Il funerale di Charlie Kirk: le parole di Trump, il perdono della vedova

Alllo stadio di Glendale, in Arizona, sono accorse all'alba di domenica 200mila persone per l'attivista ucciso il 10 settembre. La vedova: «Perdono il killer»
September 21, 2025
Il funerale di Charlie Kirk: le parole di Trump, il perdono della vedova
Ansa | Al funerale di Kirk, proiettato un video con il suo ultimo comizio
«Un gigante della sua generazione. Un eroe americano e un martire della libertà. Ha cambiato la storia». Donald Trump ha ricordato così Charlie Kirk davanti a 200mila persone accorse da tutti gli Stati Uniti e che si sono messe in fila dalle prime luci dell’alba di domenica per onorare la memoria dell’attivista ucciso lo scorso 10 settembre allo State Farm Stadium di Glendale, in quell’Arizona che era la sua casa.
Accolto da un’ovazione allo stadio, il presidente americano ha raccontato il "suo" Charlie, colui che è riuscito a farlo anche riavvicinare a Elon Musk. I due sono stati infatti immortalati sugli spalti mentre chiacchieravano amichevolmente dopo la recente “separazione”, fatta di attacchi e critiche. Dal palco, Trump ha usato toni da comizio parlando per oltre 40 minuti: ha ricordato il ruolo chiave giocato dall’attivista nella sua vittoria alla Casa Bianca e il coraggio con cui parlava nelle università. E poi ha attaccato quella «sinistra radicale che Charlie avrebbe chiamato solo sinistra, ma io non ci riesco».
Ad introdurre il presidente è stata la vedova Erika Kirk al termine di un discorso appassionato e fra le lacrime: è salita sul palco con le mani al cielo e, tra gli applausi della folla, si è impegnata a portare avanti la missione di suo marito. «Quando ho visto il suo corpo non c'era né paura né sofferenza, ma un sorriso sul suo viso», ha raccontato e, fra le lacrime, ha poi perdonato il killer. «Mio marito Charlie voleva salvare i giovani, come colui che gli ha tolto la vita. Perdono quel giovane. La risposta all'odio non è altro odio».
Quasi tutta l’amministrazione Trump è salita sul palco per ricordare l’attivista. Dal ministro della sanità Robert F. Kennedy Jr. che è arrivato a paragonarlo a Gesù, al segretario di stato Marco Rubio che ne ha tessuto le lodi prima di parlare di un «assassinio politico». Il vice presidente J. D. Vance ha descritto «l’amico Charlie» come un «martire della fede che hanno cercato di silenziare. Era Atene e Gerusalemme nella stessa persona», ovvero la capitale della ragione e quella di Dio. «Amava il suo Paese, e lo amava tanto da morire per lui. In Charlie Kirk avevamo trovato un leader», ha aggiunto. Il capo del Pentagono Pete Hegseth lo ha descritto come un «eroe che combatteva non con le armi ma con il microfono», mentre la direttrice della National Intelligence, Tulsi Gabbard, lo ha definito un «guerriero della verità e della libertà».
«Finiremo il suo lavoro e raggiungeremo la vittoria in suo nome. La luce batterà le tenebre: vinceremo», ha invece detto in toni combattivi Stephen Miller, il vice capo di gabinetto e consigliere di Trump, nonché architetto della stretta sull’immigrazione. Gli stessi toni sono stati usati dal figlio del presidente, Donald Trump Jr: «Per me era come un fratello. "We are all Charlie", siamo tutti Charlie», ha poi gridato dal palco, aggiungendo che «non ci lasceremo intimidire. Il nostro messaggio di fede e famiglia non sarà messo a tacere».
La cerimonia si è chiusa con l’abbraccio tra Trump ed Erika Kirk sul palco, dopo che il presidente ha sfoggiato il suo slogan “fight, fight, fight!”, ovvero “combattere”, assicurando che la battaglia nel nome di Charlie continuerà.

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