sabato 28 ottobre 2017
Nel suo nuovo libro Alessandro D'Avenia ripercorre la storia dell’arte e della letteratura in una prospettiva tutta femminile facendo emergere la forza salvifica dell'amore
Con la donna, nel mistero
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Nadežda è unica, ma non è sola. La moglie del poeta russo Osip Mandel’štam, rimasta celebre per aver salvato dalla distruzione, imparandole a memoria, le poesie del marito imprigionato nel gulag, è una delle figure di donna che Alessandro D’Avenia convoca nel suo nuovo libro, Ogni storia è una storia d’amore (Mondadori, pagine 324, euro 20,00, disponibile dal 31 ottobre). Una scelta che potrà apparire sorprendente, questa di ripercorrere la storia dell’arte e della letteratura in una prospettiva tutta femminile, ma che procede in perfetta coerenza rispetto al precedente libro di D’Avenia, L’arte di essere fragili (pubblicato lo scorso anno da Mondadori, che ha in catalogo tutta la produzione dell’autore, e all’origine di un fortunato tour teatrale).

Lì, dopo la trilogia romanzesca inaugurata nel 2010 dal best seller Bianca come il latte, rossa come il sangue e proseguita con Cose che nessuno sa del 2011 e Ciò che inferno non è del 2014, D’Avenia aveva deciso di far coincidere ulteriormente i due aspetti della sua attività, quella del narratore e quella dell’insegnante. Certo, un professore d’eccezione era presente anche nei romanzi, proiezione riconoscibilissima della pedagogia dell’ascolto caratteristica anche del sito www.profduepuntozero.it e dei frequenti interventi di D’Avenia su Avvenire. Con L’arte di essere fragili l’autore si era spinto più in là, mettendo letteralmente in scena se stesso in un dialogo – immaginario e documentatissimo – con Giacomo Leopardi.

In Ogni storia è una storia d’amore , destinato a sua volta a trasformarsi in spettacolo teatrale, il felice esperimento viene ripreso attraverso una moltiplicazione degli interlocutori (anzi, delle interlocutrici) e dei punti di vista. Al centro di tutto c’è l’amore inteso come alleanza coniugale, con un riferimento continuo alla vicenda archetipica di Euridice e Orfeo così come Ovidio ce la consegna nelle Metamorfosi e, nello stesso tempo, con una verifica meticolosa delle fonti. Niente è inventato in quello che D’Avenia racconta, si tratti del sodalizio luminoso e sofferto fra Tess e Raymond Carver o della passione febbrile di Amedeo Modigliani per la sua Jeanne. Anna Magdalena Bach, assennata sposa del grande compositore, si ritrova a fianco dell’infelice poetessa Sylvia Plath, l’intelligenza affilata di Ingeborg Bachmann non contraddice la delicata dedizione di Edith, moglie e complice di J.R.R. Tolkien.

Non sempre il narratore è riconoscibile come nel caso di Nadežda, il cui coraggio ci è restituito da un anonimo burocrate sovietico affascinato dal coraggio della donna. Chiarissimo rimane, di volta in volta, l’interrogativo che attraversa il libro per intero: «Che l’amore possa salvare [...] non è più un mistero, il mistero è perché respingiamo la salvezza, gettandoci nelle spire del disamore, nel tentativo di procurarci da soli la vita succhiando quella degli altri».

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