Il ring della razza: quando il bianco e il nero incrociarono i guantoni

Lo storico francese Granger analizza minuto per minuto l’incontro del 1922 tra Carpentier e Siki per cercare il “come” una vicenda si svolge nelle circostanze date
July 29, 2025
Il ring della razza: quando il bianco e il nero incrociarono i guantoni
Gallica, Bibliothèque nationale de France / Einaudi | L’incontro tra Georges Carpentier e Battling Siki
«In principio era l’azione», è la celebre frase che Goethe mette in bocca a Faust nella tragedia di cui è protagonista. Una frase dalle grandi implicazioni teologiche, filosofiche e psicologiche che risuona nella mente leggendo Quindici minuti sul ring. Anatomia di una lotta (Einaudi, pagine 380, euro 26,00) dello storico e sociologo francese Christophe Granger. Ironia delle sorti linguistiche, Faust in tedesco significa “pugno” e l’opera di Granger è dedicata proprio a uno storico match di pugilato avvenuto a Parigi nel 1922 tra il francese Georges Carpentier e il franco-senegalese “Battling” Siki. L’incontro fece discutere per la squalifica del nero, che secondo l’arbitro aveva messo a tappeto l’avversario con uno sgambetto, seguita da un’immediata retromarcia dei funzionari della federazione, che - viste le proteste del pubblico - gli assegnarono la vittoria. Si parlò anche di una presunta combine. Quanto seguì e quanto precedette ciò che avvenne sul ring non è, però, il focus di questo originale e complesso saggio. Attraverso un’analisi minuziosa del filmato che ha immortalato quei 15 minuti di combattimento (facilmente reperibile su You Tube) Granger tenta di rispondere a una domanda cruciale: «Che cosa significa comprendere un’azione?». Domanda filosofica per eccellenza, da Aristotele in poi, che l’autore declina in chiave storica e sociologica, coinvolgendo anche altre discipline come le neuroscienze o l’antropologia. La difficoltà nel comprendere un’azione così come si è svolta risiede nelle precomprensioni o nelle interpretazioni che genera. La chiave sta nella domanda: «Che cosa fanno i protagonisti della vicenda. O meglio: “come” fanno a farlo?». Ma tutto ciò cosa ha a che fare con la storia? La riguarda eccome, perché questa descrive «una miniera di azioni» del passato, che conosciamo solo per il racconto che ne è stato dato. Ma non sappiamo «nulla di quanto, quel giorno specifico, ha potuto indurre gli attori ad agire come hanno fatto». Il saggio segue tre dimensioni dell’azione: “istituzione”, cioè le dinamiche sociali e i saperi che l’hanno resa possibile; “interazione”, nella quale Granger dopo il gong segue i boxeur minuto per minuto, quasi in una telecronaca postuma; “cognizione”, che pertiene ai processi mentali in gio-co. Il primo aspetto parte dalla consapevolezza che quell’incontro per il titolo mondiale dei mediomassimi ed europeo dei massimi - avvenuto davanti a 40mila spettatori domenica 24 settembre alle 15 al velodromo “Buffalo” nel quartiere Vache Noir di Montrouge, alle porte di Parigi - «contiene l’intero mondo della boxe e lo rimette in scena nel presente». Dopo la Grande Guerra, la boxe sta passando dalla subordinazione allo spettacolo a una consapevolezza sportiva. C’è poi l’aspetto della creazione della sfida. Siki è l’outsider e deve sottoporsi a una lunga serie di combattimenti per poter incrociare i guantoni con la star Carpentier. Questi, figlio della classe operaia, combatte da 14 anni, ma è fermo da due e il pubblico lo rivuole. Siki, nato M’Baye Fal nel 1895 - un anno dopo l’avversario - è sì un reduce dal fronte con la divisa francese, ma è un irregolare (la sua breve carriera si interromperà nel 1925, quando sarà assassinato in un vicolo di New York). E soprattutto un nero. La razzializzazione si riflette anche sugli stili di boxe. Il suo era ritenuto “belluino”, quello di Carpentier “scientifico”. In realtà – e siamo all’interazione sul ring - dopo un inizio in soggezione, Siki prende il sopravvento sul granitico avversario e lo costringe a rifugiarsi in numerose scorrettezze. Granger analizza i colpi quasi ad uno ad uno (intere pagine riportano su sfondo nero i fotogrammi dell’evento) e, seguendo l’andamento della gara, approda alla terza dimensione, quella della “mente in azione”. L’intenzionalità l’autore la studia dentro il match, nel momento in cui Siki decide di passare all’attacco. E a posteriori, nelle parole con cui il pugile denuncia un presunto accordo per andare ko e descrive i processi interiori che lo hanno portato a disobbedire. Alla fine l’autore spiega di aver ingaggiato anche lui una sfida: cercare di spingersi oltre la soglia della rinuncia a comprendere, andando nel dettaglio per rispondere alla sfida lanciata alle scienze sociali da Virginia Woolf, che riteneva le azioni umane comprensibili solo nel loro svolgersi. Infine, rivalutare l’apporto di tali discipline oggi marginalizzate da una ricerca sempre più competitiva.

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