giovedì 19 aprile 2018
Parlano i superstiti a uno degli attacchi aerei sui civili con gli ordigni fabbricati in Sardegna. Le testimonianze raccolte dalla ong yemenita Mwatana ora a disposizione degli inquirenti italiani
«Così hanno bombardato di notte la famiglia di mio cugino Husni»
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Sono le 3 di notte dell’8 ottobre 2016. Nel villaggio di Deir Al-Hajari, nel governatorato di Al Hudaydah, incombe un silenzio totale. È una delle aree più povere dello Yemen nord-occidentale, abitata da contadini e pescatori. In quel quadrilatero di case vive Husni Ali Ahmed Jaber Al-Ahdal, sua moglie Qaboul Mohammed Hussain Mahdi, incinta al quinto mese, e i loro quattro bambini: le femmine Taqia, Fatima, Sarah e il piccolo Mohanned. Nelle altre tre abitazioni i loro parenti. Improvvisa e devastante, un’esplosione disintegra la modesta casa uccidendo i suoi sei abitanti.


È una delle tante stragi di civili yemeniti, che stavolta ci arriva grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, raccolte dalla ong yemenita Mwatana e ora a disposizione degli inquirenti italiani. «Mi sono svegliata alle 3 con i suoni dei bombardamenti – racconta una donna di 25 anni – e siamo corsi fuori di casa. Abbiamo sentito il secondo colpo della bomba. Il fuoco era così vicino che ci stava bruciando. Dopo quasi due minuti il terzo ordigno ha raggiunto casa di mio fratello. Il quarto casa nostra. Non posso credere che mio cugino e la sua famiglia siano morti. I loro resti erano sparsi in giro. Avremmo potuto essere noi». Quattro bombe guidate che disintegrano, una dopo l’altra, quattro abitazioni civili.


«Dormivo – racconta un altro testimone di 65 anni – e mi sono svegliato per il bombardamento. Non riuscivo a vedere nulla a causa della polvere e del buio. Le ragazze mi hanno trascinato fuori. Avevamo appena iniziato a correre quando è avvenuto il secondo bombardamento». «Mi ha svegliato quando la bomba ha raggiunto la casa di Husni – testimonia una 18 enne – e ho scoperto di essere stata colpita alla testa dall’alto. Sono scappata con il sangue che copriva tutto il mio viso».

Sul luogo dell’attacco sono stati poi trovati resti di bombe MK80, dotate di sistemi di guida, e un anello di sospensione, componente necessaria per caricare la bomba su un aereo. Il codice visibile – rivelano le ong che hanno presentato la denuncia – indica che è stato fabbricato da Rwm Italia S.p.A.: «Non esistono elementi per ritenere che i civili siano da considerare come “danni collaterali” di un attacco ad un obiettivo militare, in quanto sono state usate bombe guidate. Il posto di blocco, unico possibile obiettivo militare, si trovava a più di 300 metri di distanza e non è stato bombardato in tale occasione. E da allora non è mai stato attaccato».

Bombardamenti di questo tipo, sostengono le ong, senza alcuna ragione militare evidente, si verificano di frequente in Yemen: «Attacchi intenzionalmente diretti contro la popolazione civile in quanto tale costituiscono crimini di guerra. Gli esecutori materiali – i politici della coalizione e i militari – non sono forse perseguibili in questo momento. Tuttavia i loro fornitori – imprese e funzionari italiani – possono essere indagati e giudicati».

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