I bambini obesi superano quelli sottopeso: e non è una buona notizia

Secondo l'Unicef, 188 milioni di ragazzi tra i 5 e i 19 anni nel mondo soffrono di obesità; i malnutriti si fermano a quota 184 milioni. A far salire l'ago della bilancia sono i Paesi a basso reddito
September 9, 2025
I bambini obesi superano quelli sottopeso: e non è una buona notizia
Unsplash | Secondo Unicef mancano anche regole chiare sul marketing dei prodotti ultraprocessati
La nuova emergenza alimentare infantile non è più la mancanza di cibo, bensì il cibo spazzatura. Oggi nel mondo soffrono di obesità 188 milioni di ragazzi tra i 5 e i 19 anni, un numero che corrisponde a un minore su dieci e che per la prima volta nella storia supera quello dei bambini e degli adolescenti affetti da malnutrizione, che si fermano a 184 milioni.
Ad avvertire dello storico sorpasso è il rapporto Feeding Profit: How Food Environments are Failing Children, compilato da Unicef usando dati provenienti da oltre 190 paesi: oggi sul planisfero il 9,2% dei ragazzi dai 5 ai 19 anni è sottopeso, mentre il 9,4% è considerato obeso. Nel 2000 – per fare un paragone – era sottopeso il 13% dei giovani in età scolare e solo il 3% obeso. Il dato diventa ancora più preoccupante se si allarga il conto ai minori in sovrappeso, non ancora obesi ma sulla buona via per diventarlo: in questa condizione si trova oggi un ragazzo su cinque.
Il cambio di passo si deve alla diffusione dei junk food: snack e merendine ultra-processate che stanno prendendo piede nelle diete infantili senza distinzione di nazionalità. Già, perché – rileva sempre il report – l’obesità ha superato il sottopeso come forma di malnutrizione giovanile in tutte le regioni del mondo, fatta eccezione per l’Africa subsahariana e l’Asia meridionale, e sta diventando un problema persino nei Paesi che ancora contano bambini che soffrono il problema opposto della mancanza di cibo.
Quello che potrebbe sembrare un paradosso è d’altronde un’altra faccia della stessa medaglia. L’accesso a cibo di qualità – frutta, verdura e proteine magre – è sempre più prerogativa delle fasce alte di reddito e dal discreto capitale culturale; viceversa il cibo spazzatura è segnale di povertà. Non è un caso che siano proprio i Paesi a basso reddito ad aver fatto schizzare verso l’alto l’ago della bilancia mondiale: tra il 2000 e il 2022 la percentuale di bambini e adolescenti con chili in eccesso è quadruplicata nei paesi più poveri e nemmeno raddoppiata in quelli più ricchi, che pure trattengono la maggiore concentrazione di sovrappeso.
Anche a livello nazionale si crea una differenza legata allo status economico: nei Paesi a basso reddito le famiglie più ricche sono quelle che si possono permettere maggiori quantità di cibo e sono le uniche ad avere accesso a fast food e alimenti ipercalorici. Nei Paesi ricchi, come in Italia, le cose vanno nel senso opposto: obesità e sovrappeso sono concentrati nelle fasce di popolazioni più povere il cui basso potere d’acquisto li esclude dalla possibilità di comprare alimenti più sani.
Il sorpasso dell’obesità sulla malnutrizione è ormai avvenuto ma la novità non è ancora stata accompagnata da misure adeguate. Oggi la maggior parte delle risorse e degli aiuti mondiali sono ancora dedicati alla denutrizione e al ritardo della crescita dei bambini nei primi anni di vita; mentre nel novero delle emergenze infantili l’obesità passa ancora inosservata. Secondo Unicef, mancano anche regole chiare sul marketing dei prodotti ultraprocessati: in questo senso cereali, biscotti, torte pronte e bevande gassate dominano indisturbate nei negozi e nelle scuole e sono così pubblicizzate tra i giovani e i genitori che evitarli diventa difficile. Significativo che su 64mila giovani interpellati dall’Unicef in tutto il mondo, il 75% ha dichiarato di aver visto pubblicità di fast food e snack nella settimana precedente e il 60% ha ammesso di aver poi comprato qualcuno di questi prodotti. Persino nelle regioni dove è in corso la guerra, il 68% dei ragazzi è stato esposto al marketing del cibo spazzatura.
Il risultato – questa la previsione dell’ente delle Nazioni Unite – è l’aumento di malattie cardiache, diabete di tipo 2 e alcuni tipi di cancro, la cui insorgenza è maggiormente probabile in persone obese; nonché un aggravio sui conti pubblici di tutti i Paesi visto che entro il 2035 il costo del sovrappeso e dell’obesità supererà i quattromila miliardi di dollari l’anno.
Per cambiare le cose urgono dunque politiche chiare, che vanno da etichettature che mettano in evidenza i cibi ultraprocessati a divieti di pubblicità per il junk food fino ad incentivi per l’acquisto di cibo salutare e tasse sui prodotti zuccherati. Il Messico, in questo senso, è diventato un caso studio: nel 2014 è stato uno dei primi Paesi al mondo a introdurre un sovrapprezzo sulle bibite e sugli alimenti ad alto contenuto calorico; nel 2020 ha aggiunto un sistema di etichette per i cibi trasformati e infine quest’anno ha messo al bando la vendita e distribuzione di questi prodotti nelle scuole ricavandone un calo drastico degli acquisti soprattutto tra le famiglie a basso reddito.

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