Chiesa

La scoperta. Stepinac e il titolo «ritrovato»

Gianni Cardinale domenica 14 febbraio 2021

Il cardinale Stepinac

Nel pomeriggio del 29 novembre 1952 L’Osservatore Romano annuncia che Pio XII ha deciso di convocare nel successivo 12 gennaio un Concistoro per la creazione di 25 nuovi cardinali (che poi diventeranno 24 per la prematura morte, il 28 dicembre, del patriarca di Venezia Carlo Agostini). Tra i futuri porporati preconizzati da papa Pacelli c’è anche l’arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac. Il presule croato però non si potrà mai recare a Roma. Nel 1946 infatti il regime comunista, dopo un processo farsa per collaborazionismo con i nazisti, lo aveva condannato a 16 anni di carcere. Subito imprigionato, dal 1951 era stato confinato nella città natale di Krasic, dove morirà il 10 febbraio 1960 a soli 62 anni. Stepinac così non può partecipare al Concistoro del 12 gennaio 1953, né alla cerimonia della consegna della berretta del 14 gennaio, né a quella della imposizione del cappello rosso del 15 gennaio.

Non può ricevere quindi neanche la Bolla che gli assegna il titolo di una chiesa dell’Urbe. Sono passati quasi 70 anni e non si è mai saputo se e quale fosse il titolo destinato all’eroico ecclesiastico croato riconosciuto martire e quindi beatificato da Giovanni Paolo II nel 1998. Dal 1953 al 1960 l’Annuario Pontificio ha sempre elencato Stepinac tra i membri del Sacro Collegio come cardinale presbitero, ma al posto della chiesa titolare ha messo sempre e solo tre puntini (“…”). Caso più unico che raro, perché non c’è memoria di nulla di simile. Di un cardinale cioè di cui non è noto il titolo della chiesa con cui è stato “incardinato” nella Città Eterna. Un piccolo ma interessante “giallo” quindi che tale è rimasto fino ad oggi. A risolverlo, brillantemente, ci ha pensato l’ambasciatore di Croazia presso la Santa Sede Neven Pelicaric, che con un certosino lavoro di scavo negli archivi pontifici è riuscito a stabilire finalmente quale fosse il titolo riservato a Stepinac: quello di San Paolo alla Regola. Ma come è avvenuta questa scoperta? La ricerca, racconta il diplomatico croato ad Avvenire, è partita dai documenti del pontificato di Pio XII resi accessibili da papa Francesco dal 6 marzo 2020.

«Abbiamo cercato informazioni – spiega Pelicaric – nella Congregazione per le cause dei santi, in quella per i vescovi, nella segreteria del Collegio cardinalizio, nell’Archivio apostolico e nell’Archivio storico della prima e seconda sezione della Segreteria di Stato (per gli affari generali e per gli relazioni con gli Stati). Non abbiamo avuto successo da nessuna parte. Tutti i documenti ottenuti riguardavano il fatto che l’arcivescovo di Zagabria fosse stato creato cardinale nell’ordine dei cardinali-presbiteri, ed era incluso nel Collegio cardinalizio, ma da nessuna parte si faceva menzione del suo titolo». A questo punto l’ambasciatore croato si mette alla ricerca della Bolla papale di nomina e la ottiene grazie all’«intervento personale» del cardinale archivista José Tolentino de Mendonça. Ma anche qui non c’è riferimento al titolo. Ma questo non deve sorprendere. «Dal 2001 – osserva Pelicaric – si redige una sola Bolla pontificia, la quale contiene le informazioni sull’inserimento nel Sacro Collegio, l’ordine in cui il cardinale è creato, insieme al titolo della chiesa che gli è stata assegnata. Prima si preparavano invece due Bolle: la prima con la nomina cardinalizia, ed è quella rintracciata di Stepinac, e solo la seconda con il titolo assegnato». L’ambasciatore croato comunque non si arrende e si mette a ricercare negli archivi dell’Ufficio delle cerimonie liturgiche del Sommo Pontefice. Ed è proprio qui che arriva la scoperta. «Infatti – racconta – all’interno di una scatola di documenti relativi a quel Concistoro di 1953, abbiamo trovato il documento chiave: “Assegnazione dei titoli ai nuovi Eminentissimi”». «Si tratta – spiega – di un documento dattiloscritto, sull’intestazione dell’allora Prefettura delle cerimonie apostoliche, ma privo di data e di firma. Il documento ha la forma di un foglio di carta di dimensioni A3, piegato su A4, come un libro. Nella prima pagina c’è l’elenco di 15 cardinali (tra cui Stepinac), con i loro titoli; nella seconda pagina si elencano i 9 cardinali restanti con i loro titoli; sulla terza pagina dello stesso foglio di carta “Nota dei cerimonieri che assistono i nuovi Eminentissimi”.

