Opinioni

Morte di un medico. Guarire con l'amore (le parole contano)

Ferdinando Camon sabato 20 febbraio 2021

Era un grande oncologo, si occupava di tumori nei bambini e nei ragazzi, era amatissimo dai piccoli pazienti e dai loro genitori, e ora che è morto si capisce perché: perché li curava e li guariva con l’amore. Si chiamava Giuseppe Basso, e lavorava qui nella mia città, Padova. I funerali ci saranno oggi, ma i ricordi saltano fuori da giorni sui giornali di qui. Ne ho letto uno in particolare che m’ha spiegato molte cose.

C’è una ragazza, curata e guarita da lui, che per via della malattia che la rendeva calva si sentiva bruttissima, ma lui l’ammirò subito elogiandone la bellezza. Aveva 17 anni e per il tumore al seno aveva perso tutti i capelli. I capelli sono importantissimi per le donne, più di quanto noi uomini possiamo immaginare. All’entrata in caserma noi uomini ci rapano, ci rapavano, ed era una specie di grottesca festa. Vedevamo emergere il nostro cranio ossuto e bitorzoluto e ci sembrava fatto apposta per la lotta greco-romana. Sederci a tavola, tutti pelati, era una goduria. Le donne all’entrata in lager le rapavano ed era l’estrema umiliazione: si sentivano de-femminilizzate, e cioè de-umanizzate. Bene, questo illustre oncologo, primario, vede questa ragazzina senza capelli ed esclama: «Sei bellissima!». Lei, naturalmente, resta incredula e senza fiato, ma lui continua: 'E dopo la guarigione sarai ancora più bella'. È chiaro che lei, deturpata dalla malattia, si slancia verso la bellezza che le vien prospettata, e corre con tutto il fiato che ha nei polmoni. È guarita. Oggi saluta dai giornali il suo guaritore, rendendosi ben conto che è guarita anche per quelle sue parole. Con altre parole non ce l’avrebbe fatta, e dice che oggi non sarebbe qui. Dunque, la prima medicina è l’amore.

La medicina è un’arte che si esercita con la psicologia, senza psicologia è inutile. Non ho studiato Medicina, ma certamente a Medicina esisterà qualche materia che si chiama Psicologia del Paziente. Ho un amico scrittore che ha una moglie che non è brutta, nessuna donna è brutta, nessuna creatura umana è brutta, ma diciamo che è così così, questa donna comunque si credeva brutta e se n’è fatta una malattia. Lui la porta da uno psicanalista e introduce il caso sbrigativamente: «Mia moglie si crede brutta». Lo psicanalista le lancia una rapida occhiata ed esclama: «Ma è brutta!». Complimenti, Maestro, per la sua acutezza. Lei è un guaritore nato. Continui così. C’è in Maupassant un periodino breve breve, quattro righe, illuminante. Sta nel romanzo 'Forte come la morte'. Un pittore s’innamora di una signora incontrata per caso, e tutto fila liscio finché un giorno vede la figlia della signora, una ragazzina appena adolescente, che è identica a sua madre, ma ha vent’anni di meno. La vede e non pensa che a lei. La madre se ne fa una malattia e ha subito bisogno del medico. Appena il medico entra nella stanza capisce subito il dramma e chiede: «Come sta, la mia bella paziente?», e già la signora cominciò a sentirsi meglio. È l’amore, che guarisce. Apparentemente sono le medicine, ma l’amore aiuta.

In classe, i ragazzi si devono sentire importanti, se no non rendono niente. I ragazzi di Barbiana si sentivano importanti. La ragazza guarita dal tumore da questo oncologo padovano dice: «Non ce l’avrei fatta senza il suo aiuto, anzi senza la sua amicizia». Nell’amicizia c’è la spartizione del male, lo divido con te così si dimezza.