Danza: sono Tharp e Bianchi le Leonesse di Venezia
La coreografa americana Leone d’Oro e la performer brasiliana Leone d’Argento aprono con successo la 19ª edizione del Festival con i loro ultimi lavori

I Leoni – anzi, le Leonesse – ruggiscono quest’anno alla Biennale Danza di Venezia. Sono infatti due donne a ricevere il Leone d’Oro e il Leone d’Argento della 19ª edizione del Festival Internazionale di Danza Contemporanea, che oggi a Ca’ Giustinian premia rispettivamente la leggendaria coreografa statunitense Twyla Tharp e la regista e performer brasiliana Carolina Bianchi. Il festival, diretto da Wayne McGregor e in programma fino al 2 agosto, ha debuttato giovedì con l’energia della compagnia australiana Chunky Move e il suo affascinante United, spettacolo sull’intelligenza artificiale, seguito la sera stessa al Teatro Malibran da una doppia celebrazione dell’arte di Tharp: Diabelli (1998) e Slacktide, la sua ultima creazione. In Diabelli, la musica è protagonista assoluta: Vladimir Rumyantsev esegue dal vivo le Variazioni Diabelli di Beethoven, mentre dieci ballerini – vestiti in bianco e nero come i tasti di un pianoforte – traducono le note in movimento, tra ironia, dolcezza e passaggi romantici. In Slacktide (la “marea ferma”), la danza si fa flusso continuo, con una figura femminile al centro, accompagnata dalle ipnotiche musiche di Philip Glass, uno dei tanti grandi con cui Tharp ha collaborato nel tempo. Lo stile della coreografa americana, oggi 84enne, fonde classico e contemporaneo in una sintesi di libertà e precisione, capace di coinvolgere lo spettatore al punto da fargli venir voglia di alzarsi a ballare. Allieva di Martha Graham e Merce Cunningham, Tharp ha attraversato sessant’anni di storia della danza, collaborando con artisti del calibro di Mikhail Baryshnikov (con cui ha vinto un Emmy), David Byrne, Bob Dylan, oltre a firmare coreografie per musical e film indimenticabili come Hair, Ragtime e Amadeus di Miloš Forman. Il suo segreto? La musica. « Mia madre era pianista e io ho suonato la pianola per anni – ha raccontato Tharp dopo lo spettacolo –. La musica è conversazione, studio, pensiero in movimento ». Cresciuta in una famiglia quacchera in una fattoria dell’Indiana, ha ricevuto un’educazione artistica a tutto tondo: violino, pianoforte, pittura, lingue, dizione. Si è laureata in storia dell’arte, pratica sport come pugilato e sollevamento pesi, e continua a danzare. «Nutro ancora rispetto per ciò che il mio corpo può fare. Nella scelta dei ballerini, cerchiamo corpi con facilità fisica, ma anche quelli che affrontano difficoltà. Guardiamo alla loro voglia di fare, e scegliamo entrambi». Accolta da calorosi applausi alla prima veneziana, Twyla Tharp tornerà in scena anche nel weekend. Ieri sera, sempre alla Biennale Danza, è stata la volta del Leone d’Argento, Carolina Bianchi, in scena al Teatro Piccolo Arsenale con The Brotherhood, secondo capitolo della sua trilogia Cadela Força. Lo spettacolo replicherà domani. Bianchi, tra le voci più radicali della scena sperimentale sudamericana, vive ad Amsterdam dal 2020 e si è affermata a livello internazionale nel 2023 al Festival di Avignone con il primo capitolo della trilogia ( La sposa dedicata a Pippa Bacca e Buonanotte Cenerentola), accolto con entusiasmo da pubblico e critica. In The Brotherhood, la regista brasiliana esplora il “patto di fratellanza” tra uomini – una rete culturale, simbolica e linguistica che si radica nel dominio e nella violenza sessuale secondo l’artista. Lo spettacolo (220 minuti) prende ispirazione dagli studi dell’antropologa argentina Rita Laura Segato, in particolare sui femminicidi di Ciudad Juárez in Messico. Il risultato è un’opera potente, che unisce corpo, parola e tecnologia, in una forma ibrida che incolla lo spettatore alla sedia. Con queste due Leonesse, la Biennale Danza conferma la propria vocazione a unire memoria e avanguardia, ma soprattutto a celebrare la forza del gesto femminile come spazio di libertà, pensiero e trasformazione.
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