Il foglio dell’allora Prefettura delle Cerimonie Apostoliche scovato dall’ambasciatore Pelicaric con cui si documenta che al cardinale Stepinac era assegnato il titolo di S. Paolo alla Regola. Nel testo si nota che al polacco Wyszynski era destinato il titolo dei SS. Quirico e Giulitta. Ma a causa della cortina di ferro neanche lui potè partecipare al Concistoro del 1953, e riuscì a venire a Roma solo nel 1957 chiedendo, e ottenendo, di poter cambiare il titolo originario con quello di S. Maria in Trastevere, dove era seppellito il conterraneo cardinal Osio. - (G.C.)

Ed è stata proprio questa terza pagina ad essere cruciale nel determinare il significato di questo documento. Perché garantisce – e su questo sono d’accordo sia l’attuale che l’ex Maestro delle cerimonie papali – che si tratta di un elenco già approvato dal Santo Padre ». Ora nel documento in questione il titolo assegnato è quello di San Paolo alla Regola. “Giallo” risolto allora? Non proprio. O meglio, non ancora. Perché questo stesso titolo nel 1958, con il primo Concistoro di Giovanni XXIII, viene assegnato al nunzio in Italia Giuseppe Fietta, uno dei 23 nuovi cardinali. Ma questo avviene quando Stepinac è ancora vivo. Come spiegare questa incongruenza? Per Pelicaric, la spiegazione può essere solo frutto di una piccola dimenticanza. In quel tempo l’Ufficio delle celebrazioni pontificie era diretto dal cerimoniere “storico”, monsignor Enrico Dante, poi creato cardinale da Paolo VI, un ecclesiastico «noto come molto puntuale nel suo lavoro, ed è ancora oggi ricordato per la sua assoluta precisione ». Ma, come scriveva Orazio, quandoque bonus dormitat Homerus. «Sembra infatti – è la conclusione di Pelicaric – che monsignor Dante in questo caso si è semplicemente “dimenticato” di spostare la chiesa assegnata a Stepinac dalla lista delle chiese “libere” alla lista delle chiese cardinalizie “occupate”. Questa potrebbe essere l’unica sbavatura di tutto il suo mandato nell’Ufficio».

Papa Pacelli gli conferì la “guida” della comunità di San Paolo alla Regola, sorta dove la tradizione dice che l’Apostolo delle genti venne detenuto. Proprio la condizione in cui si trovava il porporato in quel momento

L’ambasciatore croato ha anche una sua idea del perché a Stepinac fosse destinato il titolo della chiesa di San Paolo alla Regola edificata, secondo la tradizione, sul luogo dove l’Apostolo era agli arresti domiciliari prima del processo che lo avrebbe condotto al martirio. «Siamo convinti – afferma – che questa scelta non sia e non possa essere casuale. Pio XII, infatti, diede la chiesa sorta dove per anni san Paolo fu confinato proprio all’arcivescovo di Zagabria, per anni confinato nella sua città natale. Con questo atto – ne siamo convinti – il Papa aveva intenzione di inviare un messaggio forte, ma la sua mossa era rimasta sconosciuta ». Ora però non lo è più. E per dare ancora più risonanza a questo “messaggio forte” l’ambasciatore Pelicaric, oltre a preparare un articolo scientifico sulla sua scoperta, ha anche fatto in modo che nella chiesa di San Paolo alla Regola ci fosse una lapide in latino a ricordo del suo primo cardinale “titolare”. La lastra è stata svelata nei giorni precedenti lo scorso Natale, anche per commemorare in modo particolarmente solenne i 60 anni dalla nascita al Cielo di Stepinac.