venerdì 12 aprile 2024
Oggi esce "Pastiche", album, voce e piano, della strana coppia Francesco De Gregori e Checco Zalone Storia di un'amicizia che è diventata anche una collaborazione artistica molto interessante
Checco Zalone e Francesco De Gregori alla presentazione del disco "Pastiche" alla Santeria Toscana di Milano (foto M.Castellani)

Checco Zalone e Francesco De Gregori alla presentazione del disco "Pastiche" alla Santeria Toscana di Milano (foto M.Castellani) - undefined

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Francesco “ha fatto outlet”, come direbbe la sua spalla, quella della nuova ditta musicomica Checco Zalone & De Gregori: «Volevo condividere della buona musica con un amico e abbiamo fatto un disco». Nessun pasticciaccio di viale Toscana (la Santeria Toscana è il locale milanese dove hanno fissato l’incontro) ma semplicemente un album, Pastiche (Columbia Records-Sony Music, esce oggi). Un 33 giri, anche in vinile (doppio lp), nato al tavolo di casa De Gregori: «Tra una cacio e pepe cucinata divinamente da Francesco e una suonata al suo Steinway che non aveva mai sentito un suono così», dice ridendo Checco che non vuole deludere quelli che «vogliono sentirmi dire solo cose stupide».

Non è un pasticcio, nè una marachella, ma un 33 giri: "Pastiche"

Del resto, « Pastiche è un disco ilare», sottolinea il Principe del cantautorato italico. Umoristico, fin dalla copertina che rimanda a quella vintage di “Carosello Carosone N.2” del grande Renato Carosone. Ma questo album non è una «marachella» come si schernisce De Gregori. Al di là dell’improvvisazione che è il sale della genialità di Checco e Francesco, questo è un progetto voce e piano che mette assieme quindici perle di canzoni. Tredici canti degregoriani, un duetto Zalone e un inedito scritto a quattro mani in cui «Checco ha messo due note, giusto per prendere i diritti», dice il De Gregori versione cabaret, anzi in formato teatro-canzone, come prevedono le due serate romane, già fissate alle Terme di Caracalla per il prossimo 5 e 9 giugno. Due notti da re che fanno già gola alla tv e che lasciano prefigurare anche un possibile format. La voce suadente di De Gregori è un’autostrada su cui le emozioni di chi ascolta viaggiano fin dagli anni ’70, perciò il progetto situazionista della strana coppia fa tornare alla memoria Il poeta e il contadino di Cochi e Renato, attualizzato a Il bandito e il campione dei giorni nostri. In merito al titolo, aneddoto di Zalone. Il giorno che ha incontrato il Maestro stava pescando polpi al largo del mare di Bari, quando gli arriva un sms. «Vorrei conoscerti. Firmato Francesco DG. Pensai che era Diggiei Francesco (alias Francesco Facchinetti) che voleva incontrarmi». Prima gaffe zalonesca. La seconda: «Al primo incontro confessai a Francesco: Il bandito e il campione la considero la canzone più bella che hai scritto… E infatti, scopro che l’ha scritta suo fratello ».

"Pittori della domenica", rispetto per quegli artisti che a differenza nostra non ce l'hanno fatta

Luigi Grechi (De Gregori), il nostro miglior cantante folk che se ne sta seduto in prima fila al teatro della Santeria, fa un po’ parte di quei Pittori della domenica di Paolo Conte (inserita in Pastiche), «canzone dedicata a tutti quegli artisti bravi che non hanno avuto il giusto riconoscimento... così a volte penso, che un po’ del nostro successo lo abbiamo usurpato a loro», confessa Francesco. Luigi si diverte e forse è anche un po’ spiazzato da questo fratello che dopo mezzo secolo di cantautorato serio, a volte eccessivamente serioso, ha deciso che l’ultima parte di quello showcase che è la vita, va vissuta un po’ alla Vasco, andando al massimo, senza freni e in tandem con Checco. Prendersi meno sul serio e rispondere che la versione inglese di Generale «fatta tanti anni fa per gli americani» non poteva essere inserita in questo disco, ma per una ragione semplice: «L’hanno già fatta gli inglesi e l’hanno tradotta in “Vannacci”». Battuta sublime di un Checco più asciutto, forse consapevole che il politicamente scorretto lo rende unico ma non deve mai trascendere, come ha fatto nei live del tour nelle arene, nel trash alla Pino e Amedeo in versione Emigratis. Zalone è un artista completo, che anche in Pastiche prende in mano La valigia dell’attore (canzone che De Gregori scrisse e donò ad Alessandro Haber, e che non figura nell’album) e la apre mostrando il suo virtuosismo da jazzista, nella musica come nel piccolo e grande schermo.

