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Ma la mania del multiculturalismo finisce per offuscare i classici

Alfonso Berardinelli sabato 17 gennaio 2009
Il canone occidentale di Harold Bloom, il libro di critica letteraria internazionalmente più noto degli ultimi decenni, ricompare ora in edizione Bur con un' introduzione di Andrea Cortellessa. Pur essendo stata scritta per ragioni polemiche, questa di Bloom è anche un'opera "epica". Si parte da Dante e Shakespeare, colonne portanti del canone, e si arriva a Freud, Proust, Kafka, Borges e Beckett: il critico newyorkese vuole ricordare anzitutto ai suoi colleghi e agli studenti dov'è l'essenziale della nostra tradizione letteraria, quali autori e libri dobbiamo continuare a leggere per la loro grandezza e per non precipitare nella barbarie di un futuro senza volto. Credo che questo tipo di critica epico-retrospettiva sia un fenomeno caratteristico della seconda metà del Novecento. Il canone occidentale di Bloom è l'ultimo episodio di una vicenda iniziata nel 1946 con Mimesis, il capolavoro di Auerbach, che ricostruiva la storia degli stili realistici da Omero a Virginia Woolf.
All'origine di queste panoramiche c'è un'ansia storicamente legittima per la perdita del passato. Auerbach scrisse Mimesis a Istanbul, in fuga dalla Germania nazista, durante la seconda guerra mondiale. Le sue ansie per l'autodistruzione dell'Europa erano comprensibili. Le preoccupazioni di Bloom nascono invece dalla degradazione dell'insegnamento, cioè dall'interno della cultura e dell'università. Nelle ultime pagine del suo libro l'autore dice di sentirsi circondato da "cloni" di teorie francesi e tedesche, soffocato dall'influenza di Lacan, Foucault e Derrida sugli studi letterari e da uno sfrenato multiculturalismo. In un modo o nell'altro viene cancellato il valore dei grandi classici e gli stessi accademici sono diventati indifferenti alla qualità dei testi che leggono. Così la vera lettura e la lettura dei classici è sempre più un'attività solitaria. Mentre la vera critica (aggiungerei) è vista come una sgradevole intrusione, che disturba il commercio dei libri e il narcisismo degli scrittori.