Enzo Avitabile: «La mia musica è un cantico di pace»

"Enzo70" si intitola il concerto in piazza del Mercato a Napoli del musicista e cantautore partenopeo che sul palco ritrova tanti dei suoi "soul brothers" con cui lancerà messaggi
June 27, 2025
Enzo Avitabile: «La mia musica è un cantico di pace»
Titti Fabozzi | Il musicista e cantautore napoletano Enzo Avitabile, festeggia i suo 70 anni, compiuti il 1° marzo, con il concerto "Enzo70"
«Perdona la pace armata prima della guerra. Perdonaci la pace… Signore della Pace, perdona la nostra pace sazia! Perdonaci la pace del ricco, che banchetta sul sopruso del povero. Perdonaci la pace del potente, che si accampa tra le afflizioni del debole… Perdonaci la pace, che prepara la guerra. Perdonaci la pace del dittatore…». In questi giorni feroci sferzati dai venti di guerra, questo è il grido più forte di pace che abbiamo ascoltato. Ed è quello che arriva, in musica e parole, dal ventre di Napoli. È la preghiera musicata Perdonaci la pace che ha scritto l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Domenico Battaglia, per il popolo partenopeo semplicemente “don Mimmo”, e che Enzo Avitabile, il cantautore musicista più “vagamondo” nato sotto il Vesuvio, epigono della worldmusic, ha arrangiato, mettendoci come sempre del suo.
Avitabile, ma come nasce questo originalissimo duetto pacifista?
«Don Mimmo mi chiese di andare a fargli visita per il “Concerto della pace” che si teneva in Duomo. Alla fine passai a salutarlo e mi disse: “Enzo, leggiti questo testo e inventati qualcosa”. Il testo della Preghiera, era molto bello, ma un po’ lungo, perciò lo avvertii che avrei dovuto fare una sintesi, certo senza toccare nulla dell’originale. Così ho fatto, poi ho messo la musica e il mio intervento in napoletano chiedendo a don Mimmo che doveva essere la sua la voce narrante. Quando l’abbiamo registrata, riascoltandola, ci siamo emozionati tanto, perché è stato un incontro da cuore a cuore, e la retorica, nostra nemica di sempre, è uscita sconfitta, umiliata».
L’umiliazione più grande è quella che stanno provando tutte le vittime della guerre in corso, folle in coda costrette a scappare dalle bombe, bambini e madri in fuga che salgono sui barconi della speranza
«Io ogni sera dal palco oltre a Canta Palestina dico sempre: voglio dedicare questo brano a quelle creature che arrivano nella nostra terra e nella nostra vita Attraverso l’acqua che è anche il titolo di una canzone che ho fatto con Francesco De Gregori. A me piace il mare, a Napoli andare al mare vuol dire “’o bagno”, ma per me il mare è diventato luogo e momento di riflessione, è qualcosa che abbiamo dentro. “Il mare è scendere nelle nostre profondità”, diceva il mio carissimo amico Franco Battiato».
Ad Avvenire tempo fa lei ha detto: «Per me il rosario è preghiera d’azione».
«Ne sono sempre più convinto: il rosario recitato e partecipato spiritualmente va oltre l’atto devozionale. Alla devozione popolare ho comunque dedicato molti progetti, come Sacro Sud - Da Marianella a Nazareth in cui rendo omaggio al mio concittadino Sant’Alfonso Maria De’ Liguori. Ho scritto il mio Stabat Mater che non è un progetto liturgico ma una produzione sinfonica cameristica in cui mi sono detto: perché non usare ancora una polifonia napoletana? Suoniamo tanta musica e di tutto il mondo ma noi che viviamo qui a Napoli non possiamo mai dimenticarci le lezioni preziose ed eterne di Pergolesi e Cimarosa».
Sperimentazione continua e collaborazioni trasversali che portano al Vangelo di Pippo del Bono per il quale ha composto la colonna sonora dello spettacolo teatrale che poi è diventato anche un film.
«C’è un brano potentissimo in quella colonna sonora, Jastemma d’ammore, è un po’ il canto che accompagna la Via Crucis dei diseredati, dei deportati di questo nostro tempo. Con Pippo è sempre bello ritrovarsi e collaborare, l’abbiamo appena fatto per il suo docufilm Bobò la storia di Vincenzo Cannavacciuolo, sordomuto e analfabeta che lui ha incontrato nel manicomio di Aversa. E sono molto contento anche della colonna sonora che ho realizzato per Questi fantasmi, il primo film da regista di Massimiliano Gallo».
Cinema e musica si incontrano spesso nel suo cammino e anche qui ha lasciato tracce indelebili di spiritualità.
«Nel mio album Lotto infinito (ispirato a una scritta sui muri del Lotto Zero di Ponticelli) canto Abbi pietà di noi che è la mia interpretazione laica delle litanie luterane. Con il ritmo incessante dei Bottari di Portico diventa una preghiera a Dio per tutti i comuni avvelenati della “Terra dei fuochi”, che vengono nominati e per i quali chiedo perdono alla “terra appicciata”».
