sabato 12 novembre 2016
Si chiude l'esperienza di capitale italiana della cultura 2016. Il bilancio: boom di turisti ma troppi eventi "vetrina". La visita di Mattarella: i tesori leva di benessere
Piazza delle Erbe, cuore delle manifestazioni di Mantova capitale della cultura

Piazza delle Erbe, cuore delle manifestazioni di Mantova capitale della cultura

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Sotto le logge di Palazzo Ducale una classe delle elementari entra alle nove e mezzo del mattino nella reggia che si affaccia su piazza Sordello. Zaini in spalla, i ragazzi si mettono in fila mentre le insegnanti gridano: «State vicini». Continua a essere questa l’immagine turistica di Mantova. È, sì, la prima Capitale italiana della cultura che da marzo alla fine di quest’anno ha in agenda più di mille eventi. Ma resta essenzialmente la mèta delle gite scolastiche del Nord Italia. Perché è la città dei Gonzaga; perché c’è da ammirare la Camera degli sposi affrescata da Andrea Mantegna; perché incanta il castello di San Giorgio che si specchia sui laghi del fiume Mincio; perché è la patria di Virgilio; perché accoglie il teatro di Antonio Bibbiena, autentico gioiello barocco. Icone di una terra “minore” che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visita come un turista della Capitale della cultura, ospite ieri del convegno sul futuro delle città d’arte in Italia. «Mantova si è assunta un compito di apripista e la ringraziamo», dice.



Un anno con il botto di turisti

Proprio un anno fa la culla lombarda del Rinascimento aveva conquistato il riconoscimento del ministero dei Beni culturali. Ed è diventata il primo capoluogo a fregiarsi di una “medaglia” che l’ha portata sotto i riflettori nazionali e ne ha fatto un cantiere. Delle idee, ma anche di scheletri d’acciaio e gru nel centro storico. Come i ponteggi di Palazzo del Podestà che annunciano quello che vuole essere il lascito della Capitale: con nove milioni di euro lo storico complesso sarà restituito alla città. Nelle casse del Comune c’è già il milione arrivato da Roma come premio per aver ottenuto il titolo. «Ma ne abbiamo spesi tre per le iniziative, cui se ne aggiungono sei stanziati per le infrastrutture», spiega il sindaco pd Mattia Palazzi di fronte al teatro Bibiena. Totem, manifesti e persino le tovaglie sui tavolini dei bar – tutti rigorosamente rossi, ossia del colore scelto per rappresentare Mantova 2016 – mostrano l’orgoglio di essere il motore culturale del Paese. E a un mese dalla conclusione si tirano le somme di un’esperienza agli esordi. «La Capitale – sostiene Palazzi – ha permesso a una città di 48mila abitanti di ritrovare fiducia in se stessa dopo anni in cui tutti si piangevano addosso anche per colpa delle classi dirigenti. E la comunità ha compreso che il suo destino non è quello di essere una periferia». Poi elenca i numeri: aumentati della metà i biglietti staccati nei musei; cresciuti di un terzo i pernottamenti; più 5% di nuove imprese creative e ricettive. Certo, appena si esce dalla stazione, una catena sbarra le porte di quello che fu l’hotel Rigoletto, ispirato al giullare della corte dei Gonzaga reso immortale dalla musica di Giuseppe Verdi. «Ma il Pil locale ha avuto un balzo di quasi il 2%», ribatte Palazzi. Che tiene a far sapere: «Questo è un nuovo inizio per noi».



La critica: troppi eventi vetrina

Tutto oro? «Mantova è partita zoppa perché ha avuto poco tempo per organizzarsi. Ed è dipeso dal ministero che l’ha scelta soltanto lo scorso autunno», afferma monsignor Roberto Brunelli, direttore del Museo diocesano, che con il vescovo Marco Busca accompagna il capo dello Stato nella tappa alla basilica di Sant’Andrea – firmata da Leon Battista Alberti – che grazie a una ripulitura straordinaria è tornata dopo mezzo millennio a nuovo splendore. «C’è da aggiungere – rimarca il sacerdote – che si è puntato su una carrellata di appuntamenti che hanno avuto il sapore dell’improvvisazione». La diocesi non è stata coinvolta. «È vero che anche nel nostro Museo, un’eccellenza forse dimenticata, i visitatori si sono impennati del 50% ma resta la sindrome di un approccio “mordi e fuggi”». Il rischio è che Mantova sia ridotta a città vetrina. Un timore che evidenzia anche Mattarella. «Non dobbiamo sentirci custodi di un museo. Sta proprio alla nostra responsabilità continuare a far vivere i nostri tesori in modo che diventino leva di benessere e di crescita delle opportunità».



Il rischio di avere città museo

Fra gli scaffali della sua libreria Luca Nicolini, presidente del Festivaletteratura, avverte: «Non possiamo avere come modello Venezia che si è desertificata ed è finita in mano a marchi omologanti». La Capitale della cultura è coincisa con il ventennale della kermesse che ogni settembre trasforma la città in una “repubblica delle lettere”. Quest’anno le presenze al Festival hanno superato quota 135mila. «È l’effetto della Capitale – osserva Nicolini –. E finalmente è nato un movimento collettivo di elaborazione culturale che va dalle scuole alle associazioni».



La città coinvolta ma i "cervelli" locali fuggono

Sono gli ultimi esempi della mobilitazione cittadina lo spettacolo di domenica 13 novembre Storie fra Te e Terra scritto dagli studenti o le vetrine dei negozi che questo fine settimana sono dedicate al bene comune prendendo spunto dalla mostra Un sogno fatto a Mantova dove le opere d’arte contemporanea si aprono alla comunità. «Ciò dimostra che il patrimonio artistico dialoga con i linguaggi di oggi e genera dinamiche d’inclusione», racconta Stefano Baia Curioni, presidente del Centro internazionale di arte e cultura Palazzo Te, dal nome della villa estiva dei Gonzaga che è il maggiore polo espositivo locale. Il docente di economia della cultura parla di «successo inaspettato della Capitale dopo una partenza al rallentatore». E definisce Mantova uno scrigno del «buon vivere» che, però, i giovani lasciano. In più di mille l’hanno abbandonata nel 2015 per trovare sbocchi oltre confine: è la provincia lombarda con la più rilevante “fuga di cervelli”. Anche Mattarella ammonisce: «Le giovani generazioni chiedono di partecipare e a loro dobbiamo prestare la massima attenzione». «Mantova Capitale – conclude Baia Curioni – ha provato ad attrarre le risorse migliori. In fondo è la sfida di ogni media città d’arte che non può demonizzare il turismo ma deve sfruttarne le potenzialità coniugando passato, futuro e innovazione anche tecnologica». Come testimonia l’accordo con Google che regala alla Rete la visita virtuale di un capoluogo dove ci vogliono due ore di treno per arrivarci da Milano e che ha il più vicino aeroporto in un’altra regione (a Verona, in Veneto). Scherzi dell’Italia dei mille campanili.


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