo unico 309 del 1990, fatto a misura di un mondo in cui esisteva ancora solo l’eroina e chi la consumava si bucava per la strada. «Oggi, lo ribadiamo ormai da anni, abbiamo bisogno di una legge che faccia i conti con nuove e complesse forme di consumo e di dipendenza, con un’emergenza sempre più diffusa tra giovani e giovanissimi, che affronti una volta per tutte un sistema sfilacciato e spezzettato di intervento in cui pubblico e Terzo settore accreditato riescono a lavorare insieme solo per la buona volontà di alcuni». L’occasione allora è quella giusta, e l’appuntamento di Roma è solo il punto di partenza.

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