martedì 10 maggio 2022
Prende il via stasera la kermesse della canzone europea. Artisti di 40 nazioni in gara: fari puntati sugli ucraini Kalush Orchestra e i nostri Mahmood e Blanco
La Kalush Orchestra all'Eurovision Song Contest

La Kalush Orchestra all'Eurovision Song Contest - REUTERS/Yara Nardi

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I grandi occhi di una anziana madre ci guardano dolenti da un enorme schermo e poi si chiudono per versare lacrime silenziose, mentre le sue mani si aprono per proteggere e accogliere la band ucraina dei Kalush Orchestra che, tra folk e rap, intona Stefania, il brano dedicato dal cantante Oleh Psjuk alla propria madre e che da settimane è diventato un inno della resistenza nel Paese in guerra.

«Le lacrime sono quelle versate dalle madri ucraine per i loro figli, le mani sono la loro protezione per noi» hanno spiegato i sei artisti in gara dati per favoriti (il settimo componente è impegnato nella difesa di Kiev). La loro esibizione, sincera e vivace, è la più significativa che vedremo nella prima semifinale di Eurovision Song Contest 2022, che si apre questa sera al Pala Alpitour di Torino in diretta in mondovisione e su Rai 1 alle 20.30 (con audiodescrizione e i sottotitoli in Lis e performer «live») condotto da Laura Pausini, Mika e Alessandro Cattelan.

La manifestazione vedrà il commento di Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio, con la partecipazione di Carolina Di Domenico, su Rai 1 e la diretta anche su Rai Radio 2 e Rai Italia, e visibile poi su Rai Play. Eurovision vede 40 nazioni in totale in gara: la seconda semifinale sarà in diretta il 12 maggio e la finalissima sabato 14 maggio.

Dopo il trionfo un anno fa dei Maneskin, che hanno riportato la manifestazione in Italia, la band, diventata nel frattempo un fenomeno globale, sarà ospite della finalissima cantando il nuovo brano Supermodel.

In gara a rappresentare quest’anno l’Italia i vincitori di Sanremo Mahmood e Blanco con la loro delicata Brividi voce e piano, mentre Achille Lauro gareggerà giovedì per San Marino con Stripped abbigliato da cowboy cavalcando un toro meccanico.

Ospite stasera Diodato che intonerà una versione commovente di Fai rumore, che per Eurovision 2020, in pieno lockdown, cantò nell’Arena di Verona vuota non in gara. Mentre l’intervallo vedrà i più grandi successi della dance italiana rivisitati da Dardust, accompagnato dal dj-producer Benny Benassi e da Sophie and The Giants.

Ospiti giovedì Il Volo mentre nella finalissima Gigliola Cinquetti tornerà a cantare Non ho l’età con cui vinse l’Eurofestival nel 1964. La più importante manifestazione televisiva del mondo, roba da 200 milioni di telespettatori globali oltre alle interazioni social, organizzata da Ebu (i media pubblici uniti nell’European Broadcasting Union) insieme alla Rai, è atterrata a Torino come una astronave enorme, colorata, rumorosa e ricca di piante nel parterre delle delegazioni per ricordarci 'the sound of beauty', il suono della bellezza che rappresenta le meraviglie dello stile di vita italiano, come canta la spettacolare apertura tra decine di ballerine impaillettate, fuochi e fiamme nel Pala Alpitour, dove lavorano circa 1000 persone, 245 solo le maestranze Rai, senza contare i 500 giornalisti accreditati.

A Torino si torna a respirare l’aria delle Olimpiadi: basti pensare che il costo per il sistema locale è intorno ai 14 milioni di euro ma ci si aspetta ricadute economiche positive 6 o 7 volte superiori. Anche se sulla leggerezza dei primi 17 artisti in gara (solo 10 passeranno alla finale), le cosce al vento della cantante albanese, l’eleganza soul dei giovanissimi sloveni, il rock pompato dei bulgari, le fisarmoniche tradizionali della Moldova, la splendida voce della cantante greca, aleggiano sullo sfondo echi di guerra.

Eurovision, nata 66 anni fa sul modello del Festival di Sanremo, per quanto sia una manifestazione apolitica (ma già avere squalificato la Russia è un atto politico) e costruita per divertire senza timore di esagerare col kitsch, è pur sempre l’unica manifestazione che unisce tutta l’Europa. E quest’anno non poteva non essere dedicata al tema della pace, cui in apertura della finalissima sarà dedicato un significativo omaggio.

Già diversi artisti si sono schierati apertamente a favore dell’Ucraina, come il cantante polacco Ochman che, durante la cerimonia inaugurazione alla Venaria Reale domenica si è appuntato sulla giacca le spille di Ucraina e Polonia, mentre la storica band finlandese The Rasmus ha improvvisato una session per le strade di Torino con i Kalush Orchestra. Concordano i tre conduttori a partire da una fucsiavestita Laura Pausini. «È una parola molto semplice: musica, un messaggio di speranza e unità. Dobbiamo continuare con la musica, non fermarci. Siamo qui tutti insieme tenendoci per mano per dire una cosa molto semplice: musica significa pace – afferma la cantante –. Eurovision è dedicata specialmente ai bambini, è un’opportunità per noi come madri e padri e per loro di ascoltare canzoni profonde o dance per sorridere e rilassarsi». «Siamo molto consapevoli di quello che succede – aggiunge Mika – . Oggi nelle prove è stato semplicemente fantastico vedere queste culture, queste lingue, queste sonorità diverse e come ciascun musicista sia orgoglioso della propria provenienza e del fatto che si possa stare tutti insieme sullo stesso palco. Questi sono valori fondamentali nel concetto di Europa, la sua universalità è qualcosa di cui parla da secoli. La diversità è importante».

E, come aggiunge Cattelan «Eurovision ha sempre mandato un messaggio di pace e rispetto. Eventi come questi possono educare la gente a un futuro di pace». Un augurio che arriva anche dal mitico Toto Cutugno che vinse Eurovision nel 1990: «Sono felice che l’Eurovision torni in Italia, sarebbe bello se proprio da quel palco di Torino partisse un successo internazionale capace di anticipare uno scenario di pace, esattamente com’è successo a me. Nel 1990 ho vinto a Zagabria con Insieme: 1992, diventato un inno dell’Europa unita prima che si realizzasse e anche allora, proprio come oggi, poco dopo sarebbe scoppiato il conflitto jugoslavo – riflette –. Oggi come allora c’è bisogno di un’Europa coesa che faccia la sua parte per la pace. Nei mesi successivi alla vittoria, nei miei spettacoli in giro per l’Europa, il pubblico mi accompagnava in coro. Niente frontiere, né confini, un’unica bandiera, tutti fratelli di un unico continente. Oggi immagino i bambini russi e ucraini insieme sotto lo stesso sogno e sotto lo stesso cielo e vorrei che quell’inno risuonasse per loro».

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