Emergenza, il traghetto Drea entra a Taranto

Dopo esser stata respinta, l'ex nave passeggeri può attraccare momentaneamente: le condizioni del mare stanno peggiorando. Il Comune vigila.
September 17, 2025
Emergenza, il traghetto Drea entra a Taranto
La Drea ormeggiata a Spalato in agosto
Il traghetto Drea può entrare nel porto di Taranto per motivi di emergenza dichiarati dal rimorchiatore che dal primo settembre lo traina su e giù per l'Adriatico. Manca una nuova destinazione e le condizioni del mare peggiorano, il cavo potrebbe spezzarsi e la nave rischierebbe di andare alla deriva. Ecco perché è necessario trovare riparo. L'Autorità portuale aveva negato l'ingresso alla Drea, che dopo l'espulsione da Spalato vaga in attesa di esser bonificata dall'amianto, ma mercoledì sera ha concesso un permesso temporaneo di attracco. Le operazioni si sono svolte in mattinata con l'aiuto di altri tre rimorchiatori: la nave ha accostato la banchina poco prima di mezzogiorno. Il Comune di Taranto, che si era opposto fermamente all'arrivo della Drea, ha incassato suo malgrado la decisione, chiedendo però che si vigili sulle condizioni di sicurezza.
"L'Amministrazione comunale - è detto in una nota - prende atto delle comunicazioni ricevute dalle Autorità competenti e conferma che la situazione è costantemente monitorata". L'ente locale "insiste nel richiedere con fermezza che la bonifica dell'unità non sia effettuata nel porto della città e che la permanenza della nave sia limitata al tempo strettamente necessario per garantire la sicurezza della nave e la pronta ripresa della navigazione". Nel contempo, conclude il Comune, "si richiedono alle Autorità, portuali e marittime, ulteriori garanzie sul rispetto delle procedure di sicurezza e ambientali, affinché sia tutelata la salute pubblica e la sicurezza del Territorio. Saranno inoltre allertati Arpa e Asl per l'attivazione di eventuali monitoraggi ambientali e sanitari straordinari".
Un'odissea iniziata due mesi fa
L'odissea della Drea è iniziata quasi due mesi fa. Dopo esser stato cacciato dal porto di Spalato, dove era arrivato a fine luglio per la bonifica dei pannelli contenenti amianto, l’ex traghetto della Moby ha lasciato le acque croate il primo settembre. Trainato da un rimorchiatore, era diretto a Crotone, dove doveva arrivare il 6 settembre, ma la Capitaneria ha negato l’accesso al porto calabrese. Da quel momento la Drea è "sparita" dai radar. Per ritrovare le sue tracce è bastato però consultare un sito di tracking marittimo: l’ex nave passeggeri risultava ancora posizionata a Genova. Ma si trattava di un segnale risalente a 87 giorni fa, quando probabilmente è stato spento il transponder per essere poi trainata in alto Adriatico. La Drea però si poteva localizzare in modo indiretto, cioè cercando il rimorchiatore Protug 75, che dalla Croazia l’ha trascinata nel Mar Jonio. Ebbene, il Protug 75 ha incrociato dieci giorni al largo di Crotone con la Drea al guinzaglio. Nel pomeriggio di martedì la vicenda ha registrato una svolta, letteralmente: la rotta del rimorchiatore è improvvisamente cambiata, destinazione Taranto. Ma anche qui la Capitaneria ha negato l'ingresso in porto. Fino agli sviluppi di giovedì mattina, con l'autorizzazione "temporanea".
La protesta di Spalato
L’ex traghetto, rimasto in servizio tra Genova e la Sardegna fino alla primavera scorsa, doveva essere sottoposto a restyling in Grecia, previa rimozione delle lastre di amianto sigillate nelle pareti delle cabine passeggeri. Ma l’opposizione dei cittadini di Spalato, che temevano contaminazioni durante le operazioni da effettuare a bordo, hanno convinto il governo croato ad allontanare la nave. Anche a Crotone, quando si è sparsa la voce del suo arrivo, si è scatenata la polemica, fino al “vade retro” della Capitaneria. Stesso copione a Taranto. Una scelta che del resto era sembrata subito poco felice, visto che la città pugliese già deve fare i conti con i ben noti problemi ambientali, tra cui proprio l'esposizione all'amianto di diversi lavoratori dell'ex Ilva.
La nave passeggeri, costruita nei cantieri tedeschi di Lubecca mezzo secolo fa, è tenuta d’occhio da “Ship breaking platform”, una rete di ong che vigila sullo smaltimento delle vecchie imbarcazioni. Una volta tolto dal servizio, uno scafo deve infatti essere smantellato seguendo tutte le precauzioni del caso, visto che contiene una quantità di materiali pericolosi: combustibile, metalli pesanti e, come in questo caso, amianto, che fino agli anni Novanta (quando fu vietato perché, se inalato, è cancerogeno) era ampiamente usato nel settore marittimo e nei mezzi di trasporti in generale per le sue proprietà antincendio.
Come denuncia il network ambientalista, ogni anno decine di navi in disarmo iniziano la loro ultima rotta. Partono dai porti europei e prendono la via dell’Estremo Oriente, per “spiaggiarsi” letteralmente in Pakistan o Bangladesh, dove operai sfruttati, sottopagati e esposti a esalazioni tossiche provvedono a smontare le vecchie carcasse pezzo per pezzo, senza tanti riguardi per le normative ambientali. Dal 2009, secondo Ship breaking, 8221 natanti hanno fatto questa fine, provocando quasi 500 vittime tra i lavoratori.
Ma la Drea, ha assicurato il suo nuovo armatore, avrà un destino diverso. Rispondendo anche a delle voci che davano l’ex traghetto destinato a esser smantellato in Turchia (come un paio di anni fa la Moby Two), Davide Prestopino, ad di Med Fuel, ha spiegato a Shippingnews (Avvenire ha provato inutilmente a contattarlo) che la nave «non è stata acquistata per avviarla alla demolizione altrimenti non sarebbe stata rilevata con una società italiana e non batterebbe bandiera italiana. L’abbiamo mandata in Croazia per rimuovere dei pannelli che contengono una percentuale di amianto incapsulato al loro interno; la nostra è stata una scelta responsabile dettata anche da ragioni commerciali (per aumentarne l’appetibilità sul mercato del noleggio e incrementarne il valore) ma non esiste alcun obbligo di legge che lo imponga. La nave potrebbe continuare a navigare come ha fatto finora e come stanno facendo altre sue unità gemelle che solcano i mari italiani». Il finale, insomma, è ancora tutto da scrivere.

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