mercoledì 1 dicembre 2021
La piccola repubblica, «British Crown Dependency» di 100mila abitanti nel Canale della Manica, potrebbe legalizzare la morte a richiesta. La Chiesa cattolica: le risorse vadano sulle cure palliative
L’isola inglese di Jersey verso il sì al suicidio assistito
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«La decisione dell'isola di Jersey di approvare i principi che darebbero il via al suicidio assistito dimostra una triste mancanza di interesse nel proteggere i più vulnerabili nella nostra società. La Chiesa cattolica continuerà a sfidare qualsiasi legislazione che va in questa direzione». Ha usato parole molto forti il vescovo Philip Egan, alla guida della diocesi di Portsmouth, alla quale appartiene Jersey, la più grande delle isole della Manica, a metà tra Gran Bretagna e Francia. Si tratta di 120 chilometri quadrati e quasi centomila abitanti che appartengono a una democrazia indipendente dal Regno Unito se si fa eccezione per la politica estera.
Le autorità politiche dell’isola hanno deciso di dare il via libera al processo legale che potrebbe consentire a un abitante maggiorenne in grado di prendere una decisione e colpito da una malattia terminale che gli provochi sofferenze insopportabili con la fine entro sei mesi di chiedere la morte con farmaci letali preparati da un medico e auto-somministrati o con un intervento diretto del sanitario.

Suicidio assistito ed eutanasia potrebbero diventare legali in questa «British Crown Dependency» – lo status di Jersey – nel 2023. Un nuovo dibattito sull'argomento si terrà, infatti, il prossimo anno, una volta che siano stati messi a punto i dettagli della proposta. Se quest'ultima raccoglierà sufficiente consenso, tutti i dettagli della normativa potrebbero essere discussi e votati dal Parlamento di Jersey l'anno dopo. Per questo motivo il vescovo Philip Egan dice che la comunità cattolica intende continuare a battersi perché la legislazione non venga approvata. «Se suicidio assistito ed eutanasia volontaria verranno approvati il ruolo di medici e infermieri cambierà profondamente – scrive ancora il presule –. La vita umana è un dono da custodire, per questo motivo chiediamo costanti investimenti in cure palliative di alta qualità così che la dignità dei più vulnerabili possa essere preservata».

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