Nobel per la fisica, la soglia dei quanti diventa tech
di Davide Re
L'umanità entra nella seconda rivoluzione quantistica, grazie a nuovi dispositivi che si useranno nella quotidianità

Nell’anno della fisica quantistica, a Stoccolma viene premiata una scoperta che segna l’ingresso pieno dell’umanità nella seconda rivoluzione dei quanti. Dove appunto ci sono tecnologie capaci di sfruttare i sistemi quantistici per creare nuovi dispositivi come computer quantistici, sensori avanzati e sistemi di comunicazione sicura. Il tutto passando dal mondo microscopico a quello macroscopico, cosa che un tempo non era ipotizzabile, perché la fisica quantistica veniva riservata allo studio delle cose della natura nell’ultra piccolo. Non a caso uno dei principali quesiti da risolvere era il capire quale fosse la dimensione massima di un sistema per cui erano dimostrabili gli effetti di meccanica quantistica. I vincitori del Premio Nobel di quest’anno, John Clarke, Michel H. Devoret e John M. Martinis, hanno condotto esperimenti con un circuito elettrico in cui hanno dimostrato sia l’effetto tunnel quantistico sia i livelli di energia quantizzati in un sistema abbastanza grande da poter essere tenuto in mano. E per tutto questo sono stati premiati con la seguente motivazione «per la scoperta dell’effetto tunnel quantistico macroscopico e della quantizzazione dell’energia in un circuito elettrico». In pratica, il riconoscimento 2025 sancisce una soglia ontologica: il passaggio dalla fisica quantistica come linguaggio descrittivo della natura (prima rivoluzione) alla fisica quantistica come tecnologia abilitante, incarnata nel mondo macroscopico, quello che è la “quotidianità”. Il punto di partenza nasce dagli studi delle caratteristiche dei qubit superconduttori, che sono la cosidetta base dei computer quantistici. Questi sfruttano fenomeni quantistici, come la sovrapposizione di stati e l’entanglement per eseguire calcoli complessi, rendendoli strumenti potenziali per risolvere problemi in campi come la scoperta di farmaci, l’intelligenza artificiale e la crittografia. Sono basati su elementi come le giunzioni Josephson, che permettono di creare stati quantistici controllabili. L’applicazione alle macchine quantistiche delle giunzioni Josephson fu in parte teorizzata dal fisico, Anthony James Leggett, premio Nobel nel 2003. E proprio il lavoro di Leggett ha ispirato Clarke, Devoret e Martinis che dimostrarono sperimentalmente che quelle proprietà quantistiche si verificavo e possono essere misurate davvero nelle giunzioni Josephson. A guidare il gruppo di ricerca è stato Clarke, poi Devoret e Martinis hanno proseguito quella strada, il primo soprattutto all’Università di Yale, il secondo guidando il gruppo di ricerca di Google e lo sviluppo del chip Sycamore che nel 2019 dimostrò chiaramente a tutti le incredibili potenzialità dei computer quantistici. È il segno che la meccanica quantistica non appartiene più soltanto al mondo invisibile: pulsa dentro i circuiti che costruiscono il nostro futuro.
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