Addio a Bob Wilson, il visionario del teatro

Morto a 83 anni il grande regista e artista visivo. La sua opera è stata una pietra miliare dell’arte contemporanea: ha rivoluzionato i canoni della scena
July 30, 2025
Addio a Bob Wilson, il visionario del teatro
Ansa | Bob Wilson, morto ieri a New York
Il gioco di luci e ombre perfetto e tagliente, il silenzio sospeso nel mistero, la costruzione dello spazio, la parola scomposta e ricomposta come nota musicale per esaltarne il senso. Questa era la firma inconfondibile di Bob Wilson, il grande regista e artista visivo, pietra miliare del teatro contemporaneo scomparso ieri a 83 anni a New York «dopo una breve ma acuta malattia» recita l’annuncio sui social.
Un teatro apparentemente algido, ma potentissimo, metaforico e visionario per raccontare la vita, ma quella vera, attraverso performance immersive e sensoriali totali. «Sono cresciuto a Waco, in Texas, una città dove non c’erano teatri o musei o gallerie d’arte – aveva raccontato ad Avvenire nel 2017 a Spoleto, in occasione della rappresentazione del suo Hamletmachine, dramma di Amleto trasportato nell’era della “cortina di ferro” -. Non ho mai studiato teatro. Se lo avessi fatto, non farei il tipo di teatro che affronto ora. Il mio lavoro arrivava dal vivere la vita, dalle persone che ho conosciuto per caso e dalla loro influenza sul mio modo di pensare e sul mio lavoro. Ho imparato a fare teatro facendolo, non leggendo un libro in classe». Segnano radicalmente la sua vita l'esperienza con i bambini disabili e i laboratori di teatro per l'infanzia di cui fece tesoro per il futuro.
Tutti i lavori di Wilson erano stati portati in Italia, dalla Scala di Milano al Festival di Spoleto, in un rapporto affettuoso e privilegiato col nostro Paese come ci aveva svelato: «Ho portato performances nelle gallerie, nei parcheggi, nei teatri tradizionali, piccoli e grandi, con superstar, studenti e non professionisti. Sono fortunato che gli italiani abbiano abbracciato tutti i differenti aspetti del mio lavoro». La notizia della scomparsa in Italia è stata diffusa proprio dal Teatro alla Scala. Proprio quest’anno al Salone del Mobile di Milano aveva presentato l’installazione Mother, un omaggio alla Pietà Rondanini di Michelangelo, e diretto alla Scala la serata The Night Before. Object Chairs Opera, con Marina Rebeka e l’Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Michele Spotti. «Artista completo, regista e scenografo di prosa e d’opera, Wilson ha inteso sempre il teatro come opera d’arte totale, curando ogni dettaglio degli spettacoli che firmava; ma l’impatto del suo lavoro si estende alle altre arti e a tutti i campi della creatività», scrive il Teatro alla Scala in un messaggio di cordoglio del sovrintendente Fortunato Ortombina e del direttore musicale Riccardo Chailly.
Nato a Waco, in Texas, il 4 ottobre 1941, Robert Wilson si era formato come architetto, ma ben presto aveva trovato nella scena teatrale una tela più adatta alla sua ricerca estetica. Fondatore nel 1968 della Byrd Hoffman School of Byrds, compagnia sperimentale dedicata al recupero di giovani con disabilità intitolata a Miss Hoffman, l'insegnante di danza che lo aveva aiutato a superare l'handicap della balbuzie quando era ragazzo. Fu proprio da questa esperienza umana e artistica che nacque Deafman Glance (1970), l’opera che lo rese celebre in tutto il mondo, protagonista un ragazzo sordo. I suoi spettacoli erano lenti, silenziosi, ipnotici. In opere come Einstein on the Beach (1976), creata con il compositore Philip Glass e la coreografa Lucinda Childs, Wilson con luci scolpite, spazi vuoti e una gestualità rarefatta, ha imposto un nuovo modo di fare teatro, dove il senso non si cercava nel testo ma nella composizione visiva.
Dopo l'esperienza con i ''Byrds'', Wilson cominciò a collaborare con attori professionisti, portando la sua estetica nei grandi teatri del mondo. Mise in scena classici come King Lear e Hamlet, ma anche testi contemporanei come Hamletmachine di Heiner Müller, oltre a opere liriche come Madama Butterfly o Parsifal, tutte reinterpretate con essenzialità scenica, rigore cromatico, potenza iconografica. Come pure nei monologhi di successo come Orlando con Isabelle Huppert nel 1993 o Letter to a Man con Mikhail Baryshnikov nei panni del ballerino Nijinsky che debuttò al festival di Spoleto nel 2015. Dopo il balletto Edison su musiche di Michael Riesman al Teatro Nazionale di Milano nel 1979, la prima produzione di Bon Wilson alla Scala è Salome, del 1987 con la direzione di Kent Nagano. Tornò due anni più tardi con Doktor Faustus di Giacomo Manzoni, direzione di Gary Bertini. Tra il 2011 e il 2015 firmò Il ritorno di Ulisse in patria, L’Orfeo e L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi con la direzione di Rinaldo Alessandrini.
Wilson non fu mai solo un uomo di teatro e nel 1993 vinse il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia per l’installazione Memory/Loss. Collaborò con icone della cultura pop e underground, da Tom Waits a William S. Burroughs, da Lou Reed e Lady Gaga a Marina Abramovich con cui creò The Life and Death of Marina Abramovich. Nel 1991 Bob Wilson aveva fondato The Watermill Center, un luogo di ricerca interdisciplinare per artisti da tutto il mondo e la sua influenza ha plasmato intere generazioni.

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