Opinioni

Stelle(tte) e Strisce. La militarizzazione della Casa Bianca

Fulvio Scaglione mercoledì 14 marzo 2018

Una cosa è certa: alla Casa Bianca di Donald Trump non ci si annoia mai. La vittima illustre di ieri è Rex Tillerson, il segretario di Stato, arrivato a dirigere la politica estera Usa dopo averne influenzato per tanti anni quella energetica nel ruolo di presidente e amministratore delegato del gigante petrolifero ExxonMobil. Trump lo ha licenziato alla sua maniera, con un tweet e rivendicando la decisione. Ma la percentuale quotidiana di colpi di scena forse non era colma, perché dalla Casa Bianca è dovuto andarsene anche John McEntee, assistente personale del Presidente.

Molto meno illustre ma anche molto meno vittima, perché ha trovato subito un nuovo incarico nel cuore del potere: consulente per la campagna elettorale del 2020, quella con cui Trump punta alla rielezione.
Le due uscite, pur tanto diverse, dimostrano che molto bolle in pentola. E che tra i diversi "bollori" potrebbero esserci relazioni inaspettate. Partiamo da Tillerson, che da tempo ormai era in freddo con Trump, tanto da essere ridotto a un ruolo da comprimario in questioni importanti come il confronto con la Corea del Nord o il braccio di ferro commerciale con la Ue e la Cina. Il suo allontanamento non sorprende, dunque. Ma va letto alla luce del nome scelto per sostituirlo, ovvero quel Michael "Mike" Pompeo che Trump aveva scelto per guidare la Cia già nei primissimi giorni dopo l’elezione e che in questo anno e mezzo non è mai stato sfiorato dagli umori turbolenti del Presidente.

L’arrivo di Pompeo alla guida della politica estera completa il manipolo di uomini espressi dal complesso militar-industriale per influenzare in misura decisiva le decisioni della Casa Bianca. Non è una novità, già nel 1961 il presidente Eisenhower, nel suo discorso d’addio, metteva in guardia gli americani dal pericolo di consegnarsi agli uomini in divisa e ai costruttori di armamenti. Lui, che aveva diretto gli eserciti alleati impegnati con Hitler. In seguito, altri soldati sono poi arrivati ad alte cariche: Alexander Haig (segretario di Stato con Reagan), Brent Scowcroft (consigliere per la Sicurezza nazionale con Ford e Bush senior), Colin Powell (segretario di Stato con Bush junior).

Con Trump, però, quel manipolo ha di fatto conquistato la presidenza. John Kelly è il capo dello staff, James Mattis è il ministro della Difesa, Joseph Dunford presiede gli Stati maggiori riuniti e Herbert Raymond McMaster è il consigliere per la Sicurezza nazionale. I primi tre sono ex generali dei marine e il quarto un ex generale dell’esercito. A loro si aggiunge ora Pompeo che, oltre a essere un diplomato dell’accademia militare di West Point e un ex ufficiale della cavalleria meccanizzata, è stato un industriale del settore aereo-spaziale prima di diventare un "falco" della destra repubblicana. Da politico, Pompeo ha difeso il Patriot Act che consente di intercettare le comunicazioni tra cittadini americani, ha criticato l’accordo sul nucleare iraniano, si è opposto alla chiusura di Guantanamo, ha definito "patrioti" gli agenti della Cia accusati di praticare la tortura sui prigionieri, agenti tra i quali c’era anche Gina Haspel che ora prende il suo posto, prima donna ad arrivare al vertice della Cia.

Insomma: la Casa Bianca è stata militarizzata. Stelle(tte) e Strisce. E man mano che l’occupazione manu militari (appunto) del potere esecutivo progrediva, sempre più aggressiva si faceva la politica estera degli Usa. La disdetta dell’accordo del 2015 con l’Iran, le minacce alla Corea del Nord, la questione Gerusalemme, l’impegno militare in Siria, i dazi sulle importazioni dalla Ue (con il ricatto seguente: potremmo toglierli se spenderete di più per la Nato…), il confronto con la Cina in Asia. E viene da chiedersi se anche le rinnovate polemiche che partono dal Regno Unito sulla questione delle spie avvelenate non sia il preludio a una nuova e ben coordinata offensiva contro la Russia.

Se domani Londra e Washington, tradizionalmente alleate, proclamassero il boicottaggio del Mondiale russo di calcio, che cosa farebbero i Paesi europei? Alla nostra superficialità è parso comodo mettere tutto sul conto dell’irrazionalità e dell’impulsività di Trump. Ma l’atteggiamento Usa è molto muscolare e rischioso, ma non è irrazionale né impulsivo, e con esso dovremo fare i conti nel prossimo futuro.