Opinioni

Il direttore risponde. Le «lezioni» tv di Paola P. Occhi sbarrati, e da aprire

venerdì 24 settembre 2010
Caro direttore,ho acceso la televisione per caso, mercoledì 22 settembre alle 15. Non è mia abitudine, ma devo amaramente dire che in quell’occasione ho fatto bene. Il programma trasmesso in quel momento su RaiUno credo fosse "Se... a casa di Paola" (ho ricavato il titolo da Televideo), la giornalista-conduttrice (?) di cui non ricordo il nome e che non conosco stava intervistando la signora Sandra Milo (un’intervista assurda, una delle tante che continuamente vengono offerte dai media di oggi incapaci di qualsiasi elevatezza e professionalità responsabile). Ecco però la domanda truffaldina e mistificante, riferita al fatto che tanti anni fa la signora Milo avrebbe aiutato a morire sua mamma, forse un atto di eutanasia. Non voglio giudicare Sandra Milo, ma mi ribello a come la conduttrice ha fatto la domanda: riferendosi a quell’atto lo ha definito: «Estremo atto di amore» e, di seguito, ha anche continuato parlando di «aiutarla ad andare via...». Ecco come si vuol far passare l’eutanasia, mistificando, usando parole improprie si inculcano nella mente della gente attraverso la tv pubblica concetti e stili di vita che da delittuosi e inaccettabili diventano incredibilmente «atti di amore, compassione». Sono un infermiere che conosce la vita, la malattia e la morte. E sono un cittadino che paga il canone. Mi chiedo se faccio bene a continuare a pagarlo...

Massimo Sandrolini, Crespellano (Bo)

Vorrei dirle che sono sbalordito quanto lei, caro signor Sandrolini. Ma purtroppo non è così: Paola Perego – è lei che conduce il programma in questione – continua a inanellare "perle" di questo tipo e la tv che le viene concesso di fare è – a mio giudizio – uno dei motivi per i quali il piccolo schermo sta diventando lo specchio deformato del Paese. Non sono sbalordito, dunque, ma – condividendo i suoi sentimenti, gentile lettore – sono deluso, offeso e anche un po’ arrabbiato. Da cittadino e da telespettatore mi aspetto, infatti, che gli spazi del servizio pubblico radiotelevisivo vengano usati sempre con intelligenza, rispetto e senso della realtà e della misura. Mi attendo, insomma, che ai propagandisti di sé e delle proprie personalissime opinioni non sia permesso di dilagare a piacimento. Soprattutto quando non hanno alcun titolo per pontificare con insostenibile leggerezza su questioni delicatissime, ma sfruttano ogni occasione per entrare – senza chiedere neanche permesso – nelle case, nelle riflessioni e nei problemi degli italiani. Se gli spettatori continuano a sbarrare gli occhi davanti a quelle che lei giustamente definisce «mistificazioni», spero che chi di dovere apra finalmente i suoi.