Opinioni

Chiamata ai filosofi, con Erasmo. Il lamento della Pace

Paolo Santori sabato 12 novembre 2022

Oltre cinquecento anni fa un uomo diede voce alla Pace. Era Erasmo da Rotterdam, filosofo, umanista, cittadino dell’Europa e del mondo intero. Nel 1517 scriveva la Querela Pacis, il lamento della Pace, dove è la Pace, in prima persona, a rivolgersi al lettore («se io sono quella Pace…»). A tutti noi, oggi, Erasmo lascia una lezione che va oltre il contenuto specifico del testo: la Pace ha sempre bisogno di chi le dia voce. Per noi è difficile immaginare il peso sulle spalle, pur intellettualmente molto larghe, di Erasmo nel dare voce alla Pace, una responsabilità enorme, ma possiamo capire l’urgenza derivante da un mondo devastato da discordie e guerre (quel “lamento” anticipava profeticamente le guerre di religione che avrebbero sconvolto l’Europa nei secoli a venire). È la stessa urgenza che abbiamo oggi in Europa (perché dal mondo, ahinoi, questa urgenza non è mai scomparsa).

In tanti oggi parlano di Pace, ma nessuno riesce a darle voce. La politica e il dibattito pubblico sono divisi sul tipo di pace possibile: alcuni parlano di pace come fatica senza esitazioni, altri di pace giusta. Si scende in piazza di conseguenza. E alla grande manifestazione di Roma se ne contrappone un’altra a Milano per legittimare la pace quasi come un Giano bifronte. Persino papa Francesco, di fatto l’unico leader mondiale che oggi osa parlare per la Pace, stenta da solo a darle appieno voce. Erasmo ci insegna che dare voce alla Pace è compito della filosofia.

Già, nonostante qualche pur ragguardevole eccezione, bisogna chiedersi dove sono finite le filosofe e i filosofi? Perché chi oggi studia e insegna filosofia non dedica le migliori energie a fornire categorie nuove e migliori per pensare la Pace? C’è un tema filosofico più importante? C’è mai stato?

Norberto Bobbio, il grande pesatore venuto a mancare nel 2004, si era occupato a lungo di Pace – nel 2022 alcune sue riflessioni sono state ripubblicate con la prefazione di papa Francesco. Per Bobbio la pace può essere pensata soltanto a partire dal suo opposto, la guerra. Se si vuol dare voce alla Pace, in fondo, le armi devono tacere. È una tesi condivisibile, ma davvero pensiamo che la Pace non possa avere una propria voce? Fuor di metafora, siamo in grado di offrire una definizione, un modello, un’esperienza che rappresenti ciò che intendiamo per Pace? La via per delegittimare ogni guerra possibile nel presente e nel futuro è quella di far sì che la Pace abbia la sua propria voce. La filosofia dovrebbe occuparsi di questo oggi, alla guerra e alla diplomazia ci stanno già pensando altri. Sarebbe importante avere una risposta, essere in grado di dar voce alla Pace, separare la sua voce dal rumore della guerra, ma è difficile avere le “spalle intellettuali” di Erasmo. Ecco, allora, un appello alle grandi pensatrici e ai grandi pensatori di oggi, fatevi sentire! Se lo state già facendo, fatelo più forte. Non conta il volume della voce in tv, né il numero dei follower sui social networks, tantomeno la grandezza del titolo e del nome su un grande giornale: sono la profondità e il rigore intellettuale che daranno misura della voce spesa.

Ma la Pace, anche in filosofia, non è solo una cosa da grandi. Nel piccolo si può fare molto. All’Università di Tilburg, a chi scrive insegna è stato affidato il corso di Filosofia Politica. È il primo corso che i ragazzi della triennale e della magistrale seguono nel loro percorso di studi. Accanto ai temi classici come sovranità, forme di governo, giustizia, legittimità, contratti sociali e stati di natura, quest’anno è stato aggiunto il tema ‘pace’. Nei giorni scorsi è stato letto e commentato Erasmo, e poi Christine de Pizan e, quindi, Montesquieu. Ci si è domandati se la Pace sia un bene in sé o per le sue conseguenze, se c’è somiglianza tra la Pace interiore di una persona e quella di un popolo, se i commerci (e che tipo di commerci) favoriscano o ostacolino la Pace.

Ha anche colpito e lasciato il segno il titolo di un’altra opera di Erasmo, pubblicata qualche anno prima (1515): Dulce bellum inexpertis (dolce è la guerra per chi non l’ha mai vissuta). Tramite il dialogo si è provato a dare una tenue voce alla Pace, a pensarsi compagni e compagne di Erasmo nel cammino per dar voce a chi non ce l’ha. E l’esercizio su cui si è ragionato è stato questo: “Immagina di essere una famosa filosofa politica in Europa. Date le circostanze, hai deciso di replicare la scelta di Erasmo, vuoi dare voce alla Pace. Cosa le faresti dire? Parlerebbe solo a nome degli esseri umani, o di tutto il pianeta (animali e piante inclusi) e delle generazioni future?”

La risposta che si articola e sale alle labbra è che il lamento della Pace oggi è molto simile al grido della terra e dei poveri di cui scrive Papa Francesco nella Laudato si’. Ma qual è la risposta degli uomini e delle donne di pensiero?