lunedì 20 novembre 2017
L'annuncio all'inizio della riunione del consiglio federale, dopo tre anni tre mesi e 9 giorni di presidenza. Poi un monologo “delirante” in cui scarica la colpa su Ventura.
Carlo Tavecchio, presidente della Figc: oggi ha dato le dimissioni (Ansa)

Carlo Tavecchio, presidente della Figc: oggi ha dato le dimissioni (Ansa)

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«Carletto l’ha fatta nel letto...» cantava Corrado Mantoni. Carletto Tavecchio, da ieri ex n. 1 della Federcalcio, l’ha fatta anche un po’ fuori dal vaso. Dopo tre anni tre mesi e 9 giorni di presidenza nel Palazzo del pallone italiano il 74enne brianzolo si è arreso.

Una resa mondiale, come quella degli azzurri di Gian Piero Ventura nello spareggio perso contro la Svezia. Ora Carletto e il Gianpi sono due sventurati, due naufraghi senza più la stessa barca e neppure una scialuppa di salvataggio azzurra alla quale aggrapparsi. Ma nel delirio della conferenza finale da presidente dimissionario Tavecchio, tra un inascoltabile “francesismo” e l’altro, rinnega per la seconda volta l’ex ct. Dopo aver detto alle Iene «non dormo da quattro notti per colpa di Ventura. È tutta colpa sua se siamo fuori dal Mondiale», ci stupisce ancora con i soliti effetti speciali quando dice: «Ventura non l’ho mica voluto io commissario tecnico della Nazionale...». Strappate tutti i poster in cui Tavecchio e Ventura appaiono sorridenti il giorno della presentazione del ct azzurro proclamando convinti che assieme avrebbero «fatto la storia». Detto, fatto: fuori dai Mondiali di Russia 2018, cosa che non accadeva da Svezia 1958, quando il 15enne Carletto aveva appena messo via i calzoni corti.

Svezia fatale anche per il Tavecchio furioso che se ne va sbattendo la porta e urlando in faccia alla nazione: «Ho rassegnato le dimissioni e per mero atto politico le ho chieste al Consiglio federale, ma nessuno le ha rassegnate».

Il piccolo grande uomo azzurro è rimasto solo. Tutti i suoi alleati - veri o presunti - l’hanno ipocritamente scaricato. Si chiama metodo all’italiana, aiuta l’amico dell’amico per poi tradirlo e rinnegarlo alla prima occasione utile. È lo stesso modulo che gli aveva consentito di arrivare al potere, lui ultimo uomo, piccino eppure pesante nel computo dei voti grazie ai quasi quattro lustri da padre padrone della Lega Dilettanti prima della scalata al vertice federale.

E anche lì nella sua vecchia Lega Dilettanti sono rimasti più nemici che onori «non potete capire le pressioni che ci sono state tra i Dilettanti – denuncia Tavecchio – Siamo arrivati a un punto limite di speculazioni. La Lega Pro? Non è mai stata alleata, la settimana scorsa mi era stato inviato il documento programmatico, avevo interpretato in buona fede una volontà di alleanza e invece siamo di fronte a un sistema sportivo che si permette di prendere decisioni gravi quando il soggetto più importante che è il fornitore del sistema Italia è assente, quando la Serie A e la Serie B non ci sono: il 23 e 27 eleggeranno i loro presidenti, ma aspettare otto giorni sembrava la tragedia mondiale del calcio italiano».

In un tragico ed esilarante lunedì invece tocca a lui sventolare bandiera bianca, atteggiandosi longanesianamente a un omino sott’odio. «Nella riunione di mercoledì credevo che il quadro fosse cambiato ma quando oggi (ieri, ndr) ho avuto la sensazione che la mia componente (nella quale ho 18 anni di militanza) che ho consegnato in un modo e ho trovato in un altro, ha fatto considerazioni che non promettevano un sostegno non ho esitato e ho dato le dimissioni per un fatto politico e non certo sportivo. Non dobbiamo riverenze a nessuno, abbiamo dato al Coni 30 milioni in questi ultimi anni...».

Tavecchio chiama in causa il presidente del Coni Giovanni Malagò, il primo a invitarlo a lasciare la poltrona subito dopo il triplice fischio dello spareggio mondiale. «Ieri sera (domenica, ndr) Malagò ha detto che il ct lo ha scelto Marcello Lippi dopo un’analisi di quattro soggetti. Io non l’ho mai detto, perché le riunioni private non le porto in pubblico: ora lo sapete che Ventura non lo ha scelto Tavecchio...». Immediata la smentita di Lippi: «Tutto vero quel che ha detto ieri Malagò, tranne una cosa: non ho scelto io Ventura. Tavecchio ricorda male...».

Lo smemorato di Ponte Lambro incassa e torna alla carica: «Tavecchio paga per Ventura? Io sono disperato per non aver centrato la qualificazione mondiale, e questo diventa la tragedia? E se quel palo fosse entrato?». Il palo in questione è il legno colpito da Darmian nella gara d’andata di Solna che poteva dare il pareggio all’Italia. E a quel palo Tavecchio ora si sente appeso da un intero popolo di irriconoscenti che non ha compreso lo sforzo “eroico” compiuto in questi tre lunghissimi anni di presidenza. «Tutte menzogne sul fatto che non ci sono ct disponibili a venire in Nazionale. Ho parlato con 4-5 grandi allenatori, sono tutti impegnati, potranno dire la loro fra poco o fra tanto ma nessuno non viene per colpa di Tavecchio».

È un monologo beckettiano quello del sciùr Carlo che domanda amletico: «Ditemi quali sono i risultati delle altre federazioni? Secondo voi le 4 squadre in Champions sono venute perché Tavecchio ha la giacca blu o perché abbiamo cambiato gli equilibri europei e della Fifa? Sulla Var prima Biscardi, poi è venuto Tavecchio. Volevo la Var dal 2014, sono stato il primo a chiamare Blatter... – continua l’ex n.1 della Figc – Uva è vicepresidente Uefa perché è bello? La Christillin è nel Consiglio Fifa grazie agli gnomi dietro la scrivania? Pensate che a 74 anni ho bisogno di sedermi su una sedia? Se ritengo di avere colpe per la mancata qualificazione al mondiale? Sì, forse non essere intervenuto a Milano per cambiare allenatore alla fine del primo tempo...».

Ecco, forse per rendere davvero memorabile, da record, il suo mandato, Tavecchio avrebbe dovuto compiere un esonero in corsa, e tra il primo e il secondo tempo di Italia-Svezia cacciare Ventura. Stiamo scherzando ovviamente. Ma l’ironia è una delle tante doti in cui è sempre stato carente l’ex presidente Figc che digrigna i denti quando gli fanno notare l’ultimo affondo di Malagò in merito al commissariamento della Federcalcio: «È molto grave, in Italia ci sono gli statuti e le garanzie – conclude Tavecchio – Porterò a termine questi 90 giorni, poi mi farò da parte ». Mentre volano gli stracci dal balcone del Palazzo del calcio, attendiamo, fiduciosi, i prossimi novanta giorni.

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