Opinioni

Dateci la preferenza o almeno le primarie. Chi ha paura dei cittadini?

Marco Tarquinio martedì 5 agosto 2014
Si parla di ripristinare il meccanismo della preferenza elettorale per selezionare i nostri parlamentari. E c’è qualche speranza che non si tratti solo di chiacchiere vane. Meno male. Da queste colonne chiediamo da molti anni che si restituisca ai cittadini tale fondamentale potere di scelta: o con la preferenza unica (oggi la si ipotizza potenzialmente doppia, se si indica una donna e un uomo) nel caso di elezioni per liste concorrenti o con le primarie di collegio nel caso di voto per collegi uninominali. E abbiamo preso a farlo con più insistenza da quando l’involuzione del sistema elettorale italiano ha enfatizzato i problemi del Paese, del governo e della relazione tra cittadini e politica.Poiché fortunatamente si riparla di preferenza, prontamente si ripolemizza. Contro l’idea di una preferenza espressa dai cittadini. All’insegna dell’argomento di sempre: quello strumento è una cosa molta pericolosa, abbassa la politica e la guasta, induce elettori e candidati a uno "scambio" indecente, i Paesi civili ne fanno a meno... Mi è capitato di definirlo l’«argomento del fiammifero». Tradotto dal politologhese il sillogismo si sviluppa più o meno così: esistono i piromani e fanno danni, i piromani usano abitualmente fiammiferi, dunque bisogna mettere al bando i fiammiferi e ogni altro mezzo utile per accendere il fuoco e appiccarlo ai boschi... Le preferenze, insomma, bruciano e comunque sono uno strumento diabolico (qualcuno l’ha addirittura scritto…), meglio mandare la gente a votare lasciando che siano altri a dire quali sono le facce "presentabili": decisione a scatola chiusa, anzi a lista bloccata. I cittadini hanno bisogno di "tutori"… Questa cultura del sospetto ha, in parte, anche ragioni: i lettori di "Avvenire" sanno bene quanti livelli di governo (non solo locale e non solo a Sud), negli ultimi due decenni, sono risultati purtroppo inquinati da oscuri patti di potere, da interessi mafiosi e da interessi personali. Sanno anche quale risposta è stata data: commissariamenti dall’alto, mobilitazioni civili dal basso. E sanno pure che non è affatto inevitabile che queste giuste reazioni siano sconfitte, che esse anzi valgono molto e nel tempo realizzano moltissimo, che aiutano concretamente a costruire una cittadinanza nuova e più consapevole. Lo sanno i nostri lettori e dovrebbero saperlo anche alcuni illustri e assai pessimisti opinionisti. Faccio un esempio per nulla casuale: a Casal di Principe, città che molti consideravano e considerano "persa", e che non pochi vorrebbero magari sotto l’esclusivo controllo di un "prefetto di ferro", oggi c’è un sindaco eletto a furor di onesti anti-camorra. Un sindaco che si chiama Renato Natale, che non è e non vuole essere un uomo solo al comando, e che ha accanto e dietro le spalle donne – come il vicesindaco Marisa Diana – e uomini – come il coordinatore del "Comitato Don Peppe Diana" Valerio Taglione – che hanno usato e indotto a usare bene l’arma del voto e della "preferenza" perché stanno usando bene, con coraggio e pulizia, la loro vita e sanno che nessun altro, senza di loro e senza i loro concittadini, potrà fare migliore la città dove abitano. Questo vale sempre e vale per tutti, in tutta Italia. E c’è di più. Viene da chiedersi perché mai quella cultura del sospetto sulla pratica più partecipativa della democrazia liberale, cioè la scelta diretta del proprio rappresentante, cessi di colpo nel caso del confezionamento delle liste bloccate. Perché mai proprio e solo esse sarebbero non condizionabili da poteri criminali o anche solo da poteri forti? Chi può davvero assicurare che i candidati schierati in una lista bloccata siano tutti "doc"? La loro relazione coi territori pura? Le procedure con cui sono stati scelti e i voti di cui sono catalizzatori non inquinati? Gli interessi di cui sono portatori limpidi e cristallini?Alcuni dati di fatto s’impongono, poi, alla valutazione generale. Nel 1992, ultime elezioni della Prima Repubblica, votò con preferenza unica - introdotta l’anno precedente da un referendum abrogativo della preferenza multipla sostenuto da una vastissima maggioranza di italiani - l’87,35% degli elettori del Bel Paese. Nel 2013, ultime elezioni – si spera – della cosiddetta Seconda Repubblica, celebrate col sistema delle liste bloccate (cioè, ripetiamolo, senza alcuna preferenza) è andato alle urne il 72,25%. Una caduta secca di quindici punti percentuali.Ancora: tutti i sondaggi di opinione confermano che negli ultimi vent’anni la distanza tra i palazzi del potere centrale e i cittadini è andata aumentando. Ed è innegabile che da vent’anni esatti, cioè dalle elezioni del marzo 1994, noi italiani non scegliamo più i nostri parlamentari. Questo perché ai tempi del Mattarellum – sistema prevalentemente maggioritario a turno unico con collegi uninominali utilizzato per eleggere il Parlamento nazionale dal 1994 al 2001 – non furono mai introdotte primarie di collegio obbligatorie e regolate dalla legge (per cui prevalse inesorabilmente la logica dei candidati "paracadutati", cioè decisi dall’alto). E perché, poi, nell’era del Porcellum – cioè nelle ultime tre elezioni generali: 2006, 2008 e 2013 – i candidati delle liste bloccate sono stati scelti e posti nell’ordine di presentazione, decisivo per la loro elezione, dai capipartito. Primarie (del centrosinistra, nel 2013) e "parlamentarie" (del M5S, nella stessa occasione) hanno un po’ corretto l’infausta situazione, ma non l’hanno cambiata e non hanno evitato polemiche e recriminazioni.I dati di fatto che pare proprio impossibile ignorare, non finiscono qui. In questi lunghi anni di assoluto dirigismo partitocratico nella selezione della classe dirigente politica nazionale (con criteri, non poche volte, da mero provino televisivo) qualcuno si sente di affermare che siano diminuiti i casi di vero o presunto "voto di scambio"? Qualcuno può dichiarare – smentendo Corte dei Conti e indagini in corso in tre quarti della Penisola e delle Isole – che nel Paese sia calata la corruzione? Qualcuno ha motivi per vantare la messa sotto controllo della spesa pubblica e la riduzione dei debiti dello Stato? Qualcuno può illudersi che i partiti siano diventati – come molte volte abbiamo chiesto da queste colonne – «case dalle porte e dalle finestre aperte»?Mi fermo qui con le domande, per carità di patria e per inguaribile ottimismo. Credo, cioè, che a tutti questi interrogativi si possa arrivare a rispondere in modo positivo e giusto, facendo capire e apprezzare agli italiani il senso della risposta. E credo che ci si possa arrivare assieme, tagliando le unghie e svuotando gli slogan dell’antipolitica più pregiudiziale e becera, grazie a eletti che siano "gente scelta dalla gente" , che rende conto al cospetto dell’intera opinione pubblica, ma anche e soprattutto sul territorio di origine e/o di elezione, di ciò che fa in Parlamento e nel Governo. Il potere di scegliere e di preferire gli eletti (con la preferenza o con le primarie di collegio) è dei cittadini, e va sostenuto e servito. Non esorcizzato.