giovedì 16 luglio 2020
Fabio Geda torna a raccontare la vita del profugo afghano Enaiatollah Akbari dieci anni dopo il bestseller mondiale
Fabio Geda con Enaiatollah Akbari

Fabio Geda con Enaiatollah Akbari - Paolo Siccardi

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Dieci anni dopo Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari, bestseller amato e letto in tutto il mondo, tradotto in 33 Paesi e con oltre 600mila copie vendute, Enaiatollah Akbari e Fabio Geda tornano a raccontare una storia pura, delicata, vera, fatta di nostalgia e affetti, distanze e vuoti riempiti, con al centro una parola chiave a fare da collante: possibilità. Storia di un figlio. Andata e ritorno (dal 16 luglio nelle librerie per Baldini+Castoldi; pagine 192, euro 16) è infatti una storia in cui il dolore della perdita si mescola alla commozione di chi sopravvive, e riprende il filo da dove si erano conclusi i Coccodrilli, nel 2008, quando Enaiat parla al telefono con la madre per la prima volta dopo il viaggio che dall’Afghanistan l’ha condotto a Torino. E se nel primo libro si raccontava il viaggio dell’eroe attraverso una mappa geografica, in questo sequel anomalo è come se si viaggiasse avanti e indietro nel tempo, in un percorso emotivo, più maturo e consapevole, con la voce non più di un ragazzo ma di un giovane adulto che ha potuto studiare, lavorare, imparare la lingua e integrarsi. Ecco la possibilità. E sono proprio l’esperienza e la consapevolezza il motore che rende i tempi maturi per raccontare cosa c’è stato prima e cosa dopo: «La vita – dice Akbari – dà alcune opportunità. Questo libro per me è un’occasione per parlare del mio Paese e di un percorso di integrazione. È la mia riconoscenza all’Italia per una possibilità che qui ho avuto e altrove no, ma senza buonismi, perché ogni opportunità richiede un percorso» e anche molti sforzi che hanno portato a celebrare un anniversario importante dieci anni dopo, con un rapporto di amicizia rafforzato dal tempo: «Nessun libro con Enaiat può esistere senza che ci sia il suo piacere di raccontarsi – spiega Geda –, quindi con i suoi tempi e con l’elaborazione della sua esperienza di vita. È bello però celebrare i Coccodrilli dieci anni dopo e ricominciare a mettere ordine su alcune cose; era il momento».

E così, con un progetto quasi alla Richard Linklater in Boyhood o nella trilogia di Befo- re Sunrise, Sunset e Midnight, Geda e Akbari creano qualcosa di unico, che resiste al tempo e si rinnova: «Enaiat – continua Geda – non è uno scrittore, ma porta in sé un talento unico per il racconto e una raffinata sensibilità narrativa. È come se avesse capito da solo la naturale chiusura di una fase e l’apertura di una nuova finestra. Quando ne abbiamo parlato ho pensato: come faremo a raccontare ancora qualcosa di così emozionante? Ma quando ha iniziato a parlare ho capito che l’arco drammaturgico era perfettamente compiuto. Rispetto ai Coccodrilli questo è un libro più consapevole, con i pensieri non più di un ragazzo, ma di un giovane adulto, però l’ironia, il tono lieve, la voce e lo sguardo sono gli stessi, e la speranza è quella di allora: che unisca le famiglie». Nel frattempo alcune cose sono cambiate nello scacchiere geopolitico mondiale, con un recente accordo che ha dato il via al ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan, dopo oltre 18 anni dall’11 settembre 2001: «Cambierà poco purtroppo – dice Akbari –, perché ci sono altri Paesi con interessi e non c’è intenzione da parte di nessuno di arrivare ad avere un governo stabile in Afghanistan. Si continuano a stringere accordi come nel Risiko e i giocatori sono tanti e diversi tra loro». Tuttavia Akbari ha un sogno, ovvero portare un contributo nel sistema dell’istruzione: «Studiare, andare a scuola, mangiare, non sono cose scontate. È un privilegio. È un sogno grande e da solo non posso farcela, ma spero che questo libro contribuisca a realizzare questo desiderio. Parallelamente vorrei aiutare la mia comunità, che qui in Italia sta crescendo e necessita di una maggiore conoscenza delle possibilità per potersi integrare, a cominciare dalle piccole cose, come fare un curriculum o trovare un lavoro. Quando si parla di aiutare a casa loro vuol dire anche questo. Lavorare qui può dare un grosso contributo a chi rimane e un enorme aiuto alle famiglie che restano, oltre a diverse opportunità di un’istruzione».

In questi dieci anni però la narrazione sui migranti è cambiata, per cui l’impatto che potrebbe avere questo libro rispetto al precedente, potrebbe essere diverso: «Quando siamo usciti con i Coccodrilli – dice Geda – avevo sempre un’impressione nel raccontarlo, come se le persone ascoltassero queste storie per la prima volta. E c’era grande empatia. Non so se oggi sarà accolto allo stesso modo e potrebbe essere che alcuni staranno con noi e per noi, mentre altri faranno resistenza, cavalcando un certo tipo di retorica che si è messa in moto negli ultimi anni, a partire dalla grande crisi dei migranti », tuttavia è stato ed è ancora fondamentale raccontare e ascoltare storie come questa. Nel finale di Storia di un figlio si parla infatti di prendersi cura collettivamente del mondo, proprio attraverso le storie delle persone: «Credo sia importante ascoltare storie come questa perché sono vite, e l’obiettivo è sempre lo stesso: fare del bene agli altri attraverso storie e vite», dice Akbari. Storie e vite che in questo libro si espandono, facendo sì che quello che era lo sguardo di Enaiat nei Coccodrilli, qui possa illuminare anche altre parti del racconto: «È come se nel primo libro – spiega Geda – l’occhio fosse sempre su di lui e si vedesse solo ciò gli era attorno, spostandosi e illuminando, mentre in questo nuovo c’è l’idea di un osservare più da lontano tutto il resto, andando a riempire vuoti e inserendo pezzi mancanti (alcuni, non tutti) del puzzle. Rispetto ai Coccodrilli, dove tutto apparteneva alla memoria di Enaiat, qui c’è un doppio passaggio, per esempio attraverso gli occhi della sorella o nel racconto della storia dell’Afghanistan. A parlare non è più solo la memoria del singolo, ma quella collettiva», raccontata senza fratture tra un libro e l’altro, e anzi dando continuità anche a distanza di anni: «È la memoria della mia famiglia – spiega Akbari – per cui ero coinvolto al 100%». Questo libro è nato in Italia, ma potrebbe fare il giro del mondo come il precedente e sarebbe un grande successo continuare a portare in giro questa storia a tanti ragazzi ogni anno. Perché, come conclude Akbari, «si può solo imparare dalla cultura».

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