Encelado, nuove tracce di vita sulla luna di Saturno
di Davide Re
Tra i reperti raccolti dalla sonda Cassini sono state scoperte molecole organiche: si trovavano nel misterioso oceano disteso sotto i ghiacci del satellite

Segnali di vita dal sistema solare. Provengono, infatti, proprio dal misterioso oceano nascosto sotto i ghiacci di Encelado, una delle più affascinanti lune di Saturno, le grandi molecolare organiche alla base della vita le cui tracce sono state identificare grazie una nuova analisi dei dati della missione Cassini, conclusa nel 2017 e condotta da Nasa, Agenzia Spaziale Europea e Agenzia Spaziale Italiana. Pubblicata sulla rivista Nature Astronomy, la ricerca è stata coordinata da Nozair Khawaja, della Libera Università di Berlino.
Osservata da vicino per la prima volta nel 1980 dalla sonda Voyager 2, Encelado è anni al centro dell'interesse scientifico perché si ritiene che il suo oceano nascosto sotto i ghiacci abbia tutte le condizioni necessarie ad ospitare la vita. Negli anni questo sospetto è diventato sempre più fondato, anche grazie ai dati raccolti dalla sonda Cassini, entrata nel 2004 nell'orbita di Saturno e che durante la sua lunga missione ha visitato alcune delle sue lune, compresa Encelado. Per esempio, è stata Cassini a dimostrare per la prima volta che la superficie di questa luna è rivestita da uno spesso strato di ghiaccio, nel quale si aprono grandi fratture dalle quali vengono espulsi potenti getti di polveri e ghiaccio, simili a geyser. È stata questa attività a lasciare supporre che al di sotto dei ghiacci esista un oceano con fonti di calore, come vulcani sottomarini e fumarole, capaci di mantenere l'acqua allo stato liquido.
Proprio le particelle di ghiaccio espulse nello spazio dai geyser di Encelado erano state catturate e analizzate da Cassini sin dal suo arrivo ed erano stati raccolti così i primi indizi della presenza di molecole complesse, compresi i precursori degli amminoacidi, ingredienti fondamentali per la vita. C'era però il sospetto che le molecole fossero prodotte da alterazione dovute alle radiazioni cosmiche.
Adesso le nuove analisi dei dati cancellano ogni sospetto e confermano che quelle molecole organiche complesse arrivano direttamente dall'oceani nascosto sotto i ghiacci. Sono state anche scoperte molecole mai osservate finora, come composti alifatici, caratterizzati da catene di atomi di carbonio, e altre molecole organiche contenenti azoto e ossigeno.
«È fantastico vedere nuove scoperte emergere dai dati di Cassini quasi due decenni dopo la loro raccolta: dimostra la rilevanza a lungo termine di missioni scientifiche come questa», ha detto Nicolas Altobelli, responsabile scientifico di Cassini per l'Esa.
La scoperta rafforza l'ipotesi che l'oceano di Encelado abbia tutte le condizioni necessarie a ospitare primordiali forme di vita e dà nuovo impulso alla pianificazione di una futura missione capace di raggiungerne la superficie ghiacciata e cercare eventuali tracce di vita. I nuovi dati, rileva l'Esa, sono preziosi per pianificare una futura missione europea verso Encelado, della quale si sta già discutendo ma che dovrà ancora essere approvata. «Anche non trovare vita su Encelado sarebbe una scoperta enorme perché - ha commentato Khawaja - solleverebbe seri interrogativi sul perché la vita non sia presente in un ambiente del genere quando ci sarebbero in realtà le condizioni giuste».
E sempre da quella zona, arriva un’altra notizia: la fascia di asteroidi che si trova tra Marte e Giove si sta progressivamente impoverendo: si stima che l'attuale perdita di massa si aggiri attorno allo 0,0088% della materia coinvolta nelle collisioni, un numero apparentemente esiguo, ma che rappresenta un flusso significativo se si considera la scala temporale dell'evoluzione del Sistema solare. E' quanto emerge dallo studio condiviso sulla piattaforma arXiv dal team di ricerca dell'astronomo Julio Fernández, dell'Università della Repubblica in Uruguay. Secondo i calcoli degli esperti, circa il 20% della materia sfugge sotto forma di asteroidi e meteoroidi che occasionalmente attraversano l'orbita terrestre, entrando talvolta nella nostra atmosfera sotto forma di meteore. Il restante 80% viene invece ridotto in polvere meteoritica a seguito di collisioni.
Gli asteroidi più noti come Cerere e Vesta non sono stati considerati nello studio perché sono sopravvissuti sufficientemente a lungo da non contribuire più all'impoverimento della fascia. Lo studio suggerisce che 3,5 miliardi di anni fa la fascia degli asteroidi avrebbe potuto essere circa il 50% più massiccia rispetto a oggi, con un tasso di perdita di massa quasi doppio rispetto a quello attuale. Questo è in linea con le prove geologiche provenienti dalla Luna e dalla Terra, che mostrano un tasso di bombardamento in calo negli ultimi miliardi di anni. Comprendere meglio l'impoverimento della fascia di asteroidi sarà utile non solo a ricostruire la storia degli impatti che hanno modellato la superficie terrestre, ma fornirà anche informazioni utili per stimare il rischio di impatti futuri derivanti da oggetti che orbitano vicino alla Terra.
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