Attualità

Piano d'estinzione. Interventi urgenti o la famiglia muore

Luciano Moia mercoledì 15 luglio 2020

Nel 'Rapporto sulla popolazione' pubblicato nel 1980, si ipotizzavano alcune tendenze – rischio denatalità, scarsa propensione dei giovani al matrimonio, limitata considerazione sociale della famiglia – considerati oggi da tutti gli studiosi come elementi che concorrono in modo dirompente al declino italiano. Sono passati quarant’anni. Quei segnali di pericolo si sono aggravati da apparire quasi irreversibili, ma la politica, oggi come allora, appare indifferente.

Lo racconta il Rapporto Cisf 2020 – La famiglia nella società postfamiliare – che traccia un quadro a tinte fosche sul futuro dell’istituzione familiare e quindi su tutti noi. Possibile evitare che la famiglia in liquefazione trascini nel baratro l’intera società? Sì, ma sarebbe necessario rifondare il welfare, avviare un nuovo sistema fiscale con l’introduzione del fattore famiglia, proporre norme stringenti per la conciliazione famiglia- lavoro. E tanto altro ancora.

Ma servirebbero interventi di ampio respiro, con un impegno coerente su base almeno decennale. L’instabilità endemica dei nostri governi non sembra purtroppo assicurare tempi e interventi così strutturali e così coraggiosi. Che fare allora? Non stancarsi di riflettere su quanto la disgregazione della famiglia e la crisi demografia finiscano per pesare sulla società, determinando fenomeni difficilmente governabili. Al di là delle incertezze pesantissime sul futuro del sistema pensionistico, sanitario, assistenziale, esistono fenomeni come l’aumento dei femminicidi, delle violenze intrafamiliari, degli abusi sui minori che sono dirette conseguenza della progressiva disgregazione familiare. Sono tra le questioni emerse ieri nel corso della presentazione del nuovo Rapporto.

I GIOVANI Quale famiglia? «Indifferente»
Tra i capitoli più interessanti quello dedicato a una ricerca sulle progettualità familiari dei giovani (25-35 anni, 800 interviste).
Quale idea di famiglia? Per il 58,7% «è indifferente». Tutti i tipi di relazioni, comprese quelle omogenere, sono da considerare familiari. Il 20,7% è rappresentato dai 'tradizionalisti aperti' che accolgono sia il modello tradizionale, sia le nuove unioni. I 'tradizionalisti conservatori' sono l’11,9%, mentre i 'non familiari', che hanno cioè un’idea molto critica o distaccata rispetto ai modelli familiari prevalenti, rappresentano l’8,7 per cento.

I FIGLI «Pochi? Troppi? Va bene così»
Quasi il 10% rivela di avere più figli «di quanti ne avrei desiderato». Percentuale più che raddoppiata rispetto al 3,6% che nel 2009 aveva fatto la stessa dichiarazione. Per il 63% va bene così. C’è poi un 18,9% che avrebbe voluto un figlio in più. Solo l’8,4% dice che ne avrebbe desiderati due in più.

A CASA Per sempre con i genitori
Le proiezioni statistiche per il futuro familiare dei giovani 25-34enni maschi sono desolanti. Nei prossimi vent’anni quasi 6 su 10 (57%) tenderanno a rimanere nella famiglia di origine. Il 13% pensa a far famiglia con figli, il 10% senza figli. C’è poi un 19% che ipotizza di vivere da solo, ma senza progetti. E le ragazze. Il 47% pensa di rimanere a casa con i genitori. Solo il 25% pensa di sposarsi e avere figli.

«Abbiamo sempre cercato di valorizzare il positivo – ha detto il direttore del Cisf, Francesco Belletti – ma non possiamo negare che, come spiega il nostro studio, le famiglie sono sempre più piccole (il 60% ha una o due componenti). E tra vent’anni avremo almeno uno o due milioni in meno di coppie con figli. E già oggi il 36% dei giovani non vuole sposarsi, il 40% non vuole avere figli».

Non solo problemi sorprendenti. Il primo rapporto Cisf, datato 1989, già segnalava tendenze allarmanti. Trent’anni dopo quelle previsioni sono realtà. E il Covid, come ha fatto notare il sociologo Pierpaolo Donati, curatore del rapporto, ha accelerato processi già gravissimi, legati alla crescita incontrollata delle nuove tecnologie in ambito mediatico e biologico.

«La famiglia come l’ambiente si sta surriscaldando – ha osservato l’esperto che ha coniato il neologismo family warmimg – perché la cultura emergente accentua la perdita della funzione sociale della famiglia, cioè del valore prodotto dalla famiglia per la società. Se la famiglia viene fatta coincidere con il puro privato il genoma familiare (dono, reciprocità, sessualità coniugale, generatività) evapora».

Declino inevitabile? «Siamo di fronte a un trend strutturale. Dobbiamo avere la capacità di modificare alla radice queste tendenze», ha auspicato Donati. «La famiglia dev’essere messa in condizione di fare il proprio mestiere. La terapia la conosciamo bene e altri Paesi – ha osservato il presidente dell’Istat Giancarlo Blangiardo – che quando si fa qualcosa, i risultati poi arrivano». Eppure qualche segnale positivo c’è, ha fatto notare il presidente del Cnel, Tiziano Treu: «Vent’anni fa la conciliazione famiglia-lavoro era tema pressoché sconosciuto a livello aziendale. Oggi sono esigenze diffuse». Ma la strada, inutile nasconderselo, è tutta in salita.

Il Rapporto Cisf 2020, 'La famiglia nella società postfamiliare' (San Paolo, pagg.430, euro 35), curato da Pierpaolo Donati), comprende una riflessione demografica (Gian Carlo Blangiardo, Stefania Maria Lorenza Rimoldi, Elisa Barbiano di Belgiojoso); un capitolo sul modo in cui i giovani pensano oggi il proprio futuro, a partire da una inedita indagine su 800 giovani tra i 25 e i 35 anni (Camillo Regalia ed Elena Marta); una riflessione educativo-pedagogica sull’impatto delle nuove tecnologie digitali a scuola e in famiglia (Pier Cesare Rivoltella); un capitolo sul valore economico della famiglia (Federico Perali) e una riflessione sull’impatto psicologico e identitario prodotto su persone e famiglie dalla crescente liquidità e digitalizzazione delle relazioni (Tonino Cantelmi).

Ampio spazio all’indagine statistica a livello nazionale (4mila interviste commento di Francesco Belletti) che consente di seguire nel tempo alcuni indicatori di qualità relazionale familiare. Le serie storiche sono commentate da Pietro Boffi.