Zalone, alias Luca Medici, il ragazzo di Capurso che suona da vero jazzista

Il ragazzo di Capurso, all’anagrafe Luca Pasquale Medici, si rimette coscienzioso alla tastiera da autodidatta qual è e interpreta il suo ruolo seriamente. «Perché nella coppia potrei essere l’attore, il Woody Allen, ma a differenza di Woody Allen io so suonare» dice togliendosi il cappellino con cui è entrato in scena aprendo alla tastiera con la hit degregoriana senza tempo, Buonanotte fiorellino (cui segue la monumentale Rimmel). Checco e Francesco si scambiano i ruoli, divertiti e divertenti. Non è lo Zalone delle cover di Zelig in cui era stato capace di sbertucciare il Marco de La solitudine di Laura Pausini, fino al Jovanotti smielato e paterno di A te, ma un pianista niente affatto comico, un interprete di accompagnamento di lusso, alla Danilo Rea. «Di Checco apprezzo quella dolcezza senza cattiveria che mette nei film e che si ritrova anche quando suona», dice il Maestro. E questo effetto infatti dà al disco un retrogusto “melancomico”. La vetta più alta in tal senso la raggiungono nell’omaggio a Pino Daniele e alla sua Putesse essere allero. «Putesse essere allero e m'alluccano / Dint'e recchie e je me sento viecchio», canta da brivido De Gregori. È invecchiato il Principe, ma è invecchiato bene, come un Rosso di Montefalco, il vino a lui caro nelle notti umbre con gli amici di sempre. La voce è paglierina, carismatica come ai tempi di Banana Republic e la verve più ridanciana infatti è quella di Solo un gigolò nell’ultimo memorabile tour con il geniale Lucio Dalla. De Gregori sotto il cappello nasconde ancora un vulcano di idee e di pezzi di sogni, oltre ai Pezzi di vetro che rimane una delle canzoni iconiche della seconda parte della sua storia di un uomo, che per brevità chiamiamo Artista. E non ce ne sono più molti in circolazione di questa specie di Artisti nati intorno agli anni ’50 (eccezion fatta per Paolo Conte, classe di ferro 1937) che andrebbe tutelata e protetta. Zalone ascolta ammirato e si fregia di quel loro seconda incontro, «quello del mio primo marchettone per te Francesco», in cui alla Feltrinelli di Bari riuscì a strappare al Maestro un duetto sulle note della sua Gli uomini sessuali. «Canzone anche che rifacciamo ora, ma l’abbiamo lasciata fuori da Pastiche, perché i capolavori non si toccano!».

Checco e Francesco, due amici che si divertono a cantare e suonare, alla Carosone

Nel disco ci sono due momenti in cui Checco zaloneggia: quando ripesca il brano celentanesco La prima repubblica (canzone del film Quo vado?) e poi con la sua creazione, Alejandro, «pezzo che Julio Iglesias me l’ha scartato», brano demenziale che nello spagnoleggiare rimanda a quelli di Armando De Razza. «Alejandro, io lo so qual è la causia, Alejandro andropausia», intona uno sbracato De Gregori. Sorridono guasconi scambiandosi. E ora dopo lo Zalone musicista «blandito dal Maestro», c’è da aspettarsi il debutto dell’attore De Gregori nel prossimo film di Checco. «Mi piacerebbe », dice convinto il Principe. «Sarebbe bello ma in questo momento non ho il film. Comunque voglio ricordare che il cane di De Gregori ha recitato in Quo vado?. Adesso devo capire se richiamare il cane o prendere Francesco...», dice ridendo il re del botteghino ( Quo vado? con 65 milioni di euro resta il film italiano record di incassi). «Dopo anni di cinema perdente adesso con la musica Checco vedrà i soldi veri», dice il suo sodale Francesco che nelle ultime stagioni ha sempre viaggiato in coppia, prima con Lucio Dalla e poi fino alla scorsa estate con il suo fratello romano del Folk Studio Antonello Venditti. Un sodalizio che era fermo al 1972, anno del loro primo e unico album, Theorius Campus. E dopo l’ultimo lungo viaggio fatto assieme a Venditti, omaggio anche ad Antonello dalla ditta Checco & Francesco con la struggente Le cose della vita. Ora è il tempo di tornare a lavorare in proprio dal vivo, De Gregori dopo le due date con Zalone torna al tour da solista nei luoghi d’arte del Belpaese (prima data, il 12 giugno ai Musei Civici di Piacenza). Questo per il Principe è anche il tempo di fare i conti con se stesso. La My Way, brano totem di Sinatra e Presley, in Pastiche diventa Giusto o sbagliato. «Il conto è lì sul tavolo giusto o sbagliato». Romantico De Gregori, che chiude il disco con quell’«andarsene è un peccato vero, ciao ciao». L’incipit di Ciao Ciao sembra scritto apposta per salutare per sempre la compagna di una vita, moglie e madre dei loro due figli. Non sappiamo quale futuro potrà avere come musicista Checco Zalone, al quale comunque questo sorso di note leggere non può che fare bene per riscendere dalle nubi e concentrarsi su un cinema in cui può esprimere quella stessa profonda dolcezza espressa al piano in Pastiche. Francesco De Gregori invece si conferma poeta rarissimo facendoci riscoprire continuamente quelle canzoni di un repertorio che Edmondo Berselli aveva definito dei «fermimmagine». Forse sta proprio qui il senso della strana coppia, aver unito i loro fermimmagine, riscoprendo il gusto dello stare insieme e dell’amicizia sincera nel breve percorso che fa la puntina su un vecchio giradischi, in cui spesso le cose belle, e purtroppo anche quelle brutte delle nostre vite, possono stare racchiuse e conservate per sempre in un 33 giri.

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