La curvatura italiana dello spazio-tempo. Storia di Ricci Curbastro
Per Albert Einstein fu fondamentale, nella formalizzazionedella Relatività,l’uso del calcolo tensoriale ideato dallo studioso romagnolo

Cento anni fa, il 6 agosto 1925, moriva a Bologna Gregorio Ricci Curbastro, uno dei più grandi matematici italiani e figura chiave della einsteiniana Teoria della relatività generale. Nell’agosto del 1912, infatti, Albert Einstein stava elaborando la Relatività Generale, la teoria che avrebbe completamente rivoluzionato il concetto di gravitazione universale così come l’aveva concepito Newton. Purtroppo, però, si accorse di non avere a disposizione gli strumenti matematici adatti per tradurre in formule il suo pensiero né sapeva se questa matematica esistesse. Einstein, per suo carattere, era solito lavorare da solo senza chiedere aiuti a nessuno, ma per uscire dal vicolo cieco in cui si era imbattuto andò a bussare alla porta di Grossmann, un amico matematico con il quale aveva frequentato in anni passati il Politecnico di Zurigo, al quale rivolse questo disperato appello: «Marcel, aiutami sennò divento pazzo!». E fu proprio Grossmann a togliergli le castagne dal fuoco perché, dopo aver ascoltato l’appello disperato dell’amico, lo tranquillizzò dicendogli che l’algoritmo matematico che andava cercando esisteva per davvero, si chiamava “calcolo differenziale assoluto” (poi chiamato “calcolo tensoriale”) ed era stato elaborato dal matematico italiano Gregorio Ricci Curbastro e dal suo allievo Tullio Levi Civita e pubblicato nel 1900 sui Matematische Annalen.

L’idea geniale che sta alla base della relatività generale è in sostanza questa: lo spazio e il tempo erano sempre stati considerati due entità distinte. Einstein, invece, li riunì in un unicum chiamato spazio-tempo, una entità di quattro dimensioni (tre dello spazio e una del tempo) che a differenza dello spazio euclideo (quello, per intenderci, della geometria che si studia a scuola) è deformato dalla presenza della materia. Per chiarire il concetto facciamo ricorso a un semplice esempio. Se si dispongono alcune sferette su un tappeto elastico, queste resteranno ferme se non interviene nessuna causa esterna, ma se a una certa distanza da loro si pone una sfera pesante, questa deformerà il tappeto e le sferette prenderanno a muoversi in direzione della causa che ha provocato la deformazione. In questo esempio, che come tutti gli esempi lascia il tempo che trova ma che ha pur sempre una sua efficacia, la sfera pesante è il sole, le sferette i pianeti e il tappeto lo spazio-tempo. Il movimento dei pianeti, dunque, secondo la Relatività Generale, non è causato da una forza di attrazione come invece aveva ipotizzato Newton, ma è la conseguenza di una deformazione dello spazio-tempo. E nella equazione che riassume la relatività generale compare il tensore di curvatura di Ricci che è proprio quello che Einstein cercava.
Nella sua casa di Lugo di Romagna, dove era nato nel gennaio del 1853, una lapide ricorda che Ricci Curbastro «diede alla scienza il calcolo differenziale assoluto, strumento indispensabile per la teoria della relatività generale, visione nuova dell’universo».
Conseguita la maturità a soli sedici anni, il padre lo iscrive all’Università di Roma, ma dopo due anni, preoccupato degli avvenimenti di quel famoso settembre 1870 che culminarono con la Breccia di Porta Pia, lo richiama per iscriverlo alla più vicina università di Bologna. Quindi passò a Pisa e a Padova dove a ventidue anni si laurea in Scienze fisiche e matematiche. Dopo una breve parentesi all’estero, nel dicembre del 1880 è nominato professore straordinario all’Università di Padova, incarico che ricoprì per quarantacinque anni.
La figura di Ricci Curbastro è stata ben ricostruita da Fabio Toscano nella sua esaustiva, e al momento unica biografia umana e scientifica del matematico (Il genio e il gentiluomo, Sironi 2004). Persona umile e riservata, ebbe una sola debolezza, quella di rincorrere il Premio reale della Matematica che, con sua grande delusione, gli fu negato per ben tre volte essendo i suoi lavori troppo in anticipo sui tempi.
Ricci Curbastro non fu un matematico chiuso nella sua torre d’avorio perché partecipò alla vita politica sia nella città natale che a Padova dove gli fu offerta perfino la carica di sindaco a dimostrazione della stima e del prestigio di cui godeva.
Oltre alle opere matematiche vanno ricordati i contributi che dette nel campo della bonifica. Un suo saggio sulle condizioni idrauliche delle campagne a destra del fiume Reno-Primaro è considerato ancora oggi una pietra miliare per le bonifiche della bassa pianura ravennate.
Ricci Curbastro apparteneva a una famiglia di solide tradizioni cattoliche tant’è che nel luglio del 1857 ospitò Pio IX durante la sua visita in Romagna come ultimo Papa-Re.
Uomo di fede, dispose che i suoi funerali fossero celebrati non in pompa magna e chiese che sulla sua tomba fosse posta una lapide che ricordasse il suo ruolo di insegnante all’Università di Padova e la sua profonda fede («fidente nella divina promessa»). Esercitò sempre in silenzio la carità e nel suo testamento spirituale esortò i suoi figli a essere prodighi in beneficenza e a restare saldi nella fede.
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