Scoperto in una grotta belga il coltellino svizzero dei Neanderthal
Archeologi hanno scoperto nella grotta di Scladina un utensile preistorico multifunzionale realizzato da Neanderthal circa 130.000 anni fa, ricavato da un osso di leone delle caverne

Uno studio di archeologi dell’Università di Gand in Belgio, i cui dati sono stati pubblicati su "Scientific Report", ha documentato le interazioni tra i Neanderthal e i leoni delle caverne, ed in particolare – attraverso un’analisi zooarcheologica – lo studio ha spiegato l’uso selettivo delle ossa dei leoni delle caverne da parte dei Neanderthal per realizzare uno strumento multifunzionale – ovvero una sorta di coltellino svizzero preistorico, scolpito da un’unica tibia utilizzata poi con quattro strumenti distinti.
I Neanderthal, vissuti da 130.000 anni fa ed estinti circa 40.000 anni fa, quindi non solo costruivano i loro strumenti utilizzando le ossa di uno dei predatori più letali, ma sembra apportassero anche adattamenti ai loro utensili che consentivano un riutilizzo per uno scopo diverso da quello per cui erano stati concepiti inizialmente. Studi precedenti avevano evidenziato lo scuoiamento e la macellazione dei leoni delle caverne da parte dei Neanderthal, ma queste nuove scoperte nella Grotta di Scladina (Belgio) offrono approfondimenti su questa relazione.
Nel corso dello studio gli archeologi hanno rinvenuto una pletora di utensili, prevalentemente in selce lavorata, a indicare una concreta attività di produzione di utensili per scopi pratici. L’analisi inoltre ha rivelato segni di lavorazione intenzionale e di lucidatura, dimostrando in questo modo che i Neanderthal possedevano abilità cognitive avanzate, capacità di adattamento e un uso sofisticato delle risorse.
Le evidenze mostrano poi che gli utensili in questione furono intenzionalmente lavorati e utilizzati, come dimostrato anche dai segni di ritocco bifacciale, dalla lucidatura e dalle tracce d’uso, nonché dalle fratture e dai segni di taglio, che indicano come le ossa fossero fresche al momento della lavorazione. La buona conservazione ha permesso poi di ricostruire l’originaria connessione tra due frammenti, suggerendo un uso sequenziale: prima modellazione a forma di scalpello, poi frattura intenzionale, e infine riutilizzo dei frammenti come strumenti per ritoccare la selce. Le tracce di lucidatura fanno pensare infine a un uso su materiali duri, probabilmente ossa, ma saranno necessarie ulteriori analisi per determinare tutte le funzioni degli strumenti.
Come spiega lo studio, inoltre, «il grado di standardizzazione dimensionale implica un criterio funzionale nella selezione delle materie prime, probabilmente finalizzato a ottimizzare l’ergonomia e l’efficienza dello strumento. Pertanto, il processo di selezione riflette scelte deliberate basate su preoccupazioni pratiche piuttosto che su preferenze specifiche della specie, evidenziando una comprensione avanzata delle proprietà dei materiali e della progettazione degli utensili».
Le scoperte di Scladina offrono perciò nuove e importanti informazioni sulle capacità dei Neanderthal, mostrando come sapessero sfruttare in modo mirato anche i resti di grandi predatori come il leone delle caverne. L’uso di ossa di leone per creare strumenti ossei rappresenta un caso unico nel Paleolitico e testimonia una sofisticata capacità di pianificazione, selezione e riutilizzo, evidenziano soprattutto anche flessibilità comportamentale e conoscenza tecnica dei materiali.
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