«Disarmare le parole, restare umani». E il prof anti-Meloni tenta il suicidio
La presidente di Parole O_Stili, Rosy Russo, riflette sul caso dell'insegnante che ha augurato la morte alla figlia della premier Meloni. E che, schiacciato dal clamore, ha cercato di uccidersi

Con la ripresa delle lezioni, si saprà come l’istituzione scolastica intenderà sanzionare l’insegnante del Napoletano che, via social, ha augurato la morte (e in una maniera orribile) alla figlia della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il punto, però, non è tanto sapere se il professor Stefano Addeo, 65 anni, insegnante di Tedesco a Cicciano, sarà licenziato o meno. La questione cruciale è capire perché una persona adulta, con un livello culturale medio-alto (come è o dovrebbe essere quello di un insegnante), si sia lasciata andare in questo modo così barbaro. Abbia, cioè, fatto parlare la pancia e non il cuore. Cosa di cui lo stesso Addeo si è reso conto, tanto che ha prima rimosso il messaggio dai social (dando la colpa all’intelligenza artificiale che avrebbe suggerito le parole da scrivere) e poi ha scritto una lettera di scuse alla premier.

Ma ormai il danno era fatto. E il vortice che la sua azione ha innescato ha finito per travolgerlo. Tanto che ha anche cercato di uccidersi ingerendo farmaci (ma prima ha avvertito la dirigente scolastica, che ha chiamato i carabinieri). È ricoverato in codice rosso e non è in pericolo di vita. «Ho sbagliato, ma sono stato linciato e non ho retto», le sue parole dal letto dell’ospedale.
«Quello che è successo è molto grave e lo è ancor di più perché il protagonista è un insegnante», commenta Rosy Russo, presidente di Parole O_Stili, un progetto sociale di sensibilizzazione sull’utilizzo delle parole. Nata a Trieste nell’agosto del 2016, l’iniziativa di educazione all’uso di un linguaggio non aggressivo ha prodotto anche il Manifesto della comunicazione non ostile. Un decalogo per educare a scegliere le parole con cura.
«È questo che fa la differenza», sottolinea ancora Rosy Russo. Che riflette sul momento che stiamo vivendo, come singoli e come società e su come, le fatiche di questo cambiamento d’epoca, si riflettano anche sul nostro linguaggio. Sia reale che virtuale.
«Abbiamo un problema enorme: le persone, sia giovani che, soprattutto, adulte, non riescono più a controllare parole ed emozioni – riflette la presidente di Parole O_Stili –. E, invece, le parole sono importanti. E quelle del professore Addeo venivano dalla pancia, non certo dal cuore. Ed è un problema grave».
«Abbiamo un problema enorme: le persone, sia giovani che, soprattutto, adulte, non riescono più a controllare parole ed emozioni – riflette la presidente di Parole O_Stili –. E, invece, le parole sono importanti. E quelle del professore Addeo venivano dalla pancia, non certo dal cuore. Ed è un problema grave».
Se questo è il contesto di riferimento, diventa ancora più decisivo «disarmare la comunicazione», come chiedeva papa Francesco in occasione dell’ultima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali. Un monito subito ripreso da papa Leone XIV che, in uno dei suoi primi interventi, chiedeva a giornalisti e comunicatori, di «scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace». E ancora: «Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana».
Ma perché è urgente e necessario disarmare le parole? «Perché dobbiamo ritornare a comunicare speranza», risponde Rosy Russo, collegandosi direttamente al tema del Giubileo di quest’anno. Che cade nel bel mezzo di un cambiamento d’epoca, prodotto dalla crisi pandemica prima e poi dalle guerre, sia quelle più note che quelle meno raccontate ma che, non per questo, producono meno morte e distruzione.
«Tutto ciò ha cambiato le nostre relazioni, che sono il cuore della vita», rilancia il ragionamento Rosy Russo. «Il digitale ha cambiato le regole della comunicazione, ma nessuno l’ha spiegato – ricorda la presidente di Parole O_Stili –. Come stare in relazione di fronte a questo scenario totalmente mutato? Tante persone e, tra queste, ci metto il professor Addeo, non hanno ancora capito che i social non sono soltanto uno strumento di comunicazione, ma sono la cultura stessa che abitiamo. Siamo immersi nel digitale e abbiamo bisogno di educazione e di cultura per abitare questo spazio con consapevolezza e responsabilità».
E con una dose indispensabile della vecchia e cara «buona educazione» che, invece, è proprio quello che manca in tante occasioni di incontro e di scambio, che diventano ben presto motivo di scontro e di contrasto.
E con una dose indispensabile della vecchia e cara «buona educazione» che, invece, è proprio quello che manca in tante occasioni di incontro e di scambio, che diventano ben presto motivo di scontro e di contrasto.
«Stiamo scrivendo una nuova epoca e lo stiamo facendo insieme», riprende Rosy Russo. Che rilancia la «grande responsabilità» degli adulti. «Purtroppo non siamo più dei modelli per i giovani», è l’amara conclusione. Confermata dall’agghiacciante messaggio postato dal professor Addeo. Che anche ieri ha tentato una problematica marcia indietro, denunciando anche di essere stato egli stesso, in questi giorni, oggetto di minacce sia reali che via social. Così ieri ha preso carta e penna e ha scritto un’accorata lettera alla presidente Meloni, chiedendole di poterla incontrare.
«Le chiedo, se possibile, di potermi incontrare per poterglielo dire guardandola negli occhi», è il passaggio centrale della lettera firmata dal professore. «Non c’è giustificazione possibile per le parole scritte. Mi assumo ogni responsabilità – scrive Addeo – anche se confesso che mai nelle mie intenzioni vi era l’idea di augurare la morte a una bambina. È stata una frase infelice, inadeguata, inaccettabile, che non mi rappresenta né come uomo né come educatore».
Nel testo, Addeo parla della sua situazione personale, del rapporto con la madre anziana e della sofferenza per quanto accaduto: «So bene che nulla può cancellare il male fatto con quelle parole. Solo la verità, il pentimento e il rispetto possono servire, ora». Il docente si rivolge direttamente alla premier chiedendo perdono per il gesto «che ha ferito lei e la sua famiglia, e in particolare sua figlia, che mai avrebbe dovuto essere tirata in ballo in alcun modo».
Un primo squarcio di consapevolezza e umanità nel velo di orrore, odio e cattiveria che fa da sfondo a questa bruttissima storia.
Un primo squarcio di consapevolezza e umanità nel velo di orrore, odio e cattiveria che fa da sfondo a questa bruttissima storia.
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