mercoledì 17 agosto 2022
Ha contribuito a superare il paradigma della secolarizzazione come destino delle società avanzate. Luterano, vedeva nella storia del cattolicesimo la culla della ragione e del progresso
Il sociologo statunitense Rodney Stark

Il sociologo statunitense Rodney Stark - Baylor University

COMMENTA E CONDIVIDI

È morto all’età di 88 anni, nella sua casa di Woodway in Texas, Rodney Stark, uno dei grandi nomi della sociologia delle religioni contemporanea, autore di una quarantina di libri, con un nutrito pubblico di lettori anche in Italia grazie alla pubblicazione delle sue opere principali da parte dell’editrice Lindau. Il decesso in realtà è avvenuto quasi un mese fa, il 21 luglio, ma la notizia è stata divulgata solo ieri, una stranezza di cui non sono stati resi noti i motivi.
Nato l’8 luglio del 1934 in una cittadina del Nord Dakota, in una famiglia luterana, Stark aveva intrapreso una carriera nel giornalismo ma l’interesse per la sociologia lo aveva portato a prendere una laurea e un dottorato all’Università della California, entrando così nel mondo accademico. Divenne professore di sociologia e religioni comparate all’università di Washington dove rimase per ben 32 anni, fino al ritiro nel 2003. Felice di uscire da un ambiente universitario che non amava, accettò all’ultimo l’invito della Baylor University, ateneo battista del Texas, perché convinto dell’importanza di avere negli Stati Uniti istituzioni universitarie di eccellenza e di ispirazione cristiana. Lì continuò il suo lavoro come distinguished professor di scienze sociali e condirettore dell’Istituto per gli Studi della Religione.
Stark è stato tra gli studiosi che hanno contribuito a superare il paradigma della secolarizzazione come destino ineluttabile delle società avanzate – Secularization R.I.P. fu il titolo di un suo famoso articolo del 1999 sulla rivista "Sociology of religion". Considerava la domanda religiosa come una costante della storia della civiltà, derivante dall’essenza stessa dell’uomo, e invitava a osservare piuttosto gli effetti che aveva il variare dell’offerta religiosa. Studiò l’evolversi della società americana e sostenne che fu la “competizione” fra le varie fedi a creare un ambiente di favorevole alla pratica religiosa, mentre questa nel Vecchio Continente declinava, almeno nelle sue forme tradizionali.
Stark lasciò la sua fede personale sempre in penombra, ma fece capire di non sentirsi legato a una denominazione cristiana particolare. Fu forse questa sua condizione a consentirgli di scrivere centinaia di pagine di chiarificazione del contributo della Chiesa di Roma allo sviluppo della civiltà occidentale – in opere come False testimonianze, Ascesa e affermazione del cristianesimo, La vittoria della ragione – con toni apologetici che non sarebbero stati facilmente “perdonati” a un cattolico.

Cantore della luce del Medioevo, c’erano poche cose che sopportava meno dell’espressione "secoli bui". «Se il progresso dell’Occidente si fonda sulle vittorie della ragione – scriveva – allora l’ascesa del cristianesimo fu senza dubbio l’evento più importante della storia europea. Fu infatti la Chiesa a dare costante testimonianza del potere della ragione e della possibilità di progresso».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: