mercoledì 4 maggio 2016
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Un pugile messicano, un allenatore, il ministro razzista, il cinico organizzatore, un ragazzo: attorno a un ring si “gioca” una storia (ispirata a Jack London) che fa riflettere sul dramma degli stranieri. Sul palco del Verdi di Milano protagonista il bravo Pezza MILANO Sul palco un ring dentro il quale si muove un solo attore per dare vita ai diversissimi personaggi della storia. Un brano del libro dei Leviti è il filo di una trama semplice, ispirata a un racconto breve scritto da Jack London nel 1911, Il messicano, che prende spunto dai primi movimenti rivoluzionari contro la dittatura della “Junta” di Madero che imperversava allora nel Paese nord-latino. È un monologo noir “a più voci” sul tema dei migranti, Il Levitico, prodotto e messo in scena dalla Confraternita del Chianti, compagnia milanese fondata dalla drammaturga Chiara Boscaro e dal regista e autore Marco Di Ste- fano che hanno firmato anche questo spettacolo: il debutto, in prima nazionale, è avvenuto al Teatro Verdi di Milano. Nella prossima stagione teatrale Il Levitico sarà protagonista in vari palcoscenici della Penisola, nelle scuole della Lombardia e al Teater Albatross di Gunnarp, in Svezia. Si tratta del terzo capitolo del progetto denominato “Pentateuco”, ciclo di cinque piéce, ognuna delle quali autonoma, ispirate simbolicamente ai primi cinque libri dell’Antico Testamento che hanno per tema “un popolo in cammino”, con storie di viaggi impossibili, sacrifici, precarietà, discriminazioni, clandestinità (il Pentateuco, appunto, di cui fanno parte Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). A guidare lo spettatore nello sviluppo dei quadri scenici, una frase del Levitico (19,33-34) che risulta di una drammatica attualità e suona come un giudizio sul fenomeno dell’immigrazione che sta sconvolgendo il Mediterraneo e l’Europa: «Quando uno straniero dimorerà presso di voi nel vostro Paese, non gli farete torto. Lo straniero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati stranieri nel paese d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio». Il protagonista del racconto è Felipe Rivera, un pugile messicano dagli occhi di ghiaccio che viene assoldato da un manager senza scrupoli per battersi contro La Roccia, un campione che finora non è mai caduto al tappeto. Il denaro guadagnato dal boxeur messicano, segretamente affiliato all’Esercito di Liberazione Immigrati, servirà per finanziare la rivolta («l’unica cosa che abbiamo per restare umani») contro il governo e dare una speranza agli ultimi, a chi è in cerca di quella dignità che gli è negata dal potere. Ma il match, che assumerà un valore simbolico rispetto alla lotta politica e sociale in atto, risulterà truccato e le cose non andranno come previsto. Ogni personaggio è legato all’altro dall’incontro con un misterioso ragazzo proveniente da un Paese straniero, un immigrato che diventerà simbolo della rivoluzione annunciata. A interpretare le figure che partecipano alla vicenda (il pugile, l’allenatore, il ministro razzista e ottuso, il cinico organizzatore di incontri di boxe, il ragazzo) è il bravo e intenso Marco Pezza che, con il resto della compagnia, ha preparato lo spettacolo in Svezia, scambiando le proprie esperienze con quelle di attori e drammaturghi della Scandinavia, dove Il Leviticoapproderà nella stagione 2016-2017. © RIPRODUZIONE RISERVATA SUL PALCO. Marco Pezza
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