Dal reparto di oncologia al campo: Edo, Giorgia e i gol che danno vita
Andrea Ferrari, oncologo e ideatore del torneo (organizzato con Istituto dei Tumori, Csi, Inter e Bper): «Con il calcio i pazienti si riprendono la normalità che gli è stata strappata via»

«Una protesi in mezzo allo spogliatoio vuoto… questa è la foto più bella che conservo di questo decennio ormai della nostra Winners Cup». È uno dei tanti bei ricordi che il professor Andrea Ferrari, oncologo pediatra custodisce nel cassetto del suo studio all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano da dove, con il supporto fondamentale del Csi Milano e dell’Internazionale Fc (tra i vari sponsor Bper Banca) ,dieci anni fa è partita l’idea assolutamente unica: «Un torneo di calcio per sensibilizzare media e istituzioni sulle difficoltà di affrontare la malattia in una fase cruciale della crescita». Oggi il prof. Ferrari lascia la scrivania: via il camice si entra in campo, «per la prima volta», con la squadra dei medici e psicologi, L’impronunciabile, ma sanitariamente efficacissimo team del Gruppo Aieop-Aiom, dove AIEOP sta per Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica e AIOM per Associazione Italiana Oncologia Medica, oncologi pediatri e oncologi adulti insieme per i loro giovani pazienti. La Winners Cup, giunta alla sesta edizione è molto più di un semplice torneo di calcio a 7, questa è una Champions valoriale che mette in gioco i sentimenti profondi, come certi lanci del regista in campo, e delle emozioni forti in cui il pallone diventa la sfera di cuoio della speranza. E i protagonisti, sono tutti adolescenti e giovani in cura oncologica. Circa 250 ragazzi in età tra i 15-21 anni, che vanno a comporre le 16 squadre in gara. Formazioni provenienti da quasi tutte le regioni italiane («tra queste, alla faccia dei campanilismi spicca quella della fusione Pisa-Firenze»), più 4 compagini straniere che arrivano dalla Germania, Grecia, Olanda e Spagna. Tutte le sfide della tre giorni della Winners Cup in pieno spirito di resistenza esistenziale si terranno allo stadio Sandro Pertini di Cornaredo.
Una festa dello sport che grazie al calcio diventa un autentico meeting dell’amicizia. «Questi ragazzi – spiega il prof. Ferrari - sono uniti dalle cicatrici che portano sulla loro pelle per via degli interventi chirurgici subiti, ma soprattutto si riconoscono per la luce dei loro occhi che brillano di quella voglia di vivere che colpisce tutti noi che li osserviamo dalla corsia dell’ospedale fino al campo di pallone». Sono i veri campioni che ci passano a fianco nella vita di tutti i giorni, quelli che giocano e si allenano nella speciale “cantera” della Winners Cup. «Il calcio per questi ragazzi diventa un momento focale di riappropriazione della normalità che gli è stata strappata via, a volte come un arto a cui è stata messa la protesi per continuare a camminare e a giocare. Riappropriarsi a pieno della propria vita è quello che chiede un 18enne a cui hanno diagnosticato un sarcoma e questo prima di essere considerato un malato oncologico vuole sentirsi chiamare per nome, lui prima di tutto è Luigi o Paolo o Edo, che frequenta la quinta liceo e ama il calcio, poi è anche il paziente che si sta curando per guarire».
Il calcio cura le ferite, specie quelle dell’anima di questi ragazzi che per prendere parte alla competizione devono rispondere a due requisiti essenziali: essere attualmente in terapia oncologica o aver terminato il ciclo di cure da non più di due anni. «Questi paletti li abbiamo introdotti affinché sia un torneo equilibrato con rose di giocatori in cui devono figurare almeno 5 calciatrici, delle quali 2 devono scendere in campo. Abbiamo abbassato il tasso agonistico per privilegiare l’aspetto inclusivo e solidale che è quello che ci hanno insegnato alla prima edizione i ragazzi della squadra francese. Quei ragazzi si presentarono in campo con protesi vistose, stampelle e collarini. Persero tutte le partite 10-0, ma sono diventati il simbolo per chi anche nelle peggiori condizioni fisiche non rinuncia mai al gioco e soprattutto allo stare insieme e confrontarsi con gli altri. Del resto non conta chi vince il torneo, per tutti loro è una vittoria essere lì, in campo ora e qui». Giorgia, 20 anni, è la testimonial del torneo e festeggia già la sua seconda partecipazione alla Winners Cup: «Siamo tutti vincenti noi che condividiamo questo percorso in cui, nonostante la malattia, non abbiamo mai perso la voglia di sorridere e di giocare la nostra partita per la vita».
Quest’anno non sarà della partita la formazione francese e a sostituirla è proprio la squadra dei medici e psicologi capitanata dal prof. Ferrari che ci tiene a sottolineare l’importanza dell’ormai storico “Progetto Giovani” dell’Istituto dei Tumori di Milano, modello di approccio alla cura, da cui sono partite le diverse iniziative nazionali . «L’adolescente è un paziente particolare che si trova a vivere l’esperienza oncologica in quella che chiamiamo “terra di mezzo”, non sono dei bambini e neppure degli adulti e questo per l’assenza di protocolli specifici poi lo pagano proprio in termini di cure ad hoc. Un dato in aumento è quello dell’insorgenza precoce di certi tumori come quello al colon o alla mammella nel caso delle ragazze, che vengono diagnosticati già prima dei 30 anni e su questo ci sono studi che correlano questo dato allarmante agli stili di vita. Inoltre oltre agli aspetti clinici, che sono fondamentali, noi dobbiamo tenere conto anche della necessità di pensare continuamente a nuovi progetti che abbiano un impatto psicologico positivo per chi deve affrontare la malattia».
Massima cura per i ragazzi ma anche per le loro famiglie. «La bellezza della Winners Cup è essere riuscita a creare ponti e relazioni importanti per cui in questi dieci anni effettivi di attività, da Trieste a Bari, sono nati tanti progetti simili. Oggi questi progetti si occupano non solo di curare il cancro ma anche tutto ciò che ruota intorno al futuro dei ragazzi, con particolare attenzione a quelle famiglie che per venire a curare i propri figli a Milano devono stare mesi lontani da casa, lasciare il lavoro e affrontare spese economiche spesso insostenibili, per cui c’è bisogno di un grande supporto da parte di tutti». Fischio d’inizio, e stasera la finalissima con la premiazione della formazione vincitrice che poi il 23 ottobre con una rappresentanza della squadra allargata della Winners Cup verrà ricevuta dal Coni a Roma. «Tutto questo ci inorgoglisce – conclude il prof. Ferrari - ma il nostro gol più bello, è vedere che in questi le cose stanno cambiando e in meglio. Il messaggio, uniti facendo squadra si è più forti, è arrivato».
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