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Juncker: «Miglioriamo Schengen». La Ue corre ai ripari sui jihadisti

Giovanni Maria Del Re venerdì 9 gennaio 2015
​Un nuovo piano d’azione Ue antiterrorismo. Non sono passate neppure 24 ore dal bagno di sangue alla redazione di Charlie Hebdo, che il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker – in visita a Riga per l’avvio del semestre di presidenza lettone dell’Ue – lancia un messaggio di reazione all’emergenza. «Presto – ha spiegato il lussemburghese – verrà presentato un nuovo piano d’azione anti-terrorismo che rafforzi la collaborazione tra Europol (l’agenzia di cooperazione anticrimine dell’Ue) e le agenzie d’intelligence nazionali. Penso anche a un miglioramento dell’accordo di Schengen per renderlo più efficace». Di più il presidente non ha voluto dire, «oggi – ha spiegato – è il giorno del lutto e del silenzio». Juncker ha ammesso che «la lotta al terrorismo è innanzitutto di competenza dei singoli Stati», tuttavia «un maggiore coordinamento la rende più efficace».Certo è che – mentre anche il Belgio aumenta le misure di protezione per le sedi di importanti istituzioni a Bruxelles – dopo la strage di Parigi il terrorismo jihadista irrompe potentemente nell’agenda Ue. Già domenica si terrà un summit straordinario a Parigi tra i «ministri» dell’Interno e della Giustizia Usa (Parteciperà Eric Holder) ed Ue per coordinare una strategia comune. Poi si parlerà di terrorismo lunedì durante l’assemblea plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo, quindi una settimana dopo al Consiglio Affari Esteri e poi ancora, il 29 gennaio, nell’incontro dei ministri dell’Interno dei Ventotto a Riga. «A questa sfida che è anche culturale – ha avvertito l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini, pure lei a Riga – l’Europa deve rispondere unita, non solo al suo interno, ma anche con i suoi amici esterni: penso ai nostri interlocutori nel mondo arabo, in Asia e in Africa».Mogherini ha sottolineato che «bisogna che si separi completamente la parola terrorismo dalla parola islam, perché nessuna religione può essere utilizzata per compiere atti tanto inumani». I segnali di un crescente allarme delle popolazioni contro le minoranze musulmane però si moltiplicano, come i movimenti populistici che queste paure sfruttano. Non solo il Front di Marine Le Pen in Francia, ma sempre più, in Germania, il Pegida contro la presunta minaccia di islamizzazione dell’Occidente, che ha annunciato che il 12 gennaio scenderà in piazza per le vittime della strage. «È da 12 settimane che mettiamo in guardia dal pericolo islamista – si leggeva ieri sulla pagina Facebook del gruppo – e gli eventi in Francia hanno dimostrato che gli islamisti non sono capaci di democrazia, ma di violenza e morte. I nostri politici vogliono farci credere il contrario, deve prima accadere una tragedia del genere in Germania?». Proprio ieri la Fondazione Bertelsmann ha pubblicato un sondaggio (realizzato a novembre), secondo cui il 57% dei tedeschi si sente minacciato dall’islam e il 61% ritiene che la religione musulmana non abbia posto in Occidente. Sempre ieri, infine, il quotidiano danese Jyllands-Posten – che nel 2005 provocò violente proteste nel mondo islamico per 12 caricature di Maometto – ha annunciato che non ripubblicherà quelle vignette né i disegni di Charlie Hebdo per non mettere in pericolo il suo staff. «Come direttore – ha dichiarato Jorn Mikkelsen – ho il diritto di pubblicare caricature in ogni momento. Ma non ora».