Vino, la concorrenza è globale
Vi ricordate? L'Italia una volta era il Giardino d'Europa: vi prosperava tutto il ben di Dio in fatto di frutta e verdura. Eravamo famosi. Poi venne il tempo dei grandi vini, degli enologi pionieri. Poi quello del vino adulterato. Anche allora fummo famosi. Poi, dopo, ci fu l'epoca della riscossa: i vini si risollevarono, le nostre etichette diventarono eccelse, note in tutto il mondo. Il vino diventò «di moda» e un vero affare. Oggi siamo diventati ancora più famosi di ieri. Intanto, però, anche la concorrenza si è destata. E ci tallona ormai da vicino. Mentre i nostri vigneti perdono terreno. La sensazione netta di quanto sta accadendo si era già avuta a Verona, nel corso dell'ultimo Vinitaly, quando le etichette più premiate sono state quelle dei cosiddetti produttori emergenti. E la stessa sensazione è tornata a Bordeaux, nei giorni di Vinexpo. Qui, i contorni della questione si sono fatti più netti. Sulla ribalta del mercato mondiale del vino (che vale la bellezza di 101,5 miliardi di euro: tre volte il mercato discografico), si sono affacciati, ormai con onore, produttori come il Brasile, la Russia e la Gran Bretagna; ma anche altri territori come quelli della Corea, del Pakistan, del Giappone e della Cina. Ci si potrebbe chiedere: ma questi «esordienti» sapranno produrre degnamente vino buono? Sarà il mercato a dirlo. Anche se qualche indicazione c'è già, visto che in Corea la superficie vitata è triplicata in dieci anni arrivando alla fine del 2002 a 315mila ettari di nuovi vigneti. Qualcuno se lo berrà pure tutto questo vino. Senza dimenticare le ormai accertate capacità dei produttori californiani, australiani e sudamericani. Certo, preoccuparsi è bene, allarmarsi forse è troppo. Ma ciò che sta accadendo deve far pensare. In fin dei conti la storia dei vini australiani - ormai presenti in tutto il mondo - qualcosa deve pur insegnare. Perché ormai il successo sui mercati si costruisce non solo sulla qualità e sulla storia, ma anche sulla struttura dei costi, sulle capacità commerciali, sulla comunicazione e sul prezzo di vendita. E gli assediati? Per ora l'atteggiamento comune è di quelli che dicono: se la concorrenza si fa più forte, noi saremo più forti della concorrenza. Intanto però, l'Italia negli ultimi anni oltre che perdere ettari di vigneto ha perso nettamente ettolitri di vino (arrivando a 15,7 milioni
nell'ultima vendemmia), la Francia soffre delle vicende internazionali che strapazzano le sue esportazioni, mentre la Spagna, da sempre più competitiva sui prezzi, è preoccupata dell'aggressività del resto del mondo. Insomma, le grandi etichette nasceranno ancora per molto tempo dalle cantine italiane e francesi, ma quelle di Sidney oppure di Pechino, oppure chissà di Seul, potrebbero molto velocemente colmare le distanze. Sta a noi non farci acchiappare persi in un calice di rosso ma senza più spazi di mercato.
nell'ultima vendemmia), la Francia soffre delle vicende internazionali che strapazzano le sue esportazioni, mentre la Spagna, da sempre più competitiva sui prezzi, è preoccupata dell'aggressività del resto del mondo. Insomma, le grandi etichette nasceranno ancora per molto tempo dalle cantine italiane e francesi, ma quelle di Sidney oppure di Pechino, oppure chissà di Seul, potrebbero molto velocemente colmare le distanze. Sta a noi non farci acchiappare persi in un calice di rosso ma senza più spazi di mercato.
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