Celtic, l'ex stella Tommy Burns sarà il primo calciatore santo?
Il leggendario mediano del club scozzese, scomparso nel 2008 a 51 anni per un tumore, è stato un fervente cattolico, benefattore nel silenzio dei più poveri: un comitato ne chiede la canonizzazion

È una squadra benedetta da sempre. Sin dalla fondazione nel lontano 1887, quando un frate marista di origini irlandesi, Brother Walfrid, diede origine al glorioso Celtic Football Club di Glasgow. Andrew Kerins, questo il nome del religioso prima che prendesse i voti, voleva col pallone integrare i poveri della città che erano in larga parte irlandesi e cattolici. Nacquero così gli iconici biancoverdi diventati presto una potenza del calcio scozzese e non solo: in bacheca c’è anche una storica Coppa dei Campioni. È quella del 1967 vinta a Lisbona contro l’Inter che ha fatto del Celtic il primo club britannico e nordeuropeo a vincere la massima competizione continentale. In patria il dominio è quasi ininterrotto ed è stata una stagione di grazia anche quella appena conclusa. Culminata con uno scudetto speciale: il titolo numero 55 con il quale la società fondata da fra Walfrid ha eguagliato nell’albo d’oro i rivali di sempre del Rangers Glasgow, di origine unionista e protestante. È stata però un’annata contrassegnata anche dalle numerose testimonianze a proposito di un giocatore leggendario: Tommy Burns, scomparso bruscamente nel 2008 a soli 51 anni per un melanoma. L’indimenticato talento del centrocampo biancoverde ha vestito la maglia del Celtic dal 1975 al 1989 collezionando 503 presenze e mettendo a segno anche 82 gol. Dopo aver chiuso la carriera da giocatore, è tornato al club come allenatore e poi per anni è stato responsabile del settore giovanile.
Un campione in campo e fuori a tal punto che a Glasgow sono convinti fosse molto di più che un brav’uomo. Fervente cattolico, amato dai compagni e dagli avversari, in molti gli riconoscono una vera santità, silenziosa e operosa. È nato persino un comitato che ne sta promuovendo l’iter per la canonizzazione. Il coordinatore, tal McLaughlin, ha spiegato al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, che l’idea originaria spetta a un sacerdote di Glasgow, padre Robert Farrell, vicino all’Opus Dei, che ha conosciuto Burns e ne ha toccato con mano la reputazione di santità dopo la sua morte. «Fede, famiglia e football, in quest’ordine», così lo ricorda il prete. Devoto alla Vergine Maria («c’era sempre una statua della Madonna accanto al suo letto», ha raccontato il figlio), spesso faceva delle deviazioni sulla via del ritorno dall’allenamento per rallegrare i bambini malati in ospedale. Persino la mattina della sua morte, mandò dei fiori alla sorella del giocatore del Celtic Scott Brown: anche lei stava morendo. E chissà quanti altri ha aiutato assicura McLaughlin: «Crediamo che la sua vita sia stata così esemplare che la gente dovrebbe conoscerla. Se fosse canonizzato diventerebbe il secondo santo scozzese dalla Riforma e il primo calciatore al mondo».
Di fatto il podcast ufficiale della diocesi di Paisley (suffraganea dell’arcidiocesi di Glasgow) ha riferito di recente che la sua causa di beatificazione è stata presa seriamente in considerazione dalla Chiesa cattolica in Scozia. Alla sua morte, una folla oceanica ha seguito il suo funerale. In quell’occasione il vescovo Tom Monaghan ne ha ricordato la fede e anche la dedica che Burns ha fatto sulla sua autobiografia Twists and Turns: «A sua moglie Rosemary, ma anche alla nostra Beata Madre». Sposato, padre di quattro figli, la messa funebre è stata celebrata a St Mary’s , la chiesa in cui è stato battezzato, la stessa (non a caso) in cui nacque il Celtic FC. Cresciuto in quella parrocchia a pochi passi dal Celtic Park, lo stadio dei biancoverdi dove oggi una targa in bronzo ne ricorda le geste compresa la sua tipica esultanza dopo un gol con le mani giunte. «Non mi vergogno di dire - ha scritto Burns - che pregavo ogni sera per entrare a far parte del club. Quando indossi la maglia del Celtic, non stai giocando per una squadra di calcio ma per una comunità e per una causa».
Eppure al suo funerale, a portarne la bara c’era Ally McCoist, uno dei più grandi giocatori dei Rangers che piangeva inconsolabile. Ma il suo ricordo è oggi più vivo che mai. Come ha ribadito con le lacrime agli occhi anche il bomber attuale James Forrest. Chiunque lo abbia conosciuto racconta che il leggendario mediano avesse un entusiasmo e una luce fuori dal comune. Spiegò una volta Burns: «Non mi imbarazza parlare della mia fede in pubblico perché non lo faccio per impressionare nessuno o per far sì che la gente mi consideri quello che si definirebbe un moralista. Mi rivolgo a Dio in ogni occasione perché non sono diverso da nessun altro e perché accetto di essere sufficientemente fragile da aver bisogno del Suo aiuto e della Sua guida più della maggior parte delle persone». Proprio così diceva colui che a Glasgow per molti è già “san Tommy”, il calciatore santo.
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