I rifugiati di Libia, Niger e Tunisia accusano l'Unhcr: «Non ci protegge»
L'atto di denuncia nel "Libro della vergogna", che raccoglie le testimonianze di chi è passato dai centri di detenzione, di chi è stato deportato nel deserto o allontanato dai campi profughi

Dai centri di detenzione in Libia, ai campi di isolamento nel deserto del Niger fino alle proteste in Tunisia: Il "Libro della vergogna" è un nuovo e inedito documento-accusa di rifugiati di Libia, Tunisia e Niger contro le politiche di Unhcr. Scritto e raccontato da rifugiati e gruppi guidati da rifugiati, vuole essere una documentazione di come l'Unhcr non riesca a proteggere i rifugiati - scrivono gli autori - e collabori piuttosto con le politiche europee di contenimento, mettendo a tacere le voci di chi vuole fuggire da questi paesi, sopprimendo le proteste dei migranti in tutto il Nord Africa. Il libro raccoglie testimonianze dirette dall'aprile 2024 al settembre 2025.
Tre anni dopo il sit-in di 100 giorni davanti all'ufficio dell'Unhcr a Tripoli nel 2022 poco è cambiato, scrivono gli autori: i movimenti guidati dai rifugiati sono ancora trattati come una minaccia, le proteste sono represse e il diritto alla protezione rimane negato.
“Più che un libro è un catalogo dei fallimenti – spiegano gli autori - Si tratta di un atto collettivo di resistenza, un intervento politico da parte dei difensori dei diritti umani dei rifugiati che rifiutano di essere messi a tacere. Non è un rapporto di una Ong, è una testimonianza, una richiesta di responsabilità e un resoconto della lotta in corso”. Si tratta di racconti drammatici di chi ha vissuto sulla propria pelle le minacce e le violenze nei centri di detenzione in Libia, chi è stato vittima delle repressioni in Tunisia e delle deportazioni nel deserto. Ma c’è anche un capitolo intero che punta il dito contro le politiche di esternalizzazione delle frontiere in Europa e il ruolo di Unhcr in questo contesto.
“Più che un libro è un catalogo dei fallimenti – spiegano gli autori - Si tratta di un atto collettivo di resistenza, un intervento politico da parte dei difensori dei diritti umani dei rifugiati che rifiutano di essere messi a tacere. Non è un rapporto di una Ong, è una testimonianza, una richiesta di responsabilità e un resoconto della lotta in corso”. Si tratta di racconti drammatici di chi ha vissuto sulla propria pelle le minacce e le violenze nei centri di detenzione in Libia, chi è stato vittima delle repressioni in Tunisia e delle deportazioni nel deserto. Ma c’è anche un capitolo intero che punta il dito contro le politiche di esternalizzazione delle frontiere in Europa e il ruolo di Unhcr in questo contesto.
“Gli aiuti umanitari vanno di pari passo con il contenimento umano. Il cibo è reale, i servizi esistono, ma la porta che conduce alla libertà rimane chiusa. E l'unica domanda che conta davvero – "quando finirà tutto questo?" – non riceve mai una risposta onesta”. Ritardi nella registrazione delle domande d’asilo in Libia, e una volta fatte, le lungaggini all’infinito delle procedure. Unhcr Libia registra ad esempio solo richiedenti asilo di 9 nazionalità: Etiopia, Eritrea, Iraq, Palestina, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria e Yemen. Tuttavia, secondo i dati forniti dall'Unhcr, solo una piccola parte dei rifugiati di queste nazionalità è stata registrata. L'agenzia ha registrato solo circa 90.000 rifugiati, che rappresentano solo il 10% di coloro che sono presenti in Libia. Ciò significa che la maggior parte dei rifugiati che arrivano nel paese non riesce a registrarsi. Il 12 settembre gli autori saranno a Ginevra per presentare il libro alla sede centrale dell'Unhcr. Il lancio sarà seguito da una manifestazione per i diritti dei rifugiati il giorno successivo, 13 settembre, davanti alla sede dell'Oim.
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