Matteo Bocelli: «Cantare per papa Leone mi ha dato serenità»

L'artista insieme al padre Andrea ha inaugurato il Borgo Laudato Si' e oggi pubblica il nuovo album "Falling in love" tra pop e melodia classica. «Sanremo? Mi piacerebbe, ma nel 2026 non ci
September 12, 2025
Matteo Bocelli: «Cantare per papa Leone mi ha dato serenità»
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«Essere un Bocelli è un privilegio e una responsabilità. Non voglio correre dietro all’eredità di mio padre, voglio che le persone ascoltino la mia voce, le mie emozioni e la mia visione dell’amore». È un Matteo Bocelli sempre gentile ed educatissimo, ma ben determinato, quello che racconta ad Avvenire il suo ritorno sulla scena con il secondo album, Falling in Love, uscito ieri per Decca Records / Universal Music.
Registrato tra le colline toscane con il produttore Martin Terefe (già al lavoro con Shawn Mendes e Jason Mraz) e un ensemble di musicisti di livello internazionale, Falling in Love segna una nuova fase artistica per il 27enne Matteo. Il disco fonde l’eredità classica italiana con sonorità pop contemporanee. Matteo ha co-scritto tutti i brani originali, collaborando con autori come Toby Gad (Beyoncé, John Legend), Iain Archer (Snow Patrol) e Johan Carlsson (Ariana Grande). Il risultato è una raccolta di canzoni che esplorano – in inglese, italiano e spagnolo – l’amore, la vulnerabilità e il legame umano. Ad accompagnare l’uscita, il nuovo singolo To Get To Love You, una ballad emozionante e cinematografica. Tra le canzoni più rappresentative anche Glimpse of Happiness, ispirata alla sua terra, e due cover: Mi Historia in duetto con Gianluca Grignani e Caruso di Lucio Dalla. Il Falling In Love World Tour partirà l’11 settembre da New York, con 14 tappe negli Stati Uniti e 3 concerti nel Regno Unito.
Un album che unisce pop e classico. Come nasce questa scelta?
«La cosa fondamentale è stata lavorare alla produzione in un clima di unione e condivisione. Io, il produttore Martin Terefe e i musicisti abbiamo vissuto insieme il processo creativo. Per me era importante: nel primo album eravamo appena usciti dal Covid, non era facile incontrarsi, e questa distanza si sentiva. Per il secondo disco ho quindi realizzato uno studio a casa mia: ci abbiamo lavorato per settimane insieme a Martin e ai musicisti, che sono la struttura portante. È stato fondamentale averli accanto: si scherzava, si rideva, si mangiava bene».
Anche lei suona il pianoforte nell’album.
«Il pianoforte è sempre stato il mio strumento, anche se non mi definisco un pianista. È lo strumento con cui mi sento a mio agio, suono anche nei concerti».
Nel disco convivono due anime: una italiana e una inglese, una classica e una pop. Come si coniugano?
«Potrebbe sembrare una contraddizione, ma in realtà rappresenta perfettamente il mio bilinguismo culturale e musicale. Sono nato con mio padre che si allenava al canto lirico e allo stesso tempo interpretava la musica leggera di quando faceva il pianobar. Sono cresciuto ascoltando Puccini e Battisti. Ho sempre avuto una grande curiosità, mi piace scoprire nuovi generi, finché portano un messaggio positivo».
L’album parla molto d’amore. In che senso?
«L’amore è la base del progetto, ma non solo in senso romantico. Parlo anche dell’amore per un amico, per la famiglia, per la vita. L’amicizia è qualcosa di fondamentale per me: le persone che ti supportano e con cui ti senti libero di aprirti sono una fortuna. È difficile trovare persone vere».
E’ anche quello che dice Jannik Sinner, che ha duettato con suo padre Andrea in “Polvere e gloria”.
«Sinner l’ho conosciuto in quell’occasione. È un ragazzo piacevole, simpatico, e gli auguro il meglio. Ha costruito tutto con le sue forze. Gli sportivi, secondo me, hanno qualcosa in più: sono più puri, con un’immagine pulita. Rappresentano un vero esempio per il mondo. Soprattutto il tennista, che è solo in campo e deve contare solo su sé stesso».
Stasera suo padre Andrea canta in piazza San Pietro mentre la settimana scorsa avete cantato insieme per Papa Leone, all’inaugurazione del Borgo Laudato Si’ a Castel Gandolfo. Com’è stato?
«Un’esperienza unica, molto emozionante. Con mio padre abbiamo intonato Dolce Sentire. È stata una giornata che mi ha lasciato una sensazione di serenità. E la serenità, più ancora della felicità, è fondamentale nella vita. La felicità arriva in momenti brevi, inaspettati, e vola via. La serenità invece è una condizione da costruire».
Lei ha incontrato anche altri papi?
«Sì, oltre a Papa Leone, anche Papa Francesco e Papa Benedetto XVI. Sono tutte figure con una forte spiritualità. La fede, per me, va anche oltre la religione. Una volta ho provato a pensare che non esistesse nulla dopo la vita: è molto più difficile vivere senza speranza. La vita è troppo perfetta per essere solo casuale. Credo che esista un’entità superiore. Quando incontro grandi artisti, sento che sono connessi con qualcosa di più grande».
Sente questa connessione con il divino anche quando canta?
«Sì, ma soprattutto quando scrivo. Salire sul palco a volte può diventare un mestiere, ma quando scrivi e registri nuova musica, senti davvero quella connessione. È nostro dovere artistico presentarci davanti a un microfono solo quando siamo ispirati».
Come è ispirata la sua interpretazione di “Caruso” nel nuovo album. È un brano speciale per lei?
«Avevo 15 anni quando ho fatto le prime apparizioni pubbliche con David Foster, che ha sempre creduto in me. A 16 anni mi propose un album, ma mio padre pensava fossi troppo giovane. Il progetto non si fece, ma fui invitato ad alcuni eventi. “Scegli un brano che metta in luce le tue caratteristiche”, mi disse. Scelsi Caruso. È il brano con cui oggi concludo i miei concerti: il pubblico si alza in piedi. C’era pressione, certo, vista l’eredità lasciata da Lucio Dalla. Ma se senti un brano davvero tuo, allora puoi trasmettere qualcosa di autentico. Il pubblico mi ha dato ragione».
E invece “La mia storia fra le dita”, in versione spagnola, in duetto con Grignani?
«Durante il Festival di Viña del Mar 2024 in Cile, ebbi un riscontro incredibile. Così feci il mio primo palazzetto, proprio a Santiago. Volevo fare un regalo al pubblico e scelsi Mi historia entre tus dedos. La cantarono tutti con me. Era doveroso inserirla nell’album e coinvolgere Gianluca Grignani, visto anche il trentennale della canzone».
A Sanremo ci andrà?
«Mi piacerebbe, certo. Sanremo è un palco importante, ma va rispettato. Bisogna andarci quando si ha il brano giusto. L’unico che sentivo adatto era “Naive”, che però ho inserito nell’album. Non andrò al prossimo Sanremo per via di un altro impegno importante in concomitanza, ma magari ci proveremo l’anno dopo».
Il tour, che ha debuttato l'11 settembre a New York, la porterà soprattutto all’estero. Canterà anche in Italia?
«Sì, l’unica data italiana sarà il 21 luglio 2026 al Teatro del Silenzio di Lajatico, dove ho già cantato quest’anno per la prima volta in una serata da solo. È stata una delle performance più emozionanti della mia vita. Cantare per amici e famiglia ha un significato profondo. Spero diventi una tappa fissa».

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