Frane e alluvioni minacciano l’Italia: il 94,5% dei Comuni è a rischio
Presentato il nuovo report Isprasul dissesto idrogeologico:la superficie a rischio franeè cresciuta del 15% rispetto al 2021. E il cambiamento climatico aumenta la vulnerabilitàdei

Quella spiaggia in cui andavate da bambini o quando eravate più giovani da qualche anno non è più la stessa? Se è così sappiate che non siete i soli ad aver vissuto un’esperienza simile. Oltre 1.890 chilometri di spiagge hanno subito cambiamenti significativi tra il 2006 e il 2020, con alterazioni dell’assetto della linea di riva superiori a cinque metri. Si tratta di circa il 23% dell’intera costa italiana, ovvero più di una spiaggia su due (il 56%): una mutazione che vede 965 chilometri in avanzamento e 934 in erosione. È quanto emerge dal quarto Rapporto Ispra sul “Dissesto idrogeologico in Italia”, edizione 2024, il lavoro triennale dell’Istituto presentato ieri.
Le coste registrano dunque un’inversione di tendenza, con più tratti in avanzamento che in erosione: un probabile effetto dei numerosi e continui sforzi compiuti negli anni per mitigare il dissesto costiero con interventi di ripascimento e opere di protezione. Ma la trasformazione delle coste non è l’unico dato rilevante. Nel 2024 ben il 94,5% dei comuni italiani è risultato a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe. «Il dissesto idrogeologico non può più essere considerato un evento straordinario, ma un fattore di rischio permanente e quindi è tempo di trattarlo come tale in modo integrato tra politiche ambientali, urbanistiche e di protezione civile», ha sottolineato Stefano Laporta, presidente Ispra.
Il rapporto, infatti, mette in luce quanto il nostro territorio sia sempre più fragile e soggetto a questi fenomeni. Secondo i dati sul 2024, a rischio sono 5,7 milioni di abitanti, oltre 582mila famiglie, 742mila edifici, quasi 75mila unità di impresa e 14mila beni culturali che si trovano nelle aree a maggiore pericolosità da frana. «Questo non significa che domani avremo un’emergenza, ma sono dati che, oltre a confermare in modo inequivocabile la vulnerabilità strutturale del nostro Paese rispetto al tema del dissesto idrogeologico, ci obbligano a un impegno coordinato, sistemico e continuativo», ha continuato Laporta. Alla vulnerabilità dovuta a morfologia e geologia dello stivale, si aggiungono ora le conseguenze del cambiamento climatico causato dall’uomo, che rende più frequenti fenomeni estremi, come forti piogge improvvise, intense e concentrate in poche ore. Il triennio 2022-2024, in particolare, è stato segnato da eventi idro-meteorologici di eccezionale intensità. Tra questi, le esondazioni diffuse lungo le aste fluviali principali e secondarie nelle Marche del settembre 2022; le colate rapide di fango e detrito nell’isola di Ischia nel novembre 2022 che hanno fatto 12 morti; le alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro; le intense precipitazioni in Valle d’Aosta e Piemonte settentrionale nel giugno 2024, con effetti come esondazioni e colate detritiche.
Secondo il report, è aumentata poi del 15% rispetto al 2021 la superficie a pericolosità per frane, con gli incrementi più significativi nella Provincia Autonoma di Bolzano (+61,2%), Toscana (+52,8%), Sardegna (+29,4%), Sicilia (+20,2%), per un totale di quasi sei milioni gli italiani che vivono in queste aree a rischio. L’Italia si conferma così tra i Paesi europei più esposti al rischio frane. Secondo i dati, sono oltre 636mila le frane censite sul territorio nazionale e circa il 28% ha una dinamica estremamente rapida e un elevato potenziale distruttivo anche per le vite umane. Il territorio nazionale a rischio smottamento è passato dai 55.400 chilometri quadrati del 2021 ai 69.500 del 2024, pari al 23% del totale. Aumentano le frane superficiali, le colate rapide di fango e detriti, le alluvioni, incluse le flash flood, amplificando l’impatto anche su zone storicamente meno esposte.
Sul fronte valanghe, invece, la superficie potenzialmente soggetta a tali fenomeni è di 9.283 chilometri quadrati, pari al 13,8% del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. In questo ambito, però, va registrato pure che per la prima volta è stata realizza una cartografia armonizzata nazionale.
Di fronte a questo quadro «non possiamo più limitarci a interventi di emergenza – ha concluso Laporta –, abbiamo bisogno di lavorare su una cultura della prevenzione fondata sulla programmazione, sulla manutenzione del territorio e su interventi strutturali».
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