«Da Goebbels a Powell, le fake news sono un pretesto per fare la guerra»

Il giurista Greppi: ha ragione il Papa, la manipolazione delle coscienze è in agguato. Il bombardamento di Dresda e la provetta sull'Iraq sono casi nella storia. Ora il diritto protegga i più debo
June 26, 2025
«Da Goebbels a Powell, le fake news sono un pretesto per fare la guerra»
Ansa | Un ragazzo a Gaza si aggira tra le macerie
Nell’era dell’uomo solo al comando, le regole non contano più. Contano solo le eccezioni, che negli ultimi anni si sono moltiplicate. L’operazione militare speciale della Russia in Ucraina e la guerra dei dodici giorni di Israele contro l’Iran sono solo gli ultimi fronti aperti nel disordine giuridico globale. «Ma non è in crisi il diritto internazionale, è la politica che è cambiata», ripete da tempo Edoardo Greppi, professore emerito di Diritto internazionale all’Università di Torino. «Le regole devono tutelare il più debole, perché il più forte come si è visto platealmente in questo 2025 ha mezzi e capacità per fare a meno del diritto», osserva Greppi.
Il Papa ha evocato la «legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi».
Ha ragione. È cambiato il paradigma. L’archetipo è stato Vladimir Putin, come racconta nel suo libro, “The age of the strong man” Gideon Rachman. Poi sono venuti Xi Jinping, Erdogan, Modi, infine Donald Trump. La novità è che potevamo in qualche modo aspettarci delle violazioni ai trattati internazionali da parte delle cosiddette autocrazie, non però dai leader delle democrazie occidentali. Può davvero il presidente degli Stati Uniti decidere un intervento armato come quello in Iran, praticamente da solo, senza neppure interpellare il Congresso americano? La realtà è che sono saltati anche i contrappesi che bilanciavano i sistemi politici.
Non è la prima volta, però, che questo accade. A 80 anni esatti dalla nascita della Carta delle Nazioni Unite, sono state molte di più le volte in cui il divieto all’uso della forza è stato tradito. Perché?
Le eccezioni vanno controllate, l’uso della forza codificato. Se risaliamo agli accordi del 26 giugno 1945, ritroviamo un’architettura fondata sul multilateralismo istituzionalizzato, in cui eventuali interventi andavano decisi in un contesto plurale: il Consiglio di sicurezza dell’Onu poteva decidere o autorizzare l’utilizzo della forza, partendo da quel pilastro portante rappresentato dall’articolo 2, paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite approvato alla fine della Conferenza di San Francisco. In esso si sanciva appunto il divieto dell’uso della forza, fatto salvo il principio di legittima difesa. Il problema è che oggi il Consiglio di sicurezza è un soggetto non pervenuto, non tocca palla. Il nodo è sempre quello dei cinque membri permanenti, gli Stati con diritto di veto: la Russia può utilizzarlo sul caso ucraino, gli Stati Uniti per tutto quel che concerne Israele. E così dei due conflitti più grossi, in sede multilaterale, nessuno parla.
Leone XIV ha anche invitato a verificare con profondità le cause dei conflitti, ricordando che a causa della propaganda e delle “fake news” usate per giustificare i conflitti, molti innocenti sono morti.
È un atto d’accusa che riconosce come la verità sia la prima vittima della guerra. Le fake news sono storicamente in agguato quando si confrontano gli eserciti ed è sempre più difficile controllare la veridicità e la fonte delle notizie. Già Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista, riuscì a ingannare tutti sul numero delle vittime del bombardamento di Dresda. Figurarsi cosa è accaduto poi, basta ricordare Colin Powell quando esibì la fialetta di antrace alle Nazioni Unite per spiegare il pericolo rappresentato dall’Iraq di Saddam Hussein. La domanda da porci semmai è questa: chi determina oggi, nel caos veicolato dai social network, se una notizia fatta girare dai governi non sia invece una notizia inventata? Pensi alla tragedia di Gaza, su cui si è espresso alla perfezione anche il presidente Mattarella… se i giornalisti non sono ammessi a documentare quel che succede nella Striscia, come si fa a stabilire quali sono i fatti realmente accaduti? In molti casi, le fonti del conflitto sono le persone stesse che riescono a uscire dai teatri di guerra e a raccontare quel che hanno visto. Ma sono pur sempre fonti indirette. Come ha detto Papa Prevost, la manipolazione delle coscienze è sempre in agguato ed occorre vigilare.
Cosa la preoccupa di più, dal punto di vista dell’evoluzione dei conflitti, in questo momento?
Il ritorno della guerra di conquista territoriale. Il 24 febbraio 2022, con l’avvio delle operazioni militari sul campo da parte del Cremlino in Ucraina, ha rappresentato uno spartiacque. Uno Stato ha attaccato il suo vicino. È successo, potrà risuccedere. Chi sarà la prossima vittima? Taiwan con la Cina? Nessuna remora morale sembra tenere più. Anche i tentativi dei governi di giustificare gli interventi appaiono sempre più flebili. Non si cerca più di spiegare perché si adoperano le armi contro un altro Paese. Il concetto stesso di legittima difesa preventiva è labile: la prassi e la dottrina internazionalistica dicono che si può ipotizzare il ricorso alla legittima difesa quando l’attacco nemico è imminente. Vuole un esempio? Se si ammassano truppe al confine con uno Stato, chi è nel mirino potrebbe reagire invocando questo principio. Paradossalmente, avrebbe potuto invocarlo Kiev quando Mosca concentrò centinaia di migliaia di soldati al confine con l’Ucraina. Ma la storia ha preso una direzione diversa.

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