Nel 2017 Abbi pietà di noi è stata premiata al David di Donatello come “migliore canzone originale” e Avitabile come “miglior musicista” per la colonna sonora del film Indivisibili di Edoardo De Angelis. Il giusto riconoscimento a una carriera che la vede da sempre come una voce fuori dal coro.
«Quest’anno festeggio 60 anni di carriera, perché ho cominciato a suonare nella banda di Marianella che avevo 10 anni. Il 1° marzo ho compiuto 70 anni e i festeggiamenti sono cominciati con una mostra alla chiesa di San Severo al Pendino dove sono passati 20mila visitatori. Ma la vera festa di Enzo70 sarà stasera, in Piazza del Mercato, e con me sul palco ci saranno “soul brothers” (le sorprese: Dany Tourè, il chitarrista mauritano di Peter Gabriel, De Gregori e Jovanotti). Abbiamo scelto una piazza simbolo della città, la più complicata, perché è quella che nel 1647 ha visto il funerale di Masaniello, nato il 29 giugno, del 1620, e anche la decapitazione di Corradino di Svevia. L’abbiamo scelta con il mio manager Andrea Aragosa con cui festeggio 30 anni di collaborazione, anni in cui abbiamo preso parte a tutti i festival del mondo e assieme a lui ho avuto la conferma che il mio karma è quello degli incontri».
“La vita, amico, è l’arte dell’incontro” è il mantra di Vinicius de Moraes e quindi anche il suo fin dagli esordi con Pino Daniele.
«Vero. A 16 anni ho incontrato Pino in quella che è stata la mia prima band, i Batracomiomachia. Nel ’77 ho suonato nel suo primo disco Terra mia che ha segnato una svolta nella storia della nostra musica. Poi ho suonato per Edoardo Bennato e ho partecipato a Brigante se more, l’esordio discografico di suo fratello Eugenio. Partendo da Napoli, da povero, sono arrivato a suonare con e tra i grandi con l’idea di “disamericanizzare” un certo tipo di musica. Quando incontro un artista e ci collaboro la mia musica diventa la sua. Sono aperto a tutte le collaborazioni, ma a un patto: che sia una musica che non nasca per i clienti, altrimenti non faccio società e prego sempre Dio che mi eviti la trappola deprecabile delle “marchette”. Partendo da questo principio ho potuto incontrare James Brown che mi volle per aprire i suoi concerti italiani, Tina Turner, Youssou N’Dour, Cesária Évora, e la lista potrebbe continuare fino a domani… Con i Bottari di Portico abbiamo suonato sullo stesso palco dove poi sono saliti gli Iron Maiden o gli U2 e a noi spettava il compito di aprire con un “suono di comunità” e questo lo abbiamo fatto e lo facciamo ancora da Londra a San Giovanni a Teduccio. Ma per creare comunità non devi dare un prezzo al biglietto. Perciò il mio stadio, il mio Maradona è piazza del Mercato, la piazza del popolo che offre l’ingresso libero”, come sempre, fedele alla mia scelta di vita di musicista a “calendario aperto”».
Se ci fosse un sequel di Enzo Avitabile Music Life, il docufilm che gli ha dedicato il regista premio Oscar Jonathan Demme, quali altri incontri gli farebbe inserire?
«Non l’ho mai detto prima, ma quando penso a Vasco Rossi mi rivedo con lui al Castello di Carimate. Anno 1982, io registravo Fratello Soul e Vasco Splendida giornata. Ci siamo sfiorati davanti allo specchio mentre ci facevamo la barba e gli ho prestato le mie lamette… Conservo nitida quell’immagine di quel mattino, poi non l’ho più incontrato e mi piacerebbe sapere se si ricorda di me… e certo Vasco Rossi mi piacerebbe ritrovarlo e abbracciarlo. Come ho ritrovato con grande gioia Red Canzian, il bassista dei Pooh. Anche con lui c’eravamo lasciati al Castello di Carimate quarant’anni prima, con un debito. A causa dei ritardi degli anticipi della Emi, allora mia casa discografica, non avevo più un soldo in tasca e con me c’era mia figlia appena nata che aveva bisogno del latte. Red mi prestò 2 milioni di vecchie lire. Quando l’ho ritrovato in gara a Sanremo, nel 2018, dove anch’io partecipavo con Peppe Servillo con Il coraggio di ogni giorno l’ho abbracciato forte e gli ho detto: Red, io devo ancora darti quei 2 milioni che mi hai prestati per mia figlia… Red mi sorride e mi risponde: “E’ un regalo che ti ho fatto con il cuore, perché ti ho sempre voluto bene e ho sempre apprezzato la tua musica” È un po’ quello che mi sta dicendo ora Napoli, e stasera saprò se tutto questo bene me lo sono meritato».

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