Chi è don Sergio Ciresi, il nuovo parroco a Brancaccio
Il vescovo Lorefice ha scelto il sacerdote, 55 anni, direttore della Caritas diocesana. «Avverto la responsabilità» dice il successore del beato don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel '93

«Mi affido al Signore e al Beato Pino Puglisi, loro mi guideranno». Il sorriso di don Sergio Ciresi, cinquantacinque anni, direttore della Caritas diocesana di Palermo è noto da sempre per il suo miscuglio di dolcezza e tenacia. Anche tutte le sue parole raccontano la forza incrollabile della mitezza, unita alla fede. Il compito che lo aspetta non è semplice, ma ha il rilievo di un’altra splendida missione: don Sergio, in un contesto di nomine decise dall’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, è il nuovo parroco di San Gaetano a Brancaccio, la chiesa e il quartiere di don Pino Puglisi, martire assassinato dalla mafia.
Il precedente parroco, l’amatissimo don Maurizio Francoforte, è spirato a sessantadue anni, dopo la lotta contro una malattia, nella scorsa notte di Natale. Il rimpianto è già accoglienza. «Siamo pieni di gioia per questa nomina – dice Valentina Casella, volontaria tra le più attive, direttrice del Centro Diocesano “Padre Pino Puglisi Martire ucciso dalla mafia” – e tutta la comunità è colma di speranza. La nomina di don Sergio è una scelta guidata dallo Spirito Santo. Lui è sempre stato un pastore attento agli ultimi, ai diseredati, agli umili e lo ha dimostrato da responsabile della Caritas». Un incarico che sarà mantenuto.
«Auguri vivissimi per la nuova missione pastorale – si legge nella pagina Facebook della Caritas – al nostro direttore don Sergio Ciresi, nominato parroco presso la comunità di S. Gaetano – Maria SS. del Divino Amore e S. Giuseppe Artigiano in Palermo a Brancaccio, che fu parrocchia del Beato Pino Puglisi. È un momento di grande gioia e un riconoscimento del suo prezioso servizio sinora svolto. Gli siamo vicini e gli auguriamo di portare nella nuova comunità la sua testimonianza piena del ministero sacerdotale».
«Amo le sfide – dice da parte sua don Ciresi – e ho totale fiducia nella volontà divina». Anche perché la storia del sacerdote è caratterizzata da un intarsio di concatenazioni che non fanno pensare alla casualità. «Sono al nono anno di sacerdozio – racconta l’interessato – e ho vissuto le esperienze di un giovane come tanti, anche legato al look, alle apparenze e alle feste. Da ragazzo sentivo che ero chiamato a servire il Signore, ma era un segnale ancora confuso. Vengo da una famiglia cattolica, però, in quegli anni, non ho mai sperimentato una vera vita parrocchiale. Poi, la mia chiamata è ricomparsa e si è manifestata in modo indiscutibile. Sono appagato nella mia collocazione, come un padre, una madre, uno sposo. Non vorrei altro».
Il giovane Sergio era già a contatto con le fragilità, in un periodo insospettabile. «Ho lavorato – ricorda – presso l’ufficio di servizio sociale del Tribunale dei minorenni. Non ero a contatto con le ragazze e i ragazzi, non avevo una competenza professionale specifica. Si vede che quel mondo, però, era nel mio destino». Così don Sergio è arrivato fin qui e a settembre il direttore della Caritas si insedierà in un luogo che ha conosciuto un sorriso indimenticabile, consacrato dalla storia e dalla cronaca.
«Certamente – dice – avverto la responsabilità. Don Pino ha lasciato a tutti, anche a noi sacerdoti, una incommensurabile eredità. Io sento la sua presenza, è sempre accaduto. Nelle invocazioni dei santi, durante la celebrazione, mi rivolgo immancabilmente a lui e a Santa Rosalia (la patrona di Palermo, ndr). Quando fu assassinato, io ero lontano dal mondo ecclesiale. Ricordo quei fatti come un evento civile tragico e importantissimo. Nella mia formazione da sacerdote, mi sono affezionato a don Pino. Sarà come ritrovarlo, anche se, in un certo senso, siamo continuamente stati in contatto».
Oggi Brancaccio è ancora una storia in divenire, l’epicentro dell’abbandono e della speranza, l’incrocio di molte vicende. Il suo respiro quotidiano mostra piaghe da curare e domande che attendono una risposta. «Il vero dramma, sia nel quartiere che nell’intera città – spiega il nuovo parroco – è la povertà educativa dei più giovani. Dobbiamo camminare con loro, stargli accanto, ascoltarli e prenderci cura. Hanno bisogno di essere ascoltati e rassicurati, specialmente oggi».
«Ho ascoltato le parole di Papa Leone, per il Giubileo dei Giovani – conclude don Sergio – con l’invito ad aspirare a cose grandi. E porto con me le parole del Beato Puglisi: “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”. È una consacrazione dell’impegno collettivo in cui io credo. Ho avuto la fortuna di incontrare persone motivate dall’entusiasmo, collaboratori animati dallo spirito del servizio. E so che anche questa volta andrà così».
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