mercoledì 14 aprile 2021
In uno studio di Cacciotti l’evidenza battagliera ed estatica delle Laudi del frate francescano. Attuali e capaci di «parlare» alle religioni
Il beato Iacopone da Todi  in un affresco di Paolo Uccello nel Museo dell'' opera del Duomo di Prato (1435-1440)

Il beato Iacopone da Todi in un affresco di Paolo Uccello nel Museo dell'' opera del Duomo di Prato (1435-1440) - Archivio

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È di questi ultimi mesi una bella edizione einaudiana di un capolavoro della nostra etnografia storica, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria pubblicato nel 1958 da Ernesto De Martino e rimasto, da allora, una pietra miliare nel lungo camino della 'religione profonda' che ha segnato il passaggio dal paganesimo al cristianesimo nel orso dei secoli in quell’'umile Italia' della quale hanno parlato il Levi di Cristo s’è fermato a Eboli e il Moravia di La ciociara. L’attuale edizione di Einaudi (pagine 372, euro 29), presentata su queste colonne nelle scorse settimane, si avvale della lunga, dotta introduzione del filologo e storico delle religioni Marcello Massenzio e dell’uso sistematico dell’atlante figurato del pianto in rapporto con quell’eccezionale documento che è l’Atlante Mnemosyne di Aby Warburg. Dici De Martino, dici plantus Mariae, e la memoria, e soprattutto il cuore, corrono inarrestabili a Iacopone da Todi: «Stabat mater dolorosa - iuxta crucem lacrimosa…»; «Donna de Paradiso - lo tuo figliolo è priso…»; «O amor, devino amore, amor, che non se’ amato!...». E magari, in quest’Anno dantesco, i versi pieni di dolore e di rabbia contro Bonifacio VIII: «con la lengua forcuta m’hai fatta esta feruta…».

Iacopone, testimone dei travagli dell’Ordine francescano fra Due e Trecento e grande poeta. Ma anche teologo e mistico. Dopo i fondamentali Studi critici sulla vita e l’opera di Iacopone da Todi a cura di Massimiliano Bassetti e di Enrico Menestò (Cisam, 2020), ecco adesso un denso, robusto saggio di Alvaro Cacciotti (francescano di Greccio, professore all’Antonianum e alla Lateranense di Roma) dedicato a La teologia mistica di Iacopone da Todi (Edizioni Biblioteca francescana, pagine 214, euro 24): un libro e un taglio destinati senza dubbio a sconcertare quanti sono abituati a considerare la poesia del frate tudertino nel contesto ormai acquisito di una religiosità commossa e veemente, ma tutto sommato convenzionale pur nei suoi aspetti anticonformistici. Nulla di tutto ciò. Partendo dal libro meditato e perfino sofferto di Grado G. Merlo, Nel nome di san Francesco, Cacciotti rintraccia con coraggio i molteplici fili e i complessi nodi che collegano l’esperienza francescana alla natura dell’esperienza mistica che va ben al di là dello stesso spirito cristiano e che giustificano il fatto che ormai in molti ambienti religiosi di altro ambito soprattutto, ma non soltanto, musulmani e buddhisti - a essa ci si rifaccia in modo non esteriore, non stilistico, bensì propriamente religioso-teologico: e in un senso propriamente mistico nella misura in cui il modello costituito dalla spiritualità del Povero di Assisi supera gli schemi e le barriere storico-disciplinari imposte dalle diverse religioni.

E sorge spontaneo il confronto con un capolavoro del cristianesimo umanistico del Quattrocento, il De pace fidei di Nicola Cusano. Chi abbia presenti i concetti dell’altissima paupertas nella regula bullata e nell’Arbor Vitae di Ubertino da Casale, tanto strettamente connesso a quel testo enigmatico e affascinante ch’è il Sacrum commercium, nonché di kenosis, di 'svuotamento', sul quale di recente è tornato a insistere Massimo Cacciari nel saggio Doppio ritratto (Adelphi) dedicato al Francesco quale si presenta in Bonaventura da Bagnoregio e in Dante, troverà nell’“alta nichilitate” di Iacopone la chiave concettuale per comprendere più a fondo quel messaggio che si coglie nella mistica sufica dei 'dervisci rotanti' con il loro ritmato grido Hu! ('Lui!', in arabo: Dio) tanto simile al gorgogliare a mo’ di colomba di Francesco in estasi secondo una fonte minorita e della sunyata ('vacuità'). L’annullamento in Dio è l’apice religioso, filosofico e al tempo stesso poetico raggiunto da Iacopone, quale unione di Dio con l’uomo, congiungimento dell’Amante con l’Amato. Ma, attenzione, non c’è affatto serenità in questa raggiunta consapevolezza. Al contrario, il Laudario iacoponico è una raccolta fortemente polemica, un 'libro di battaglia', un testo intransigente. E poiché spesso in quest’ordine di temi si sfiora quel che è l’Ineffabile nel senso letterale del termine, bene fa Cacciotti a fornirci, nell’ultima settantina di pagine del suo libro di un nutrito vademecum esemplificatorio costituito da alcune tra le più importanti laudi. Cominciando proprio dalla celeberrima De l’amor muto, secondo Giuseppe Ungaretti «forse la più bella lirica che un uomo abbia mai scritto».

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