domenica 31 luglio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
È un’estate all’insegna dell’avventura quella che proponiamo quest’anno ai nostri lettori, attraverso la serie dei venticinque racconti che pubblicheremo ogni giorno, a partire da martedì, 2 agosto. Nell’anno del centenario della morte di colui che è stato definito «il Verne italiano», quell’Emilio Salgari che non aveva mai lasciato la sua Torino e che è diventato l’emblema dell’avventura, senza mai neanche visitare i luoghi in cui ambientava le sue avventure, l’India, i Caraibi, Siam, facendo solo approfondite ricerche, perché per lui «scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli», abbiamo voluto proporre una serie di storie che ci raccontano oggi le molte possibilità che l’avventura può offrire a livello narrativo. Ricordando Salgari e la sua idea di avventura, abbiamo chiesto agli scrittori di racconti storie emblematiche per un «sillabario dell’avventura» contemporaneo, che non si limita al genere letterario in sé, declinato in vari aspetti, ma indaga il sentimento in senso più largo, nell’ottica complessa di quella che può essere l’avventura umana. Si tratta di un percorso nelle storie per capire come cambia l’idea di "avventura", in una realtà che ha modificato anche i confini del proprio immaginario, che anche dal punto di vista letterario ha avuto altre declinazioni di questo grande "universo" rappresentato dall’avventura, accostando agli scenari di grandi scrittori del calibro di Robert Luis Stevenson, di Jules Verne, di Jack London, dello stesso Salgari, l’anima più nera di un poliziesco a tinte noir e quella di un’immaginario carico di simbologie, rappresentato dal fantasy. Agli scrittori non abbiamo chiesto un’aderenza specifica all’avventura, legata al canone del genere letterario, per far sì che l’attenzione si appuntasse proprio sulla parola "avventura" come metafora della vita, parola che poi è stata declinata in vari modi e attraverso personali prospettive, anche con l’ausilio del genere letterario o con la chiamata in causa di grandi opere che hanno determinato, fin dall’antichità, la dimensione mitica dell’avventura. Ne è un esempio, in questa serie, il ricorrere di Ulisse (in due differenti modi DI rileggere la sua "avventura", quello di Marta Morazzoni e quello di Roberto Mussapi), ma anche della mitologia, come avviene nel racconto di Alessandro D’Avenia che riprende la figura di Icaro, anche se poi il tema dell’avventura come volo, in uno scenario tutto italiano, quello delle Alpi Apuane, viene raccontato anche da uno degli autori "cult" del genere «romanzo d’avventura» in Italia, vale a dire Marco Buticchi. Tra gli autori che hanno reinventato, in modo assai originale, scenari e situazioni, dell’avventura in senso classico, troviamo le storie di mare inquiete, in scenari diversi, di Ferruccio Parazzoli e di Marco Missiroli che trasforma il più quotidiano mare di Rimini in un angolo che sembra ripreso dalle suggestioni di Melville. C’è anche la mitica figura del Capitano nel racconto di Ernesto Ferrero, con il suo bagaglio di storie vissute al confine tra realtà e immaginazione. Abbiamo altre declinazioni dell’avventura: un Jack London tutto italiano, ambientato tra i monti della Garfagnana per il «vecchio lupo» di Vincenzo Pardini e un’inedita invasione di alieni, a rappresentare l’avventura fantascientifica, nello shuttle che arriva sulla terra dal Satellite Minosse, immaginata da Giuseppe Conte. C’è poi anche il ritorno del "western", grande mito degli anni Cinquanta e Sessanta, proposto da un autore come Mino Milani, che riprende le atmosfere dei suoi fortunati romanzi per ragazzi che avevano per protagonista il cow-boy  Tommy River. Troviamo anche l’avventura di ambientazione storica, attraverso Franco Cardini e il suo viaggio verso Santiago e Raffaele Nigro che riporta all’epoca di Federico di Svevia e al mistero di un corpo mummificato. L’avventura può essere anche una questione di memoria e come dice il protagonista del racconto di Alessandro Zaccuri, «in un mondo in cui tutti dimenticano, la memoria può essere la più grande delle avventure». È uno dei temi più condivisi dai nostri scrittori: lo troviamo nella Barcellona del Padiglione van der Rohe che ci racconta Giorgio Pressburger, nel filo spinato che divide le due Germanie, negli anni Cinquanta, evocato da Antonia Arslan, nell’Est comunista di Enzo Bianchi. Dalla memoria arriviamo anche a un’immaginario che si sviluppa in un fantastico oggettivo, tra Buzzati e Bontempelli: è quello che getta una luce ironica e metafisica sull’esercito che sbaglia guerra, raccontato da Giuseppe Lupo o che anima il racconto di Chiara Zocchi sulla "solitudine delle cose" o che permette a Salvatore Mannuzzu di creare situazioni misteriose nel contesto di un solare paesaggio mediterraneo. Un’avventura umana assai particolare, metafisica, caratterizza invece la storia della scrittrice-rivelazione di quest’anno, piazzatasi seconda al Premio Strega, Maria Pia Veladiano. Sandor Marai annotava: «Quale avventura limpida e irripetibile è la prima amicizia tra ragazzi! Nessun altro rapporto potrà mai eguagliare quel legame». Molti racconti riportano al tempo dell’infanzia e a singolari ritratti di bambini, come quelli raccontati da Giovanni D’Alessandro e da Valeria Montaldi, ma anche da Cristiano Cavina, che punta sulla dimensione della paura, di fronte a un immaginato supereroe, il «Samurai Silenziato». Sono tante le declinazioni dell’avventura e non poteva mancare anche l’aspetto multietnico, in una rilettura del tema della "migrazione", vista sempre in due ottiche diverse, in una storia magica da Mille e una notte per Eraldo Affinati e in una citazione-omaggio a un libro per ragazzi di Arpino, calata poi nell’Italia dei clandestini da Laura Bosio. Sarà decisamente varia quindi l’estate «all’avventura» che potrete seguire sulle nostre pagine, scoprendo come scriveva Stevenson che «il desiderio è un telescopio meraviglioso. Il romanziere scrive con più sapore e stile sulle cose di cui ha sognato che su quelle che ha realmente fatto».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: